Guillaume Canet prova a replicare, forte del successo soprattutto nazionale nel 2010, la formula di "Piccole bugie tra amici". E per uno dei maggiori incassi francesi il gioco alla ripetizione si fa ghiotto soprattutto nell'adattamento italiano, laddove (giustamente) si pensa di far diventare la faccenda un affare da grandi, da adulti.
Al "finiremo insieme" del titolo originale si accompagna bene il concetto di grandi (bugie), se vogliamo vedere in Canet una crescita, una maturazione visibile nei temi con cui si confrontano i suoi bourgeois invecchiati, trasformati e slegati gli uni dagli altri. Crescita che sembra trasparire anche nel gusto musicale, sempre pop, ma vengono messi da parte i frastuoni giocosi dei Jet o le ballate di Harper per spostarsi verso un gusto retrò (Nina Simone, Van Morrison, Bob Dylan).
Canet, che pure è capace di ottime prove attoriali (e dello stesso anno di questo film segnaliamo l'editore che Assayas ha scritto per lui), richiama i colleghi. Nel film passano circa tre anni, al di qua sono nove. Ma poco cambia il tempo passato da una o l'altra parte. C'è da aspettarsi l'opposto del tentativo linklateriano di giocare con la distanza temporale. "Grandi bugie" riprende il canovaccio di "Piccole": un gruppo di parigini, un tempo grandi amici - fratelli si direbbe - fa una visita a sorpresa al vecchio Max. All'inizio restio ad accettare la compagnia, Max decide poi di nascondere i suoi problemi finanziari a tutti stando al gioco.
Il trauma di Max ricalca quello del film precedente, meno urgente quanto la morte, colpisce la sfera intima di un borghese in lento decadimento.
La sceneggiatura di Canet imbandisce ancora le stesse tavole di Cap Ferret, apparecchiandovi personaggi con una propria spontaneità (la bravura attoriale rende più di quel che sembri) ma schematici nel loro evolversi. Il misto di commedia degli equivoci e dramma intimo rende alla perfezione la capacità di adattamento nelle parti, incastrandosi però in figure monocordi, per quanto capaci fin dall'inizio di farsi accettare e lasciarsi leggere.
C'è una leggerezza di fondo in "Grandi bugie" che rende il racconto confortevole, appagante pur nella sua durata considerevole. Ma proprio per questo non taglia mai il velo di inconsistenza dietro alcune dinamiche, risolte qui dal montaggio furbacchione, là da una traccia commovente e ben studiata. Un processo che fortunatamente non riempie il film, anzi lo accompagna senza affondarlo.
Allo stuolo di amici non rimane che affidarsi alle dinamiche ben collaudate della coralità: tutti chiusi per la maggior parte del tempo in una (diciamo due) ville, lontani dall'urbe parigino. Perfetta in questo senso l'entrata in scena dei protagonisti dopo i primi minuti dedicati a Max, durante la quale Canet fa entrare i personaggi in scena uno dopo l'altro di soppiatto dalla porta principale della villa, invitandoci a riconoscerli come un unico personaggio. Appare un di più in questo senso il minutaggio concesso all'ex moglie di Max, protagonista di un siparietto ironico ben studiato quanto incerto.
Ma tanto basta a Canet per riprendersi i personaggi e gettarli nuovamente nella mischia. Dispiace non vedere una maturazione delle dinamiche rispetto al primo atto, mostrando il fianco a una prevedibilità certamente piacevole, ma mai veramente interessata a brillare. Ne esce un prodotto poco pregiato, sicuramente gustoso.
cast:
François Cluzet, Marion Cotillard, Gilles Lellouche, Laurent Lafitte, Benoit Magimel, Pascale Arbillot
regia:
Guillaume Canet
titolo originale:
Nous Finirons Ensemble
distribuzione:
BIM, Movies Inspired
durata:
135'
produzione:
Les Productions du Trésor, Caneo Films, EuropaCorp, M6 Films, Artémis Productions, VOO, BE TV
sceneggiatura:
Guillaume Canet, Rodolphe Lauga
fotografia:
Christophe Offenstein
montaggio:
Hervé de Luze
costumi:
Marine Dupont
musiche:
Emmanuel Ferrier