Si dice sempre che il talento da solo non basta e che per diventare davvero grandi bisogna accompagnare l’estro con il rigore dell’applicazione. Nel seguire i dettami di tale adagio Sergio Castellitto è venuto a capo della regola scoprendo lungo la strada un altro arcano, collegato alla poliedricità delle sue scelte professionali. Ribellatosi alla maschera da commediante che l’avrebbe confinato nel ruolo del caratterista, il nostro col tempo ha saputo costruirsi una doppia carriera, praticando l’alto e il basso, il serio e il faceto, il cinema ma anche la televisione (una delle prime star cinematografiche a farla). Soprattutto si è reso artefice di un lavoro fatto di narrazioni favolistiche (i film con Gianni Amelio) e grandi personaggi (da Padre Pio a Enzo Ferrari) ma anche di idee e trasfigurazioni (con Marco Bellocchio , Marco Ferreri e Jaques Rivette).
Di tutte queste esperienze “Il Materiale emotivo” sembra fare tesoro e insieme essere riflesso in una specie di summa poetica e anche artistica che appartiene tanto all’attore quanto al regista. Come altro, del resto, si potrebbe definire un progetto tratto da una sceneggiatura di Ettore Scola (firmata insieme alla figlia Silvia e a Fulvio Scarpelli), nume tutelare di Castellitto, poi riscritta dalla sodale di sempre Margaret Mazzantini e in cui, come negli altri film da lui diretti, si racconta la storia di un amore impossibile? Vicenda, la predetta che, nello specifico, si sviluppa attorno alla travagliata liaison fra Vincenzo (interpretato dallo stesso Castellitto) e Yolanda, una Bérénice Bejo che ricorda l’amata Penelope Cruz), ostacolata dalla dedizione dell’uomo nei confronti della figlia Albertine (Matilde De Angelis brava in una parte non facile), allettata dall'incidente che le ha tolto l’uso delle gambe e della parola.
Se inoltre consideriamo l’ambientazione francese, luogo e cultura che per prima ha esaltato le doti dell’attore romano, tanto da averne fatto quasi un assiduo frequentatore, è facile riconoscere il filo rosso che unisce la molteplicità degli elementi messi in scena dal film al cammino personale di chi vi sta dietro.
Certo, questa volta la proposta del regista era particolarmente ambiziosa, perché a dare corpo al materiale emotivo enunciato dal titolo non era solo la variegata gamma sentimentale derivata dall’intreccio tra l’amore genitoriale e quello mondano e sensuale, bensì la costruzione formale messa in piedi dal film per dargli corpo e, diremmo, legittimarlo attraverso una serie infinita di riferimenti letterari presi in prestito dalla sceneggiatura che immagina Vincenzo proprietario di una libreria collocata in una Parigi da cartolina, più immaginaria che reale, in cui le frasi dei libri sembrano fatti apposta per sostenere e dare slancio e motivazione alla dialettica tra i personaggi.
Una matrice letteraria che, però, non impedisce a “Il materiale emotivo” di dare sfogo a un immaginario cinematografico di tutto rispetto, capace nelle sue soluzioni formali di rappresentare i moti interiori dei protagonisti. A cominciare dalla natura psichica dell’ambiente, isolato e fuori dal mondo, sospeso in una sorta di limbo come lo sono le esistenze di Vincenzo e della figlia; per continuare con lo spazio interno della libreria, i cui livelli - il piano terra, deputato alla vendita, e il piano superiore, organizzato per ospitare Albertine - sezionati e ripresi (con una carrellata dal basso in alto e viceversa) con una scansione volta ad enfatizzare la continuità di mondi separati ma contigui come lo è per sua stessa ammissione l’esistenza di Vincenzo, dopo le sventure famigliari, organizzata in modo da separare la vita ideale, quella in cui l’uomo si rifugia per dimenticare, da quella pratica, in cui le problematiche di Albertine riportano a galla delusioni e fallimenti, per lo più legati alla fine del matrimonio e alla fuga della moglie andata a vivere in America.
Un modello, questo, caro ad Ettore Scola per averlo utilizzato in alcuni dei suoi film più noti - da “Una giornata particolare” a “La famiglia” ma anche in “Concorrenza Sleale” - che Castellitto riprende anche nel gioco tra campo - la piazza che ospita la casa libreria - e un fuori campo - il resto della città - , i cui rumori si fanno sentire quel tanto che basta per ricordare al protagonista quanto sia più rassicurante lo scampolo di strada in cui si è rifugiato in esilio dalla vita.
Antinaturalistico come dimostra la sequenza iniziale, con il sipario che si apre sulla storia, certificandone non tanto la teatralità dell’assunto quanto l’artificialità del suo allestimento, “Il materiale emotivo” ha sì il passo della ballata, ma è appesantito da una scrittura in cui citazioni e rimandi letterari, lungi dal diventare altro, finiscono per togliere smalto alla storia così come alla recitazione degli attori, che, non a caso, risultano più convincenti quando lasciati liberi di dare sfogo all’istinto dei personaggi piuttosto che obbligati a ricalcare i loro alter ego letterari.
cast:
Sergio Castellitto, Bérénice Bejo, Matilda De Angelis, Nassim Lyes, Clementino
regia:
Sergio Castellitto
distribuzione:
01 Distribution
durata:
89'
produzione:
Rodeo Drive con Rai Cinema, Mon Voisin Productions e Tikkun Productions
sceneggiatura:
Margaret Mazzantini, Ettore Scala, Sergio Castellitto, Ivo Milazzo
montaggio:
Chiara Vullo
musiche:
Arturo Annecchino