L'importante è sentirne la necessità. Se poi oltre al desiderio di un attore che cerca di reinventarsi circumnavigando la macchina da presa si deve prendere in esame i risultati di questa esperienza, allora l'emotività è costretta a fare i conti con la ragione e per quanto si possa amare uno straordinario uomo da palcoscenico, un artista che è riuscito a imporsi rimanendo se stesso, cosa non facile in un mondo di lustrini, bisogna dire che l'esordio da regista di Philip Seymour Hoffman è piuttosto deludente.
E questo non perché la storia di Jack e Connie, due quarantenni teneramente problematici e affetti da reciproca attrazione rientri nel clichè di tanto cinema indipendente per la scelta di portare in primo piano una diversità senza compromessi (Jack ha l'ingenuità di un bambino ed è al limite dell'afasico, mentre Connie è afflitta da perenne disistima) è filmata con i tempi dilatati di chi intende andare oltre l'apparenza. E neppure per la sensazione di uno spettacolo più adatto al palcoscenico che al buio illuminato della sala, una vicenda pensata inizialmente per il teatro (lo sceneggiatore Robert Glaudini è anche l'autore della piece da cui è tratto il film), nonostante il tentativo di allargare al mondo esterno, a New York e alle sue strade ma anche Central Park e persino l'Hotel Waldorf Astoria rientrano nella topografia di una metropoli come al solito protagonista.
Niente di tutto questo, o forse, non solo questo, ma piuttosto la decisione di non rischiare nulla da parte di un regista che usa se stesso (e anche gli altri attori) seguendo alla lettera la lezione di quelli che l'hanno preceduto: una ricetta che prevede come unica soluzione l'inquadratura del malinconico faccione alla ricerca del lampo di genio che fa la differenza.
E in effetti l'Hoffman attore la differenza la fa: basterebbe vedere la tenerezza prodotta dalla sua figura corpulenta alle prese con le lezioni di nuoto che Jack riceve dall'amico, oppure gli impacciati dialoghi con la futura fidanzata, un mix di imbarazzo e intraprendenza da personaggio delle favole, per far spostare l'ago della bilancia a favore dell'intero pacchetto. Ma il fatto di poter contare su questo valore aggiunto sembra adagiare il suo alter ego in una regia senza invenzioni, che fa il paio con una sceneggiatura troppo attenta a rispettare le fasi di un innamoramento destinato ad accontentare le anime più romantiche.
Più che un'occasione mancata "Jack goes boating" potrebbe essere il prezzo da pagare di chi sa di aver qualcosa da perdere. In questo senso aspettiamo con fiducia il seguito di questa nuova carriera.
cast:
Philip Seymour Hoffman, Amy Ryan, John Ortiz
regia:
Philip Seymour Hoffman
titolo originale:
Jack Goes Boating
distribuzione:
Overture Films,Relativity Media
durata:
89'
produzione:
Big Beach Film,Cooper's Town Productions,Labyrinth Theater Company
sceneggiatura:
Robert Glaudini
fotografia:
W. Mott Hupfel III
scenografie:
Rebecca Meis DeMarco
montaggio:
Brian A. Kates
costumi:
Mimi O'Donnell
musiche:
John Carbonara ,Susan Jacobs