Probabilmente il nome di Destin Daniel Cretton, anche fra gli appassionati di cinema americano, non è fra i più conosciuti. Eppure dalle parti di Hollywood il nostro si è già fatto notare, specie da quando il suo secondo lungometraggio, "Short Term 12" (2013, mai uscito nelle sale italiane), ispirato all’esperienza di Cretton come supervisore di una casa famiglia, si rivelò un vero vivaio per i volti nuovi del cinema Usa (nel cast c’erano anche futuri premi Oscar come Brie Larson e Rami Malek). Per il Marvel Comic Universe realizzerà la versione cinematografica del fumetto Shang-chi mentre questo Natale sugli schermi d’oltreoceano è arrivato, distribuito dalla Warner, "Il diritto di opporsi", film ispirato ad un tipico ma pur sempre incredibile caso di malagiustizia avvenuto in Alabama negli anni Ottanta.
Il film è dedicato alla storia di Walter McMillian, un afroamericano ingiustamente accusato di avere ucciso la diciottenne Ronda Morrison in quel di Monroeville, la cittadina entrata nella storia del costume per essere il luogo in cui è ambientato il celeberrimo romanzo di Harper Lee, "Il buio oltre la siepe", libro che pur raccontando una vicenda di ordinario razzismo ambientata negli anni Trenta, ha continuato (continua?) a raccontare un sud degli States in qualche modo ancora presente. Pur potendo contare su un alibi di ferro e diverse testimonianze a favore, McMillian venne incriminato per il delitto e rinchiuso nel braccio della morte ancor prima che il processo a suo carico fosse concluso. Nonostante prove indiziarie a dir poco dubbie e un’accusa che si basava sostanzialmente sulla testimonianza improbabile di un pregiudicato, ci volle tutto l’impegno e la perseveranza di un giovane avvocato idealista del Delaware, Bryan Stevenson (la sceneggiatura attinge ad un suo memoriale), per convincere i giudici che si trattava di un errore giudiziario (peraltro stando alle statistiche non raro), dettato palesemente dal bisogno di un capro espiatorio (la polizia stava brancolando nel buio per quanto riguardava il colpevole e l’opinione pubblica cominciava a fare sentire un certo malumore) motivato da un razzismo duro da sradicare, malgrado le molte battaglie per i diritti civili.
Stevenson (nel film interpretato dal bravo Michael B. Jordan, attore che sta studiando per diventare il nuovo Denzel Washington), aiutato dalla volenterosa attivista Eva Ansley (la Captain Marvel Brie Larson, al suo terzo film con Cretton, regista che ha avuto un’importanza considerevole nel suo percorso artistico), non solo riesce a conquistare la fiducia di McMillian (Jamie Foxx in un ruolo che avrebbe potuto incrementare il suo già nutrito medagliere se solo il film fosse stato più gettonato durante la stagione dei premi) e della sua famiglia, ma sfidando una società conservatrice e un establishment che non sembra disposto a rivedere le proprie posizioni, ottiene quella giustizia che al suo cliente (e a tanti cittadini di colore in carcere) è stata negata per troppo tempo, utilizzando se necessario anche la cassa di risonanza mediatica (fondamentale per la risoluzione del caso fu una puntata del famoso programma giornalistico CBS "60 Minutes", ricostruita brevemente con gli attori al posto dei veri protagonisti e, curiosamente, presente in lingua originale nella versione italiana, passaggio che fra l’altro fa capire come il lavoro degli interpreti sia stato abbastanza appiattito dal doppiaggio).
Americano nato nelle Hawaii e proveniente da una famiglia non wasp, Cretton evidentemente sente molto vicino il tema e conosce, come l’avvocato Stevenson, le falle di un certo sistema (lo sceriffo che di fatto ha accusato un innocente, nonostante il verdetto abbia alla fine sconfessato il suo operato, non pagò mai per il grave sbaglio commesso e anzi venne rieletto per sei volte) e l’importanza del diritto di opporsi, costi quel che costi. Spinto dalla sete di giustizia e dal desiderio di misericordia per i suoi assistiti, Stevenson/Jordan è un vero eroe moderno che con pacatezza, gentilezza e determinazione dà tutto se stesso per aiutare persone che rischiano la pena capitale solo perché non hanno trovato un avvocato come si deve o perché hanno una brutta reputazione (nel caso di MacMillian ad esempio pare che a muovere i sospetti contro di lui abbia contribuito un suo risaputo affair con una donna bianca sposata). Contribuisce molto al coinvolgimento dello spettatore la scelta del regista di mostrarci l’avvocato subire almeno in parte i soprusi cui i suoi clienti sono abitualmente sottoposti. Il risultato è un film che un tempo si sarebbe detto "di studio", non seminale ma robusto, coinvolgente ed efficace nel suo intento di far conoscere una storia vera forse poco ricordata anche negli States (per la cronaca il vero colpevole dell’omicidio, un uomo bianco, non è mai stato neanche denunciato). Cretton in una delle scene più forti del film (il fermo dell’avvocato da parte di due poliziotti arrabbiati per quello che lui sta facendo) cita una scena famosa del film di Mike Nichols "Silkwood", lodevolmente riconoscendo il suo debito verso quel cinema di denuncia che è stato uno dei punti di forza della Hollywood vecchia e nuova.
cast:
Michael B. Jordan, Brie Larson, Jamie Foxx, Tim Blake Nelson, Rafe Spall, Rob Morgan
regia:
Destin Daniel Cretton
titolo originale:
Just Mercy
distribuzione:
Warner Bros. Italia
durata:
136'
produzione:
Endeavor Content
sceneggiatura:
Destin Daniel Cretton, Andrew Lanham
fotografia:
Brett Pawlak
scenografie:
Sharon Seymour
montaggio:
Nat Sanders
costumi:
Francine Jamison-Tanchuck
musiche:
Joel P. West