In analoghi casi si sarebbe parlato di revival: oltre al film trattato in questa recensione, è del 2012 il tv movie "The Girl" (con Toby Jones nei panni di Hitch), è in corso la serie "Bates Motel" (sulla giovinezza del personaggio protagonista di "Psyco"), continuano ad affiorare temibili remake (per fortuna quello di "Gli uccelli" sembra mometaneamente accantonato) e, addirittura, la figura del leggendario cineasta apparirà nell'imminente "Grace of Monaco", film dedicato ad una musa del Maestro. Ma a ben vedere, in maniera velata o esplicita, molto raramente trascorre un mese cinematografico senza pellicole citazioniste dell'arte di Alfred Hitchcock. L'appellativo "hitchcockiano" è tra i più abusati del settore, i libri, saggi e studi sul regista non cesseranno mai di essere scritti ma, come per tutti i geni, resterà sempre una barriera tra la volontà del pubblico di capire e l'effettiva essenza alla base di tanta grandezza.
L'inglese Sacha Gervasi, dopo aver firmato la sceneggiatura di "The Terminal" di Steven Spielberg e la regia dell'apprezzatissimo documentario rock "Anvil! The story of Anvil" nel suo debutto in fiction dietro la macchina da presa prende un personaggio gigantesco ma ha la dignità di non puntare il mirino verso impossibili lidi. Una scelta che però, al contempo, denota anche i limiti del film. Parzialmente abbandonati i tradizionali, mastodontici e lunghi biopic, anche Hollywood negli ultimi tempi si è affidata a piccole grandi episodi di vita di personaggi storici. Una scelta forse di matrice britannica più che statunitense (vedi in tempi recenti "Marilyn" o "A Royal weekend"), che cela una convinzione di poter scardinare quantomeno degli specifici tratti di personalità attraverso particolari vicende. Il film è tutto qui.
Il mirabile reparto tecnico in qualche modo attira e conserva all'interno della pellicola l'aria dell'epoca, sprigionando la degna ricostruzione che ci si aspetterebbe da produzioni affini.
La fedeltà, però, vuole fermarsi qui. Per potersi godere il film - in quantità minima o soddisfacente a seconda dei gusti - è bene non pretendere la più verosimile delle filologie.
Tratto dal saggio "Come Hitchcock ha realizzato Psycho" di Stephen Rebello, è una storia romanzata ispirata alla lavorazione di "Psyco", con personaggi realmente esistiti ma con più licenze. Più che sui meccanismi produttivi (per non parlare del lavoro sul set, che deve accontentarsi di un minutaggio panalizzante) il fulcro dell'azione è il rapporto tra Hitchcock e la moglie Alma Reville. I puristi giurano che il regista era in realtà meno protettivo nei confronti dell'amata, ma innegabilmente il film ristabilisce la statura e il peso di quella che per Hitchcock è stata donna di una vita, moglie, consigliere insostituibile, forse definitivo ago per bilanciare la ragione e le tante manie e ossessioni del grande cineasta. E' pertanto pertinente la definizione di melodramma raffreddato (i maligni direbbero senile).
Pur senza difettare di leggerezza, il film manifesta le falle più evidenti proprio le poche volte che vuole indossare abiti propriamente hitchcockiani: il cinema nel cinema dei/nei sogni , le fantasie e i desideri del protagonista rendono irrisolto quel vortice che unisce realtà e finzione.
Ma, grazie anche alla meritevole accoppiata Hopkins-Mirren, le schermaglie sentimental-professionali restano squisite e alcune annotazioni sull'industria cinematografica (si veda il botta e risposta tra Hitchcock e i censori) divertenti.
E se nemmeno questo dovesse bastarvi, se non altro resterà il desiderio di rivedere per l'ennesima volta "Psyco", uno dei capolavori della storia del cinema.
cast:
Anthony Hopkins, Helen Mirren, Scarlett Johansson, Toni Collette, Danny Huston, Jessica Biel, Michael Stuhlbarg
regia:
Sacha Gervasi
titolo originale:
Hitchcock
distribuzione:
20th Century Fox
durata:
98'
produzione:
Cold Spring Pictures, The Montecito Picture Company, Fox Searchlight Pictures
sceneggiatura:
John J. McLaughlin
fotografia:
Jeff Cronenweth
scenografie:
Judy Becker
montaggio:
Pamela Martin
costumi:
Julie Weiss
musiche:
Danny Elfman