Eun-Soo sta guidando su una strada di campagna e, contemporaneamente, discute al telefonino con sua moglie. Nel tentativo di evitare qualcosa sulla carreggiata, l'auto si ribalta e lui perde conoscenza. Dopo un po', appena calate le tenebre, una ragazzina gli fa luce con una pila e lo guida nella sua casa, al centro del bosco. Là Eun-Soo incontra la sua famiglia, e presto scopre che lasciare la casa non è affatto un'impresa facile.
Cominciamo dal principio: guidare parlando, o peggio litigando, al telefonino non è una buona cosa.
Se poi la macchina va fuori strada, già si è fortunati a non riportare ferite serie. Ma quando una ragazzina, di notte, viene con una pila a recuperare il malcapitato per portarlo in una grande casa al centro del bosco, c'è di che preoccuparsi. Eun-Soo, che evidentemente queste cose non le sa, si caccia in un pasticcio senza uscita già nei primi fotogrammi del film. La casa in questione è un incubo surrealista, con le pareti di colori assurdi e arredata con una miriade di cianfrusaglie e milioni di
peluches in ogni angolo. Di che far impazzire una cameriera. La mamma e il papà della ragazzina che lo soccorre sembrano leggermente sulle spine, e sorridono come due squali. Ma Eun-Soo è sotto shock e non ci fa caso. Neanche quando gli mettono davanti un piatto pieno di dolci e canditi, di tali dimensioni da richiedere l'aiuto immediato di un dentista. Ma quando la mattina del giorno dopo trova un biglietto dei genitori, che gli chiedono di occuparsi dei pargoli mentre loro vanno in città per qualche giorno, forse un qualche dubbio dovrebbe sorgere nella mente di Eun-Soo. Il bosco sembra un labirinto e uscirne pare impossibile. Mentre i ragazzini, a guardarli meglio, paiono un tantino strani. O forse siamo poco abituati alle case prese da un libro di favole, chissà.
Certo è che dopo qualche giorno in cui i tentativi di uscire dal bosco falliscono sistematicamente, Eun-Soo comincia a porsi il problema della fuga. Intanto, una coppia con l'aria assai losca appare nel bosco e il fratello grande, un terribile ragazzino che pare molto più vecchio della sua età, li porta in casa ad aspettare la fine della nevicata in corso, che si prolungherà per qualche giorno. Giusto il tempo che serve ai due per mettere gli occhi sulla casa e su tutte le cose che a lei sembrano interessanti. A questo punto la situazione precipita.
Esattamente a metà tra la favola e l'incubo, "Hansel and Gretel" si svolge nella dimensione che solitamente riserviamo ai sogni. Lo spazio interno che si manifesta e finisce per creare un universo, spesso ha una natura duplice. L'ambivalenza è sempre in agguato e tutto quello che vedremo nasconde un lato oscuro. I sentimenti giocano un ruolo importante in questa dimensione, e se in presenza dell'ingenuo Eun-Soo non era stato necessario mostrare niente di cui aver paura, quando entreranno in scena i due terribili, ingordi coniugi, il sistema entropico su cui il tutto si regge, dovrà per forza mettere in campo tutta la sua energia per controbattere alla loro cattiveria.
Secondo film di Pil-Sung Yim, già autore di "Antartic Journal", questo "Hansel and Gretel" ha un unico difetto: la durata. L'atmosfera è accattivante ma, come tutte le favole o anche gli incubi, non può durare troppo. I bambini rubano costantemente la scena a chiunque, i cattivi sono sempre e solo cattivi, mentre i buoni sembrano pure un po' fessi e, dopo un po', non ci importa più di sapere cosa succede, vorremmo solo uscire dalla casa, dal bosco e pure dal film. Il tutto è ben congegnato e regge benissimo per la prima ora, ma all'ennesimo tentativo non riuscito di fuga, e all'interminabile spiegazione finale, l'interesse cala proporzionalmente alla complicazione che si sceglie di mettere in campo. E il picco esilarante di un Babbo Natale coreano, che avvera i desideri creando assai più danni di quelli che ripara, non aiuta certo lo spettatore a restare serio. Nonostante questo, o forse a dispetto dell'evidente prolissità della storia, la recitazione riesce convincente e gli archetipi messi in campo sembrano davvero usciti da una favola. La regia pulita crea una buona alchimia e le scene degli interni rapiscono per l'assoluta capacità di evocare un mondo inesistente, se non nelle menti di poveri bambini abusati che credono, nonostante tutto, alla conclusione in cui tutti "vissero felici e contenti".
04/09/2008