Ondacinema

recensione di Rudi Capra
5.0/10

Il promettente soggetto della biografia di John Joseph Gotti, offerto nel passato recente agli esperti Nick Cassavetes, Joe Johnston e Barry Levinson, è giunto infine tra le mani di Kevin Connolly, che dopo due titoli non esattamente memorabili ("Gardener of Eden", 2007; "Dear Eleonor", 2016) entra a Hollywood dal portone principale.

John Joseph Gotti: chi era costui? Nato nei sobborghi del Bronx da una famiglia italoamericana povera e numerosa, scalò i vertici di Cosa Nostra fino a diventare, a partire dagli anni 80, il capo della famiglia Gambino e il più potente boss criminale degli Stati Uniti; condannato nel 1992 dopo svariati processi finiti in fumo, morì in prigione dieci anni dopo. Come si può immaginare, dal punto di vista dell’ordito una simile biografia richiede soltanto un sapiente lavoro di scorciatura e rattoppo, essendo uno di quei frequenti casi in cui la realtà soverchia l’immaginazione. Quasi a voler annunciare un roboante gioco fra realtà e fiction, "Gotti" si apre con una decisa rottura della quarta parete, attraverso la quale Gotti medesimo (John Travolta) rivolge al pubblico una lapidaria apostrofe: i gangster finiscono in due modi, in prigione o morti; e lui, ci avverte, ha esperito entrambe le cose. La storia comincia infatti quando il protagonista, moribondo e in prigione, incontra il figlio John Gotti Jr. (Spencer Lofranco), il quale vorrebbe lasciare la Famiglia per dedicarsi alla famiglia. Partendo dal complesso rapporto tra boss e primogenito, Connolly narra ascesa e caduta del caporegime mediante un frenetico intreccio di piani temporali. Una carrellata di trent’anni sulla criminalità organizzata newyorkese richiede equilibrio, ritmo, coesione e un’armonica dozzina di indizi audiovisivi codificati che renda le vicende rilevanti, e i personaggi significativi (si veda alla voce "Il padrino"). Tuttavia, "Gotti" si limita a mettere insieme un collage di episodi sconnessi, mozziconi di vita e di cronaca che presentano come unico comune denominatore il viso poliedrico, pesantemente truccato, di John Travolta.

Smessi i panni coppoliani, il film rivela dunque di non ambire all’affresco lirico di un’epopea criminale, bensì al ritratto fedele di un personaggio ambiguo e sfuggente. Alla causa ben si presta l’interpretazione di Travolta, chiamato a una prova attoriale erculea – per quantità, intensità e precedenti illustri; meno invece tutto il resto, a cominciare dalla pessima prova di Lofranco, piagnucoloso e titubante, e dalle opache caratterizzazioni dei rimanenti personaggi, trascurati e malnutriti dalla sceneggiatura. Per un qualche tetro sortilegio, la prepotenza del Gotti originario sembra essersi estesa al film, giacché il protagonista catalizza ogni attenzione come un buco nero, oscurando tutto il resto. A tale scelta (o mancanza di tale) pare uniformarsi la regia, orientata a sfocare tutti i punti dello schermo in cui non si trova John Travolta. Tralasciando il goffo abuso della profondità di campo, Connolly dirige in maniera deferente, rudimentale, centrando la camera quasi sempre su volti e mezzibusti per riprendere dialoghi scurrili in interni altoborghesi illuminati da un lucore soffuso. Discutibile la stridente varietà e l’utilizzo della colonna sonora, che paga l’affido scellerato a Pitbull e al giovane compositore Jorge Gomez. Accanto al tentativo di scimmiottare Scorsese con l’impiego in chiave ironica del vintage pop anni 50, viene da chiedersi quale sia il legame potenziale fra l’hip hop latino e la mafia italoamericana, e soprattutto con quale coraggio il rapper di Miami possa intonare certe linee: "Dapper Don/I called him Dad /Giant in my eyes /Legend of a man".

E in questo risiede forse il maggior difetto del film, che mantiene verso Gotti un’ottica fin troppo ambigua, prossima all’idolatria. Così un efferato capomafia diventa una "legend of a man", il brutale Gotti Jr. un amorevole padre di famiglia perseguitato dalla giustizia, mentre il montaggio dispensa filmati d’epoca in cui gli intervistati descrivono il Don come un brav’uomo, un affabile vicino di casa. Forse una figura tanto controversa avrebbe meritato un adattamento più consapevole, invece di uno script composto alla copia e incolla a partire dall’autobiografia parziale (e auto-pubblicata) di Gotti Jr. Peccato soprattutto per la prova di John Travolta, ritenuta buona da chi scrive; un’offerta che forse avrebbe potuto rifiutare.


13/09/2018

Cast e credits

cast:
John Travolta, Kelly Preston, Pruitt Taylor Vince, Spencer Lofranco, William DeMeo


regia:
Kevin Connolly


titolo originale:
Gotti


distribuzione:
Eagle Pictures


durata:
112'


produzione:
Emmett/Furla/Oasis Films, Fiore Films, Highland Film Group


sceneggiatura:
Lem Dobbs, Leo Rossi


fotografia:
Michael Barrett


montaggio:
Jim Flynn


musiche:
Jacob Bunton, Jorge Gomez Pitbull


Trama
Il film racconta la storia di John Gotti, uno dei più crudeli boss italo-americani dei nostri tempi.