Tarsem Singh, mago del videoclip e autore di celebrate campagne pubblicitarie, finora ha realizzato pochi lavori per il cinema, come il fortunato “The Cell” e il troppo poco visto “The Fall”, eppure nei suoi confronti la critica ufficiale sembra avere già preso una posizione chiara. Tanto di cappello per gli aspetti più prettamente visivi del suo cinema e per certe sue scelte stilistiche, grandissime riserve invece per quanto riguarda i soggetti, le sceneggiature e i dialoghi.
Il suo nuovo film, “Immortals”, un'avventura in 3d (ormai ci sarebbe da stupirsi del contrario) ispirata alla mitologia greca con al centro l'eroe Theseus in cui curiosamente neanche gli dei sono immortali, non sembra destinato a costituire un'eccezione, anche se il pubblico in sala (almeno a giudicare dal felice esordio) e i cinefili on line (che da settimane ragionano del film) sembrerebbero essere più benevoli.
Un tempo ci si chiedeva: cinema come visione o come narrazione? Questa dicotomia è stata per anni al centro del dibattito critico e una figura come quella di Tarsem ci fa capire che evidentemente la questione è ancora aperta. I suoi film sono potentemente visionari, ricchi di momenti suggestivi e riferimenti pittorici che li rendono un'esperienza davvero singolare. Se tutto questo però viene giudicato dai detrattori un orpello inutile e fine a se stesso, i quali preferiscono concentrarsi sulla trama, allora la delusione credo sia inevitabile, perché qui la forma non sovrasta il contenuto, essa è il contenuto. “Mi annoio a scrivere” ha dichiarato alla stampa il regista indiano, quasi a voler ribadire che nei suoi lavori la storia è più che altro un pretesto per esercitare il suo notevole estro visivo; anche se dichiarando cose simili rischia di inimicarsi ulteriormente i fautori dell'autore in senso classico, quello cioè che i film li scrive, dirige, monta, produce e via dicendo (dimentichi molto spesso che tanti registi stimatissimi non rientrano fino in fondo in questa categoria...).
Chi scrive non vuole assolutamente proporre in questa sede una difesa d'ufficio di tutte quelle opere caratterizzate da storie banali e dialoghi penosi. E' sempre un'ottima cosa quando in un film si trovano sceneggiature valide, dialoghi scritti bene e interpreti talentuosi; d'altronde sono tantissime le pellicole nelle quali è possibile riscontrare le mancanze imputate a film come “Immortals”, che difettano anche negli aspetti dove questo invece eccelle.
Ad esempio provate a confrontare “Immortals” con titoli come “Prince of Persia” o il remake di “Scontro tra titani” e vi renderete conto di quanto ai film di Newell e Leterrier (la lista potrebbe allungarsi!) avrebbe giovato un regista come Tarsem. Ma si sa che le major amano andare sul sicuro; del resto ci sarà un motivo se ha diretto solo tre film in undici anni. Comunque la pellicola che più viene in mente quando si pensa a “Immortals” è il cult “300”, coi suoi colori desaturati, i suoi eroi statuari e l'utilizzo del green screen. Se il film di Snyder è però sostanzialmente sempre uguale a se stesso, la tavolozza cromatica di Tarsem ancora una volta si rivela una festa per gli occhi, con le sue scenografie manieriste, le sue soluzioni barocche e le sue scelte iperrealiste. Un tripudio di immagini e colori, nel quale si riconosce l'influenza di Michelangelo, Caravaggio, Pietro da Cortona, David, Redon e via citando.
Il Theseus interpretato dal futuro superman Henry Cavill (che di fatti ricorda qualche immagine dell'eroe attico) uccide il Minotauro ma non visita gli Inferi, non sfida le Amazzoni, non rapisce Elena, non entra in un labirinto, non abbandona Arianna e non provoca tragicamente la morte del padre. Rifacendosi ad una sceneggiatura dei fratelli Charley e Vlas Parlapanides (americani di nascita ma di chiare origini elleniche), Tarsem si allontana decisamente dalle storie classiche e questo in effetti è un peccato perché un film dedicato, per così dire, alle fatiche di Theseus (personaggio nell'antichità non meno popolare di Ercole) sarebbe stato senza dubbio divertente. Ma tanto, come si diceva prima, la storia non è fondamentale. Lo spunto qui sono le guerre fra i titani e gli dei dell'Olimpo, con un crudele re di nome Hiperione (un Mickey Rourke ancora più cattivone che in “Iron Man 2”) intenzionato a liberare la vecchia generazione di divinità, da secoli ormai imprigionata nel monte Tartaro. Per farlo ha bisogno di impossessarsi dell'arco di Epiro, un'arma fatata in grado di abbattere la prigione in cui i titani sono custoditi. Naturalmente sulla sua strada troverà Theseus, un giovane valoroso, reietto fra la sua gente perché figlio illegittimo (la madre è stata violentata e ad un certo punto nasce pure il sospetto che il padre possa essere lo stesso Hiperione). Caro agli dei, Theseus farà di tutto per ostacolare i progetti del sovrano, anche perché nel frattempo la sua questione con Hiperione è diventata molto personale. Ad aiutarlo c'è anche una sacerdotessa che ha il dono della preveggenza ma soprattutto la bellezza di Freida Pinto (qui nella sua seconda partecipazione stagionale ad un successo dopo “L'alba del pianeta delle scimmie”). Il moschettiere Luke Evans fa Zeus, il Kellan Lutz di “Twilight” è Poseidon, mentre la Isabel Lucas vista in “Transformers 2” interpreta Athena. Per loro Tarsem prevede tutta una serie di pose plastiche, almeno fino a quando non si arriva alla battaglia coi titani, che in verità sembrano una variante dei mostri di “Io sono leggenda” o degli zombie versione Snyder (ancora lui!). Il grande John Hurt appare come alter ego umano del re degli dei e Stephen Dorff è il più simpatico in campo, nei panni di un ladro (quasi) amico del protagonista.
Per quanto ammirevole sia il talento del regista, risultati simili non sarebbero stati possibili senza il contributo dei suoi valenti collaboratori. Quindi onore al direttore della fotografia Brendan Galvin (ma alla seconda unità c'è Colin Watkinson, che aveva prodigiosamente illuminato “The Fall”), allo scenografo Tom Foden, alla straordinaria costumista Eiko Ishioka che ha lavorato anche nei precedenti film di Singh, al team che ha curato gli effetti speciali. E' anche grazie a loro se “Immortals” è uno spettacolo notevole e appassionante.
Pazienza se l'ufficialità o in generale gli amanti dei plot di ferro ancora non apprezzano...il prossimo anno Tarsem ci proporrà “Mirror, Mirror”, rilettura alla sua maniera della fiaba di Biancaneve. C'è da scommettere fin da ora che quando saranno fatti paragoni col progetto rivale interpretato da Charlize Theron, il regista di “Immortals” ancora una volta se la caverà da par suo.
cast:
Henry Cavill, Mickey Rourke, Freida Pinto, Luke Evans, John Hurt, Isabel Lucas, Stephen Dorff, Kellan Lutz
regia:
Tarsem Singh
distribuzione:
RAI CINEMA/01 DISTRIBUTION
durata:
110'
produzione:
RELATIVITY MEDIA
sceneggiatura:
Charles Parlapanides, Vlas Parlapanides
fotografia:
Brendan Galvin
scenografie:
Tom Foden
montaggio:
Wyatt Jones, Stuart Levy
costumi:
Eiko Ishioka, Simonetta Mariano
musiche:
Trevor Morris