Ondacinema

recensione di Diego Testa
7.0/10

it comes at night

Uno degli approcci migliori per destare interesse verso un film di genere è nasconderne i tratti distintivi, farli passare sotto traccia. Lo sanno bene Jeff Nichols e Ali Abbasi: "Take Shelter" e "Border" sono rispettivamente un dipinto della gretta provincia americana e la ricerca di un'appartenenza identitaria.
"It Comes at Night", scritto e diretto da Trey Edward Shults, segue lo stesso procedimento dei due film citati, privando lo spettatore dei riferimenti che solitamente si ascrivono al filone post-apocalittico per raccontare come i comportamenti comunitari cambino se stretti nella morsa di un contagio mortale.

Un morbo, i cui sintomi manifesti sono tosse e pustole sulla pelle, sta presumibilmente infettando l'umanità. Si può dedurre dalle maschere protettive, dalle accortezze che Paul, Sarah e loro figlio Will utilizzano per uccidere il padre di lei ormai malato. Isolati in una casa nel bosco, lontana dagli insediamenti urbani, i tre si trovano a condividere gli spazi ell'abitazione con un'altra famiglia e per aumentare le risorse destinate alla loro sussistenza.
Shults setaccia gli elementi del genere e li riduce a tracce indistinte, destinate alla sospensione – da quanto tempo il virus si è diffuso? Come si è organizzato il resto della popolazione? Quanto del sistema sociale è rimasto in piedi al di fuori delle zone boschive? Non è dato saperlo, anche se l'inquadratura sul dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio è eloquente: Trionfo della morte.
Shults getta le premesse di un isolamento costrittivo e ulteriormente forzoso a causa delle scelte protettive di Paul che si prodiga per "contenere" la famiglia all'interno della casa, edificando un guscio protettivo separato dall'esterno che rimanga salubre.

La stabilità mentale s'incrina col complicarsi delle dinamiche durante la convivenza. Difatti Paul, pur aprendosi ai nuovi inquilini e predisponendoli ai piani che lui ha pensato per un vivere programmato e conservativo, continuerà diffidare delle loro intenzioni.
A pagare le conseguenze di questa dinamica degli spazi è il diciassettenne Will, la cui paura di essere contagiato ne ammorba il sonno generando incubi sulla malattia. I desideri sessuali, gli affetti e la sua stessa persona divengono oggetti piagati dal morbo all'interno della sua mente.
Gli spazi dei suoi incubi sono, non a caso, quelli della casa: il lungo corridoio porta all'esterno verso il pericolo eppure la malattia sembra avere già attecchito i corpi confinati tra le mura di legno dell'abitazione (in particolare la ragazza e Will stesso).

Shults utilizza un linguaggio cinematografico comprensibile al servizio di una sceneggiatura che punta alla paranoia psicologica e al thrilling costante. Al netto di qualche personaggio monocorde (in particolare la madre di Will), "It Comes at Night" inscena uno spietato tentativo di sopravvivenza, soprattutto nelle fasi finali in cui la scrittura non risparmia scelte coraggiose.
I passaggi tra realtà e incubo sono gestiti attraverso l'utilizzo di lenti anamorfiche, all'inizio applicate solamente alle fasi oniriche e verso il finale anche al resto degli eventi per scandire visivamente la mescolanza tra le paure di Will e la concretizzazione del malessere.
Il vero orrore, che nel profilmico è relegato all'incubo, si cela nell'inconosciuto e nella paura generata dal non saperlo affrontare ed esserne infine soverchiati. Il passaggio verso questo altrove ignoto si attua attraverso il simbolismo della porta, un accesso ma anche un limite ipoteticamente invalicabile. Il bosco circonda la casa come un manto di vuotezza e pericolo, suggerisce anche un inscalfibile anonimato dell'oltre, come anonimi rimangono i pochi esseri umani incontrati dai protagonisti e mai inquadrati chiaramente in volto.

Come suggerito in apertura, Shults si sofferma sulle implicazioni della segregazione e la rieducazione all'utilizzo degli spazi. Lo stile essenziale e l'assenza di un punto di vista privilegiato partecipano di questa deriva umana destinata a soccombere impotente tra le mura della propria alcova.


03/04/2020

Cast e credits

cast:
Carmen Ejogo, Riley Keough, Kelvin Harrison Jr., Christopher Abbott, Joel Edgerton


regia:
Trey Edward Shults


distribuzione:
Eagle Pictures


durata:
97'


produzione:
Animal Kingdom, A24


sceneggiatura:
Trey Edward Shults


fotografia:
Drew Daniels


scenografie:
Karen Murphy


montaggio:
Matthew Hannam, Trey Edward Shults


musiche:
Brian McOmber


Trama
Una malattia mortale sta contagiando l'umanità. Una famiglia si ripara dal morbo in una casa nel bosco.