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recensione di Stefano Santoli
5.0/10

Secondo una logica da serie televisiva replicata con naturalezza dalle serie cinematografiche, l'incipit del film vede il drago Smaug, libratosi in volo alla fine dell'episodio precedente, mettere a fuoco Pontelagolungo. Dura un buon quarto d'ora ed è la parte migliore del film.
Com'è noto, il progetto "Lo Hobbit" prevedeva inizialmente due film, di cui quelli che son diventati il secondo e il terzo episodio avrebbero dovuto costituire unitariamente il secondo. La trasformazione in trilogia ha ragioni non esclusivamente commerciali: il parallelismo strutturale della vicenda con quella del Signore degli Anelli si trova già nell'opera di Tolkien. Ma l'esiguità della parte di romanzo corrispondente a questo terzo capitolo (poco più di una cinquantina di pagine) avrebbe davvero difficilmente potuto fornire il respiro sufficiente a sostenere un unico film. "La battaglia delle cinque armate" non possiede l'afflato che ci auguravamo, dopo che il secondo capitolo, "La desolazione di Smaug", ci era parso più convincente del primo, slabbrato, prolisso e inconcludente. Purtroppo, invece, "La battaglia delle cinque armate", pur essendo il più breve dei sei film di Jackson tratti da Tolkien (e vorrà dire qualcosa!), finisce per annoiare.

A non permettere che il film spicchi il volo è proprio l'esiguità del materiale di base. A fronte di essa, nulla possono le tante libertà creative degli sceneggiatori, che non si limitano alla prosecuzione della love story fra il nano Kili e l'elfa Tauriel (il personaggio non tolkieniano interpretato da Evangeline Lilly). Dando ampio spazio alle vicende parallele dei vari personaggi, Jackson ha affermato di aver applicato un metodo elementare: "una sequenza di lotta ininterrotta che dura 20 minuti sarebbe un terribile errore: diventa noiosa quasi subito. I personaggi, invece, sono sempre interessanti". Il montaggio parallelo dovrebbe in effetti evitare la saturazione, in un plot dove prevale l'azione: eppure, nonostante le "sole" due ore e venti di durata, "La battaglia delle cinque armate" è stucchevole e sembra più lungo delle oltre tre ore di conflitto del terzo episodio del Signore degli Anelli.

Imperniato su una solida unità di tempo e azione - prologo ed epilogo a parte - il più compatto fra i tre episodi de "Lo Hobbit" soffre di alti e bassi. Dove i "bassi" sono le scene d'azione, ridondanti (in 48 fps e 3D, paiono videoludiche quanto non mai, e si dimenticano subito), e gli "alti" corrispondono ad alcune pause dialogate, in cui evolvono un poco le linee narrative parallele. Quasi nessuno di questi momenti evita d'altra parte di richiamare qualche tema o episodio già visto nella trilogia del Signore degli Anelli (la trasformazione dei caratteri a contatto con il subdolo richiamo dell'oro e del potere; il ravvedimento eroico e il sacrificio di un personaggio provvisoriamente caduto nella codardia; la semplicità e il disinteresse degli hobbit. La frase pronunciata dal nano Thorin in una scena madre: "se più persone considerassero la casa prima dell'oro, il mondo sarebbe un posto più felice", come la Contea, racchiude il senso ultimo dell'opera di Tolkien).

La tripartizione de "Lo Hobbit", dicevamo, avrebbe una sua ragion d'essere nella simmetria della vicenda con quella del Signore degli Anelli: è stato notato dagli stessi studiosi dell'opera di Tolkien che l'opera maggiore sta a "Lo Hobbit" come una sua "enorme e arricchita metafora: come se, man mano che scriveva ‘Lo Hobbit', Tolkien si rendesse conto delle potenzialità insite nei simboli che trovava e, giunto alla fine, sentisse il bisogno di riscrivere la storia un'altra volta" (1) non più in forma di fiaba per i più piccoli ma con ben altro respiro. La riproduzione di tale simmetria, però, non è sufficiente a celare i due sostanziali problemi di fondo della trasposizione di Jackson. Il primo, ampiamente notato, discende dall'abnorme dilatazione temporale di un esile volumetto. Il secondo, ancora più grave, risiede nel tentativo di omologazione di una fiaba scanzonata come "Lo Hobbit" alla matrice epica del Signore degli anelli.

Ne "La battaglia delle cinque armate", è questo secondo difetto a emergere in tutta la sua ambiguità. Al film manca autentico respiro epico. Il tono è quasi dimesso: sembra una scelta quasi programmatica, e sarebbe anzi motivo di originalità. Non viene però in soccorso nessun elemento forte di natura diversa dall'epica. Così, la pellicola finisce schiacciata tra sostrato epico e sua modesta resa, ed emerge appunto l'ambiguità di fondo che pervade tutta la trilogia.

Se aveva senso la scelta di Tolkien di prendere una fiaba e riscriverla in forma epica, mantenendone la morale ma ampliandone temi e motivi, nulla giustifica la scelta di cui si è fatto carico Jackson. Rimane una sola ragione per giustificare la realizzazione di questa trilogia: il bisogno (non necessariamente soltanto commerciale) di tornare a dar vita alla Terra di Mezzo, da parte di chi ritenga di esser diventato comproprietario di un brand. "Lo Hobbit" di Jackson è in fondo la messa per immagini di un gigantesco parco a tema. Siamo chiaramente fuori da qualsiasi ambizione d'autore: su di un terreno dove, per garantire decenza a un'opera cinematografica, occorrerebbero accortezza e modestia nel rispetto delle regole drammaturgiche. Jackson si è mosso invece con autoindulgenza talmente eccessiva da sfiorare la tracotanza.


(1) Emilia Lodigiani, "Invito alla lettura di Tolkien", Mursia, 1982, p. 64 (ed. 1993)


16/12/2014

Cast e credits

cast:
Martin Freeman, Ian McKellen, Richard Armitage, Luke Evans, Lee Pace, Evangeline Lilly, Aidan Turner


regia:
Peter Jackson


titolo originale:
The Hobbit: The Battle of the Five Armies


distribuzione:
Warner Bros


durata:
144'


produzione:
New Line Cinema, MGM, Warner Bros, WingNut Films


sceneggiatura:
Peter Jackson, Fran Walsh, Philippa Boyens, Guillermo del Toro


fotografia:
Howard Shore


scenografie:
Dan Hennah


montaggio:
Jabez Olssen


costumi:
Ann Maskrey, Bob Buck


musiche:
Howard Shore


Trama

Il film è la conclusione delle avventure di Bilbo Baggins, Thorin Scudodiquercia e la Compagnia di Nani. La compagnia ha involontariamente scatenato la forza letale del drago Smaug, che, infuriato, abbatte la sua ira ardente e senza pietà su uomini inermi, donne e bambini di Pontelagolungo.
Ossessionato dal recupero del tesoro che era custodito dal drago, Thorin sembra sul punto di sacrificare l'amicizia e l'onore. Mentre i tentativi di Bilbo di farlo ragionare si susseguono, incombe un pericolo maggore: non visto se non da Gandalf, il grande nemico Sauron ha mandato infatti legioni di orchi in un attacco furtivo sulla Montagna Solitaria. Si scatena il conflitto, e Nani, Elfi e Uomini devono decidere se unirsi o venire distrutti. Bilbo si ritrova così a lottare per la sua vita e quella dei suoi amici nella Battaglia delle Cinque Armate mentre è in bilico il futuro della Terra di Mezzo.

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