Iqbal, bambino dotato di un particolare talento nella tessitura, un giorno viene rapito e, con l'inganno (l'offerta di soldi per curare il fratello malato), venduto a un mercante di tappeti che lo tiene prigioniero insieme ad altri bambini in una casa-prigione per costringerlo a lavorare all'infinito, dietro l'illusione di liberarlo quando il suo "debito" sarà ripagato.
Si tratta di una coproduzione franco-italiana, un film didattico il cui valore non consiste nella perizia delle tecniche di animazione (semplici ed efficaci), quanto nella tematica affrontata, quella dello sfruttamento del lavoro minorile.
L'opera si ispira alla vicenda reale di Iqbal Masih, bambino pakistano assurto a simbolo della lotta allo sfruttamento del lavoro minorile, dopo essersi prima liberato e, nel giro di tre anni, assassinato (appena dodicenne!), in circostanze non chiarite, nel 1995. La morte di Iqbal è omessa, nel film; il film è girato ad altezza assolutamente di bambino. Perciò i genitori possono tranquillamente portare i propri figli al cinema: "Iqbal - bambini senza paura" è un film che merita di essere visto nell'età della scuola primaria, una fiaba colorata in cui gli elementi drammatici non prevalgono mai sulla dimensione fantastica e favolistica, che è anzi sapientemente potenziata dal ricorso, in diversi momenti, alla messa in scena dei sogni di Iqbal. Le sequenze oniriche, caratterizzate da disegni dall'estrema semplicità grafica e cromatica (dallo stile diverso da quello del resto del film), sono spesso suggestive. Merita una menzione particolare quella in cui i fili della trama del tessuto si trasfigurano grazie alla libera immaginazione del piccolo protagonista.
A Iqbal Masih sono state dedicati diversi riconoscimenti postumi; gli sono, fra l'altro, state intitolate diverse scuole anche in Italia. La sua biografia è stata già adattata in narrativa e al cinema (esiste anche un film TV italiano, prodotto dalla Rai nel 1998). Alcuni aspetti inventati ricorrono in queste opere, come il legame affettivo con una bambina come lui tessitrice, ripresi anche in questo film di Fuzellier e Payami - il che dimostra come intorno a Iqbal si stia sedimentando un'aura leggendaria che aggiunge ad una base storica documentata strati su strati di elementi di fantasia - come avviene nella stragrande maggioranza delle biografie dall'alto valore simbolico.
Il prevedibile lieto fine - giusto e necessario in ottica didattica - è affidato a un discorso che Iqbal è invitato a tenere in un'aula gremita, di fronte a una platea di adulti. Chiamato a leggere un testo retorico preconfezionato, il bambino prima tentenna, poi abbandona il testo, e il suo discorso spicca il volo sgorgando genuino dalla sua diretta esperienza. Il film si chiude in tal modo con il rovesciamento dell'ottica didattica canonica, che vede i bambini seduti in un'aula ad ascoltare in silenzio. Qui sono gli adulti a dover trarre insegnamento da un bambino. Un elemento che suggella l'impostazione del film, rivolto ai coetanei di Iqbal, e suggerisce, attraverso la figura di un piccolo eroe, come, in determinate circostanze, siano gli adulti a dover imparare dai bambini.
Va sottolineato lo sforzo, ben riuscito, di mantenersi in bilico fra la sostanza drammatica del soggetto e le esigenze di semplificazione didascalica a vantaggio della comprensione dei più piccoli. Va detto, però, che tale semplificazione implica una notevole sottrazione di elementi drammatici, che annacqua eccessivamente la pregnanza tragica del racconto, nell'ottica dell'adulto. Non traspare la tragedia di bambini tenuti in catene a lavorare oltre dieci ore al giorno; non si sottace semplicemente la fine tragica del vero Iqbal, ma anche tanti altri aspetti della sua sfortunata vita, a partire dalle precarie condizioni di salute derivate proprio dalla costrizione a lavorare in condizioni fisiche disagevoli durante tutta l'età della crescita. Tutto evapora in una soffusa malinconia per la reclusione e la lontananza da casa, in mano a dei "cattivi" (che i bambini non possono identificare come appartenenti a un sistema ben più complesso e spietato).
"Iqbal - bambini senza paura" è una fiaba. E se da un lato la trasfigurazione in fiaba è utile alla causa della sensibilizzazione dei più piccoli a un tema così importante, il rovescio della medaglia è che l'adulto che dovesse accompagnare il bambino - e che non conoscesse né la vicenda reale di Iqbal, né la realtà dello sfruttamento del lavoro minorile nel mondo (legata non certo solo al mercato dei tappeti, ma alle più prestigiose multinazionali, magari per produrre anche giocattoli), ebbene questo adulto si trova di fronte a uno scenario eccessivamente edulcorato. Non viene scosso nel profondo e, paradossalmente, è portato a sottostimare lo stesso tema che il film vorrebbe sottoporre alla sua coscienza.
Note sui registi
Michel Fuzellier è un animatore francese dalla vasta esperienza nel settore (collaboratore di lunga data di Enzo d'Alò), qui alla sua prima esperienza come regista di un lungometraggio.
Babak Payami appartiene a quella generazione di cineasti iraniani emersa sul finire degli anni '90 (Bahman Ghobadi il nome probabilmente più importante) sulla scia dei vari Kiarostami, Makhmalbaf, Panhai, Naderi. Tutti, nel decennio successivo, hanno a vario modo subito l'oppressione del regime iraniano, vedendosi in molti casi costretti a lavorare all'estero. Payami, arrestato nel 2003 alla fine delle riprese de "Il silenzio fra due pensieri", da allora aveva smesso di dirigere, pur essendo rimasto legato al mondo del cinema con diverse attività condotte a livello internazionale, e spesso in Italia.
regia:
Babak Payami, Michel Fuzellier
titolo originale:
Iqbal, a Tale of a Fearless Child
distribuzione:
Academy Two, Memento Films
durata:
87'
produzione:
Gertie, 2d3D Animations, Montparnasse Productions
sceneggiatura:
Lara Fremder, Paolo Bonaldi, Michel Fuzellier, Babak Payami
montaggio:
Giacomo Manzotti
musiche:
Patrizio Fariselli