Troppo facile, fin dal principio, parlare della protagonista di "Incompresa" come dello specchio ripulito della sua autrice. D'altronde, la piccola che si muove sulla scena si chiama Aria, ha un padre che lavora nel cinema, una famiglia che la dimentica nel percorso di crescita portandola, appunto, a sentirsi poco amata. Troppo facile, dicevamo, parlare di Aria, ma pensare invece ad Asia. E d'altronde, il monologo finale della giovane eroina, con sguardo dritto in camera, avvalorerebbe questa ipotesi.
Scegliamo di non addentrarci oltre in questo parallelismo perché farlo vorrebbe dire svilire i nobili intenti di Asia Argento, la sua voglia di fare cinema, la sua fame di raccontare storie, descrivere personaggi, mettere in scena situazioni emozionanti e complesse. Il suo terzo film, infatti, pieno di difetti, smagliature, imprecisioni, ridondanze e incongruenze, è però un originale e genuino coming of age all'italiana, più debitore, paradossalmente, del film "Incompreso" di Luigi Comencini del 1966 piuttosto che della turbolenta vita privata della regista.
"Incompresa" è un'opera interamente filmata dal basso dello sguardo dei ragazzini, filtrata con sensibilità rara attraverso l'espressione attonita e inconsapevole della bravissima Giulia Salerno, che si muove per le strade della città, con borsa e gatto nero, sballottata qua e là dai suoi improvvidi genitori. La ragion d'essere dell'opera è tutta qua: una complicata crescita, fatta di una famiglia immatura che non bada alla piccola e delle vaghe aspirazioni di Aria a trovare un posto nel mondo, una luce di qualche riflettore pronta a illuminarne finalmente l'esistenza.
La Argento ci mette dentro tutta la sua passione per l'universo infantile e, infatti, la parte migliore del film è quella in cui la macchina da presa indugia sui più giovani. Stupisce l'abilità dell'autrice nel riprendere con tocco naturale e mai falsato dagli artifici cinematografici le azioni e le intenzioni dei ragazzini. E anche tutto quel cinema che la Argento dimostra di conoscere, e che introduce nel suo film in modo più o meno condivisibile, non disturba: ralenti in abbondanza, colonna sonora bulimica che spazia da Mozart a pezzi rock composti ad hoc, riprese notturne che strizzano l'occhio a un immaginario indie americano; tutto è comunque sincero, solare, spiazzante.
Ben meno emozionante, a dire il vero, è invece la sceneggiatura firmata a quattro mani insieme a Barbara Alberti, nel momento in cui decide di indugiare sul mondo degli adulti. Sul pericoloso crinale che separa il grottesco dal ridicolo si muovono le storie dei due genitori: l'attore umorale Gabriel Garko e la rocker ansiogena Charlotte Gainsbourg, Entrambi disegnati come macchiette fin troppo inverosimili e per la verità aiutati pochissimo da una recitazione dei due interpreti a dir poco incerta.
Nel mezzo però, in questa sorta di caos regnante incapace di dare ordine alle infinite idee della Argento, il film prosegue con un incedere naturale, stupefacente nella sua coerenza narrativa, fino alla presa di coscienza finale della giovane protagonista. Una riflessione conclusiva, infatti, che ha quasi il sapore dell'ingresso in una nuova fase della vita.
Un lavoro acerbo, insomma, proprio come le altre due prove da regista di Asia, ma che merita di essere visto proprio per sottolinearne il sentimento di sincerità che si nasconde fra le pieghe del racconto.
cast:
Giulia Salerno, Charlotte Gainsbourg, Gabriel Garko, Gianmarco Tognazzi, Anna Lou Castoldi
regia:
Asia Argento
distribuzione:
Good Films
durata:
103'
produzione:
Wildside, Paradis Films, Film Commission Torino-Piemonte, Orange Studio, Palatine Étoile 9, Rai Cine
sceneggiatura:
Barbara Alberti, Asia Argento
fotografia:
Nicola Pecorini
scenografie:
Eugenia F. Di Napoli
montaggio:
Filippo Barbieri
costumi:
Nicoletta Ercole