L'azzimato agente immobiliare (Michael Shannon) è in piedi davanti alla piccola casa con dietro la polizia e in terza fila gli uomini dei traslochi. È un plotone d'esecuzione che di lì a poco provvederà allo sgombero di una famiglia che non ha pagato tre rate del proprio mutuo. La famiglia ha perso la causa con la banca che ha pignorato la casa.
Inizia così "99 Homes" di Ramin Bahrani, presentato in concorso alla 71ª Mostra del cinema di Venezia, e seconda volta in gara per il regista che due anni fa portò "
At Any Price". L'incipit è duro e ha il piglio cronachistico dei celebri sgomberi avvenuti negli U.S.A. all'indomani della crisi immobiliare, madre della grande crisi economica che farà saltare tanti equilibri nel mondo. Basta andare su YouTube per verificare la violenza di questi sfratti: non c'è nulla di inventato. In questo caso la famiglia è quella di Dennis (un significativo Andrew Garfield), giovane padre di famiglia senza la moglie (il film non lo spiega), e di sua madre (Laura Dern). Qui Bahrani non perde un passaggio e segue tutti i componenti della famiglia fuori dal giardino e poi in un motel senza mai staccarsi narrativamente da tale punto di vista.
Per esasperare la drammaticità, il regista americano di origini iraniane accompagna il suo racconto con una colonna sonora martellante (a volte troppo) e con una fotografia luminosa, con una camera in continuo movimento intorno personaggi. Se la prima parte è di sicuro impatto e suggestione documentaristica, nella seconda si passa ad assistere ad una specie di thriller. Per non perdere ogni cosa, Dennis accetta di lavorare per il cinico agente immobiliare, entrando così in un giro di corruzione e affari. Il guadagno è assicurato e di lì a poco il giovane passa dall'altra parte, da quella di chi non ha bisogno di temere per il domani. Nonostante questo cambio di registro, in cui assistiamo alla scalata di Dennis nel mondo degli speculatori, il film non perde la sua cifra legata alla realtà. I personaggi rimangono coerenti anche nel momento in cui sembrano scivolare in un cambio di ruoli. Alla fine preverrà il senso morale contro il potere dei soldi.
Sebbene non ci siano grandi invenzioni visive né si dica nulla di nuovo, il lavoro di Bahrani si fa apprezzare per il ritratto che offre dell'America, una nazione impaurita e in continuo stato d'assedio. Le armi diventano sempre più uno strumento indispensabile per difendere il proprio focolare domestico e per far rispettare la legge. L'immagine ricorrente di uomini e donne sulla porta di casa o dietro a una finestra è la cifra di un film che denuncia ormai l'incapacità di distinguere i ruoli nella società, dove lo sceriffo non è più il paradigma della sicurezza ma diventa il pericolo e la minaccia che entra in casa. Al contempo, il buon padre di famiglia che ha subìto troppo può varcare la soglia e uscire dal proprio ruolo; e anche le regole di buon vicinato sembrano saltare, quando un altro padre fa partire un colpo verso il figlio. Bahrani alza la tensione al massimo, sovvertendo ogni regola di civiltà e in tutto questo non offre risposte, ma lancia un allarme.
Il finale sembra offrirci una speranza attraverso il volto di un ragazzo che compare sulla strada, ma ormai la miccia è accesa e la bomba sta per detonare .
25/08/2014