Eppure qualcosa si sta muovendo. Nel cinema mainstream italiano degli ultimi anni, funestato dalle commedie fotocopia e dalla compagnia di giro che ritroviamo, stanca e puntuale, nel riproporre le stesse linee narrative anno dopo anno, c'è anche qualcos'altro. C'è un cinema vitale e carismatico che, pur con tutti i difetti strutturali di un'industria che non possiede né i mezzi tecnici né la preparazione culturale per ambire ad elevarsi a una forma di espressione che sia davvero strumento per raccontare il costume di un Paese reale, ebbene questo cinema esiste. "Il campione" è prodotto infatti da due personaggi che crescono in penombra in questo habitat non propriamente accogliente verso chi cerca di fare qualcosa di diverso. Matteo Rovere e Sydney Sibilia, infatti, sono entrambi autori che si sono affrancati dal conformismo becero della commedia italiana del nuovo millennio e, nonostante siano profondamente ancorati a un'idea di cinema commerciale, rivendicano l'autonomia per leggere storie e idee di film con una propria personalità, non necessariamente omologata al canone imperante.
Leonardo D'Agostini, giovane regista qui al suo esordio in un lungometraggio, lascia ben sperare. "Il campione", intendiamoci, ripercorre sentieri ampiamente battuti, senza mai suggerirci durante la visione l'impressione di assistere a qualcosa di inedito. La vicenda raccontata è la seguente: nella Roma gioca un giovane di belle speranze che, nel giro di pochissimo tempo, ha conquistato i tifosi e la sua stessa squadra. Il problema è che è una testa calda, anzi caldissima. Con una serie di disturbi comportamentali accentuati, Christian Ferro si rende protagonista di diverse bravate che arrivano a sfiorare l'illegalità: risse, corse in macchina, feste che sfiorano l'incidente drammatico. Ecco allora che il presidente della società gli affianca un docente, il professor Fioretti, che ha il compito di fargli prendere la maturità e magari impartirgli un po' di disciplina.
La costruzione narrativa scelta da D'Agostini è ampiamente convenzionale e conservativa. Come tutti i racconti di formazione tradizionali, "Il campione" divide il suo incedere nel corso dei minuti in quattro fasi: la difficoltosa presa di conoscenza dell'altro (i due protagonisti sono ovviamente antitetici), il momento in cui i dissidi sembrano appianarsi e pare raggiunto un nuovo punto di equilibrio tra i due, l'imprevisto (ma in realtà largamente atteso) snodo che fa temere il peggio e un finale, magari non lietissimo, ma comunque conciliante e atto a non far uscire con troppa amarezza addosso lo spettatore dalla sala.
Anche la stessa pretesa di realismo subisce chiaramente dei contraccolpi nel momento in cui chi guarda ha una parvenza di cognizione del mondo del calcio: il presidente che punisce un campione nonostante sia decisivo in campo, un professore di lettere che entra in ritiro e diventa più influente di procuratori, manager e allenatori, lo stesso giovane talento che a un certo punto pare essere colpito da una tale ispirazione per la nuova vita che quasi sembra pronto a cambiare mestiere. Chiaramente tutto questo contribuisce a rendere "Il campione" un racconto di una realtà parallela e destinata a non incrociare mai la nostra dimensione quotidiana.
Ma nonostante tutta questa congerie di elementi irreali e forzati, D'Agostini mette in scena un mondo dello sport credibile, con alcune intuizioni di sceneggiatura interessanti. Sicuramente accurati sono i dialoghi tra i due protagonisti, soprattutto nella prima parte. Con montaggio serrato e personalità nella gestione dei primi piani, D'Agostini sa alternare con sapienza l'alto e il basso, il profondo e il superficiale, il comico e il drammatico. Intelligente è poi lo spunto di trasformare le materie insegnate da Fioretti in schemi che ricordano le tattiche disegnate alla lavagna dai tecnici durante gli allenamenti pre-partita. La messa in scena di D'Agostini è ambiziosa e attenta al dettaglio, elemento non ricorrente nel nostro cinema mainstream. Gli effetti speciali curati da Gaia Bussolati trasformano le aspirazioni apparentemente irraggiungibili in obiettivi concreti, come quello di dare finalmente una parvenza di concretezza alle scene di calcio giocato o alle ambientazioni societarie (tutte ricostruite in computer grafica e a tratti stupefacenti nella loro riproduzione). Insomma, "Il campione" è un film che, nonostante dei difetti genetici di un'industria che ha ancora tanto da fare per scrollarsi di dosso la pigrizia e l'indolenza di un certo ambiente cinematografico italiano (e romano, in particolare), ha dalla sua l'ambizione: per una narrazione di ampio respiro, per una resa visiva assolutamente non rudimentale, per la creazione di caratteri che abbiano una loro personalità a più dimensioni. Tutti questi obiettivi sono stati raggiunti e la strada per D'Agostini è lunga e in discesa. Certo, a questo giro deve anche ringraziare Andrea Carpenzano e Stefano Accorsi.
cast:
Camilla Semino Favro, Mario Sgueglia, Ludovica Martino, Stefano Accorsi, Andrea Carpenzano
regia:
Leonardo D Agostini
distribuzione:
01 Distribution
durata:
105'
produzione:
Groenlandia, Rai Cinema
sceneggiatura:
Giulia Louise Steigerwalt, Leonardo D'Agostini, Antonella Lattanzi
fotografia:
Michele Paradisi
scenografie:
Alessandro Vannucci
montaggio:
Gianni Vezzosi
costumi:
Valentina Taviani
musiche:
Ratchev & Carratello