Non si capisce la fama di Neill Blomkamp come astro nascente della fantascienza. "District 9" è un film sopravvalutato, volto forse a creare (dall'alto) la via sudafricana al cinema blockbuster così come George Miller aveva creato quella australiana e Peter Jackson (che non a caso lo presenta) quella neozelandese. La metafora sociale era quanto meno ambigua, la scienza fantascientifica inesistente e le promesse di action solo in parte mantenute. "Elysium" aveva le carte per essere qualcosa di più: gli innesti biomeccanici low cost su Matt Damon, due temi di attualità come l'immigrazione clandestina e il diritto alla salute. Ne risultò un film onesto e di onesto artigianato, ma certo niente che si discostasse significativamente da un action fantascientifico medio alla Tom Cruise. Alla terza opera si attendeva la svolta. C'è, ma verso il basso.
La trama di "Humandroid" - androide robot acquisisce coscienza - lasciava temere un mix tra "Robocop" e "Corto Circuito". Per una serie di eventi senza particolare logica il nostro Chappie finisce invece nelle mani di Yolandi e Ninja dei Die Antwoord che interpretano loro stessi come si immaginano, in pieno stile gangsta-zef-demenziale, sempre una canna e/o una pistola in mano e vestiti con mille capi supertrendy fluo mentre vivono all'addiaccio, e se li sceglie come modelli. Siamo quindi di fronte a un remake ad alto budget di "Corto Circuito 2", quello in cui Numero 5 finiva imbarazzantemente addobbato come le gang giovanili degli anni 80, che speriamo non abbiate visto. Da "Robocop" si fotocopia solamente il robot cattivo.
Nonostante tutto il materiale a disposizione da cui trarre ispirazione, i minimi aspetti impegnativi vengono buttati in caciara sia dal punto di vista scientifico (una cuffietta per la lettura dell'elettroencefalogramma che funziona sia su uomini e robot e ne sintetizza la coscienza) che da quello filosofico ("il mio creatore mi ha fatto nascere per poi farmi morire!" "perché gli uomini mentono!". Chappie, stacce.). Partendo da un soggetto come i robot poliziotto c'erano mille spunti politici da discutere e invece non se ne fa di niente. E, massimo difetto per un film come questo, non si riesce a fare dell'androide un vero personaggio ma si condannano gli umani che lo giudicano un mero strumento. La sceneggiatura ha un unico guizzo nel finale, ma non basta per redimere il film.
Lo stile delle riprese di Blomkamp, sporche e mosse come un reportage dal fronte anche se abbiamo di fronte un'immagine realizzata completamente in computer graphics, rimane bello a vedersi, ma al terzo film consecutivo diventa un po' tedioso, e non riesce a rendere coinvolgenti le scene d'azione. Le musiche sono di un Hans Zimmer ormai col pilota automatico. Là ove gli insettoni di "District 9" e gli esoscheletri di "Elysium" erano originali come look e storia, il robot poliziotto Chappie è anonimo come immagine e non ha un contesto. Ad aggravare la situazione, nel doppiaggio italiano ha una voce petulante che lo rende insopportabile. Hugh Jackman, Dev Patel e Sigoruney Weaver si prestano a ruoli alrettanto senza spessore. L'unico elemento vitale sono i già citati Ninja e Yolandi, entrambi con l'aspetto fisico e l'atteggiamento perfetto per il ruolo al limite della parodia degli spiantati che giocano a fare i gangster e si fanno male. Ma allora tanto vale guardare i loro video musicali che sono anche più interessanti dal punto di vista dello scenario e della fotografia. In conclusione, dopo un film del genere il credito di Blomkamp è esaurito e l'idea che stia girando "Alien 5" ci fa preoccupare non poco per la storica serie.
cast:
Hugh Jackman, Sigourney Weaver, Dev Patel
regia:
Neill Blomkamp
titolo originale:
Chappie
distribuzione:
Columbia Pictures
durata:
120'
produzione:
Tristar Pictures
sceneggiatura:
Neil Blomkamp
fotografia:
Trent Oplaoch
montaggio:
Julian Clark
musiche:
Hans Zimmer