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recensione di Emanuele Richetti
3.5/10

Per capire le ragioni di un disastro come il nuovo “Hellboy” di Neil Marshall occorre partire da lontano. È il 2004 quando Guillermo del Toro porta per la prima volta sul grande schermo il personaggio ideato da Mike Mignola, gettando le basi per una trilogia di fatto mai conclusa. Hellboy è un anti-eroe brutto, sporco, scurrile, rozzo e, di conseguenza, estremamente simpatico: uscito direttamente dall’aldilà tramite un portale aperto dai nazisti, questo demone in miniatura viene cresciuto dal professore americano Broom e diventa agente per il B.P.R.D, immaginaria agenzia statunitense che si occupa di tenere sotto controllo le esistenze occulte e soprannaturali. Nel 2008 esce “Hellboy: The Golden Army”, versione bigger and better del primo capitolo (in fondo molti autori alle prese con un cinecomic hanno offerto il meglio al secondo tentativo, in controtendenza alla diceria per cui il sequel è sempre peggiore dell’originale), ed è ancora lì a ricordarci quanto un cinefumetto possa offrire al mondo del cinema. È il 2005 invece quando Neil Marshall colpisce dritto al cuore degli appassionati di horror con “The Descent”, probabilmente tra i migliori esponenti del genere nel primo decennio degli anni Duemila. Ripensandoci, la ricetta ideata da Marshall per quell’opera era quasi perfetta: un’idea semplice ma capace di aprirsi a numerose interpretazioni; tanta buona cattiveria; la giusta sensibilità nella rappresentazione dei personaggi; un’elevata e costante tensione condita da sangue, sangue e ancora sangue. Ci manca un film come “The Descent”, ripensandoci si prova quasi nostalgia.

La carriera di Neil Marshall sembra sul punto di esplodere, ma né “Doomsday” né tanto meno “Centurion” certificano la statura autoriale di Neil Marshall (anzi) e per ben dieci anni il regista non si dedica ad alcun lungometraggio, limitandosi a dirigere alcuni episodi televisivi. Tagliamo la testa al toro: possiamo dirvi – anche se non si dovrebbe – che il suo reboot di “Hellboy” è brutto, ma proprio brutto brutto. Eppure, a ben vedere, l’idea che l’universo ideato da Mignola incontrasse la visione cinematografica grandguignolesca di Marshall era assai interessante, un modo originale per distanziarsi dall’impronta più fantasy data dalla mano di del Toro. Ma tra la teoria e la pratica, in ambito artistico, vi risiede un universo intero di differenza. Esattamente come tra il gore di “The Descent” e quello puramente sensazionalistico di “Hellboy”, in cui il sangue sembra inserito per mascherare la vacuità dei contenuti invece che per portare reale significato. Ma anche accettando questa tendenza al “porno a effetti speciali” (viene immediato ripensare alla definizione di Wallace) dove il divertimento dovrebbe scaturire dalle mutilazioni più fantasiose e dagli smembramenti più orripilanti, almeno che quelle scene si facciano apprezzare per la loro tecnica. Peccato che la CGI di “Hellboy” sia paragonabile a quella di un videogioco della scorsa generazione, il che per un film per metà basato sugli effetti speciali è un problema di non poco conto.

Aveva ragione Guadagnino quando rilevava la mancanza di fisicità nei cinecomic contemporanei, perché a “Hellboy” manca proprio la sensazione di immedesimazione che erano riusciti a trasmettere autori come Raimi e del Toro: e come potrebbe dato che è quasi tutto finto, computerizzato? Come potrebbe, quando pure per mostrare un aereo che atterra si ricorre a CGI di infimo livello? Impossibile non rimpiangere il gusto per l’artigianato deltoriano, vedendo questa versione di Marshall. Il regista inglese segue imperterrito la via allo splatter più pacchiano, cercando di virare sull’horror ma finendo con l’addentrarsi nel demenziale. E però, potrebbero pensare alcuni, Hellboy è sempre lui, divertente e cazzuto come sempre, no? No, perché un personaggio come quello di Hellboy bisogna comunque saperlo scrivere e riprendere. Veniamo infatti alla sceneggiatura: accreditato leggiamo il nome di Andrew Cosby, noi potremmo sbilanciarci e affermare come sia stata scritta da qualche algoritmo di Netflix. Perché inserire frasi tipo “Ti abbiamo trovato su Twitter”, “Quello è il mio Uber?” o “Traducimelo con Google”, altrimenti? Quale essere umano può trovarle divertenti? Per non parlare di tutti gli spiegoni improbabili e i dialoghi a tesi, in una narrazione (che procede proprio come un videogioco, con sempre nuovi scenari, ambientazioni e sfide finali) che dire frettolosa sarebbe un complimento. I personaggi, poi, possiedono lo spessore psicologico di uno zerbino; ma se David Harbour, in fondo, fa quel che può, il problema è nel reparto di comprimari più anonimo visto negli ultimi mesi (forse però la colpa era nostra nel chiedere a Milla Jovovich anche solo una piccola, inattesa espressione del viso in grado di suscitare una qualche emozione).

Ecco quindi “Hellboy”: una commedia che non fa ridere, un horror che non fa paura, uno spettacolo splatter di serie z. Decidete voi, dato che evidentemente gli autori non hanno saputo scegliere quale precisa natura dare all’opera e hanno anche riciclato i vari temi dalle pellicole precedenti (predestinazione e libero arbitrio, rapporto padre e figlio, cosa è giusto e cosa è sbagliato ecc. ecc.). C’è pure un prologo confusionario in un b/n che ha il coraggio di citare “Schindler’s List”, quando poi vedremo solo squartamenti fini a se stessi e di cattivo gusto. Speriamo che la prossima pellicola di Neil Marshall ci riconsegni quell’autore ispirato che qui non vediamo nemmeno lontanamente. Se no possiamo benissimo attendere altri dieci anni.


12/04/2019

Cast e credits

cast:
David Harbour, Milla Jovovich, Ian McShane, Sasha Lane, Sophie Okonedo, Brian Gleeson


regia:
Neil Marshall


distribuzione:
M2 Pictures


durata:
120'


produzione:
Summit Entertainment, Millennium Films, Campbell Grobman Films, Dark Horse Entertainment


sceneggiatura:
Andrew Cosby


fotografia:
Lorenzo Senatore


scenografie:
Paul Kirby


montaggio:
Martin Bernfeld


costumi:
Stephanie Collie, Zornitsa Tsvetanova


musiche:
Benjamin Wallfisch


Trama
Hellboy è tornato ed è più indemoniato che mai nel reboot della saga tratta dai fumetti cult di Mike Mignola. Il leggendario supereroe demoniaco, detective del BPRD (Bureau for Paranormal Research and Defense) che protegge la Terra dalle creature sovrannaturali che la minacciano, è chiamato in Inghilterra per combattere tre giganti infuriati. Qui scoprirà le sue origini e dovrà vedersela con Nimue, la Regina di Sangue, un’antica strega resuscitata dal passato e assetata di vendetta contro l’umanità. Hellboy dovrà cercare di fermare Nimue con ogni mezzo, in un epico scontro per scongiurare la fine del mondo.
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