Marla Greyson tiene al proprio benessere fisico come un Patrick Bateman del XXI secolo, il protagonista di "American Psycho". Al contrario di Bateman, la sua controparte femminile consuma le sue azioni (il)legali alla luce del sole: aggirare e plasmare la giustizia per ingabbiare persone anziane nelle maglie del sistema sanitario americano e ricavarne guadagno.
"I Care a Lot" è un film contro tutto: sanità, giustizia e persino l’aspetto sociale dell’ecosistema americano. J Blakeson ("La scomparsa di Alice Creed") difatti ci mostra una donna terribile, meticolosa e chirurgica nel suo operato, alla continua ricerca di un’uscita da quei claustrofobici fitness club in cui essere soltanto l’ennesimo John Doe.
"I Care a Lot" procede con i codici da commedia nera di cui si apprezzano le piene tra soprusi legalizzati e scontri verbali, per arrivare fino allo scontro tra Marla e un gangster russo formalmente scomparso. Ecco che di anonimato si tratta ancora, laddove Marla vorrebbe emergere, il russo Romanov gradirebbe rimanere morto ma si trova costretto a recuperare la madre dalle avide attenzioni del tutore legale.
"Unsane", attraverso codici di genere horror, dimostra come la struttura non sia solamente fisica (gli edifici si stringono attorno alle vittime e agli aguzzini) ma anche psicologica. "I Care a Lot" invece procede per situazioni a incastro, tutelando la funzione provocatoria, finanche macchiettistica, delle sue pedine: personaggi le cui sfumature pendono verso il lato oscuro si destreggiano in una prima parte da legal thriller e una seconda dalla natura pulp. Entrambe declinate all’eccesso, pur sempre giustificabili dalla pungolante richiesta di sospensione di incredulità, restituiscono un testo di cui si apprezzano l’intrattenimento e saper mantenere alto l’interesse nell'incedere delle macchinazioni.
J Blakeson scrive e dirige cercando sempre una "ennesima via", cioè quella che scavalchi alcune predittività del racconto in modo da renderlo dinamico e inaspettato. Lo stratagemma è coadiuvato dalla natura malleabile della commedia, di cui colori e monocromatismi accesi (sia di fotografia che di scenografia), e situazioni ilari suggeriscono la portata, ma il procedimento arriva, indubbiamente, a saturare la progressione.
Il film di Blakeson non ha altro modo di raccontare la realtà se non attraverso tutte le nefandezze e falsità di chi la compone. Non vi è dunque una sola figura che non sia in qualche modo marcia o corrotta, importando nel mondo di "I Care a Lot" l’unica peculiarità che contraddistingue gli squali del guadagno, ossia la loro avidità.
"I Care a Lot" si muove punto di vista di uno degli attori del sistema legale, quello che gli americani chiamano guardianship [1], mascherando gli abusi ora da tragedia ora da inverosimile commedia, vorrebbe essere anche battaglia tra genere femminile e maschile in una contrapposizione di ruoli .
Blakeson gestisce bene il materiale di partenza soprattutto quando descrive con efficacia la furberia di Marla, silente calcolatrice abilmente caratterizzata come una dark lady ripugnante (la dolente parete di fotografie dei pazienti, destinati inevitabilmente a morire, è tragicomica quanto i voluti vestiario e acconciatura di lei, totalmente desessualizzata) dimenticandosi di amalgamare però i meccanismi del plot al sostrato tematico e alternando dialoghi brillanti a pedestri sarabande ("Io non uccido con le armi").
Se in "I Care a Lot" tutto è lecito, allora anche la possibilità di ridere di una masnada di maldestri gangster nei corridoi di una clinica si sgonfia, trovandosi in questa libertà espressiva e di registro solamente un pretesto per la sorpresa. Limiti e pregi di un certo tipo di costruzione della commedia, e in questo caso al film si rimprovera piuttosto la mancanza di organicità tra una prima parte composta e dialogica e una seconda in cui i rivoli di genere diventano flussi incontrollati, finanche fuori fuoco. Apice di questa progressione a inciampi è sicuramente il finale, grido di dissenso atto alla riflessione (forzosa, dato l’avvenimento così incisivo) dietro a quei ghigni amari sul sogno americano che, se ancora non si fosse capito, è un falso mito, come falso è il siparietto televisivo di Marla.
[1] Consultate il documentario "The Guardians" (2018) per approfondire il problema relativo alla figura del guardianship
cast:
Rosamund Pike, Peter Dinklage, Eiza González, Chris Messina, Dianne West, Isiah Whitlock Jr.
regia:
J Blakeson
titolo originale:
I Care a Lot
distribuzione:
Prime Video
durata:
120'
produzione:
Black Bear Pictures, Crimple Beck
sceneggiatura:
J Blakeson
fotografia:
Doug Emmett
scenografie:
Michael Grasley
montaggio:
Mark Eckersley
costumi:
Deborah Newhall
musiche:
Marc Canham