L'estetica
à la Lecter ha creato un bel po' di danni, sia sotto il profilo della rappresentazione della malattia mentale, che sotto quello della recitazione della stessa, la quale da "Il Silenzio degli Innocenti" in poi non sarà mai più neanche lontanamente quella lieve e credibile, anche se leggermente gigionesca di Nicholson, che gli valse appunto un Oscar.
Ma se Hopkins ha reso la follia affascinante, anche a danno della credibilità, in questo "Insanitarium" è con gioiosa spensieratezza che vediamo volare per aria anche il barlume di fascino che all'epoca sucitò
Hannibal the cannibal. Perché qua i pazzi sono solo cannibali, e neanche tanto
gourmet.
Dimenticate, quindi, il fegato accompagnato dal piatto di fave e dal Chianti. Qua si mangia soltanto carne
al sangue.
Jack ha una sorella in manicomio, che inspiegabilmente non gli fanno vedere e di cui non riesce ad avere notizie. E siccome il sangue non è acqua, dopo la mamma pazza e la sorella che tenta il suicidio, Jack decide di farsi ricoverare ricorrendo al patrimonio di famiglia. E allestisce così un cruento spettacolino a beneficio dei poliziotti di un parco, in una bella mattina di sole.
Tagliuzzato come una bistecca e farneticante frasi prese dal manuale dello psicotico dilettante, Jack viene miracolosamente internato nello stesso ospedale dove è rinchiusa sua sorella.
E qua facciamo la conoscenza dell'ennesimo
mad doctor, ma questo qui ha un trascorso che metterebbe in guardia chiunque. Già Lou in "Constantine", il gigionesco Peter Stormare in questo caso si diletta con nanomacchine e altri ammennicoli, col segreto intento di abbattere le barriere del cervello cosa che, non si capisce bene come mai, dovrebbe esser di giovamento nella cura delle malattie mentali. Ovviamente sia lui che la sua fidata assistente sono leggermente messi peggio dei loro pazienti.
Ma questo verrà fuori alla fine. Quello che vediamo noi, per adesso, è un tipo che si è fatto un TSO e che, appena entra nell'ospedale psichiatrico, si mette a cercare di evadere e portarsi dietro la sorella depressa. L'ospedale stesso ha un reparto speciale, coi pazzi dietro i vetri delle celle e una luce abbagliante che si riflette sulle pareti immacolate. Come dite? Anche nel "Silenzio degli innocenti" era così? Probabilmente hanno conservato il set. E hanno conservato pure i bozzetti sul dottor Lecter, dal momento che abbiamo anche qui, un cannibale dietro il vetro che ha gli occhi sgranati e un terribile senso dell'umorismo.
Questo solo nella prima parte. Ma da un certo punto in poi, il film si trasforma nella versione gore del classico
plot alla base di tutti i vecchi film, con protagonista un dottore pazzo che fa gli esperimenti non autorizzati sui pazienti. Il risultato di questi esperimenti consiste in un certo numero di persone affamate letteralmente, che vanno in giro a mordere il prossimo come fosse un panino. Naturalmente la faccenda prenderà la piega di un racconto di Poe, nel momento in cui vedremo il dottore e la sua assistente che si dilettano in gustosi amplessi, preceduti da immancabile tagliuzzamento con bisturi, e tutto questo sotto gli occhi di uno degli antropofagi rinchiuso in gabbia. Presto la faccenda degenererà e il nostro Jack si accompagnerà ad un manipolo di eroi archetipi del genere, tra cui l'infermiera dal cuore buono, l'amico che crede in lui e la famosa sorella ex depressa, che adesso però vuole vivere. I quattro cercheranno l'evasione più difficile della storia, dai tempi di "Assassini nati", e sul loro cammino giocheranno un po' a "Silent Hill" con le infermiere zombi.
Vi risparmio il finale, che conferma la totale assenza di un'idea originale in tutto il
plot, ricalcando migliaia di film precedenti, girati anche meglio, e passo subito a consigliare a tutti di andare a vedere un qualsiasi altro film.
09/01/2009