Sappiamo che i conti si fanno solo alla fine, ma se l'inizio fosse indicativo delle scelte operate in fase di selezione uno dei temi forti di questa edizione del Festival di Locarno potrebbe essere la ritrovata centralità della narrazione, considerata non solo nelle sue funzioni affabulatorie, ma anche nella capacità di rappresentare il comune denominatore di opposti cinematografici. Riservando al consuntivo finale il compito di verificare la giustezza di tale previsione e limitandoci a considerare quello che abbiamo appena visto nei film che hanno aperto il concorso internazionale e quello della Piazza Grande, l'affermazione di cui sopra non potrebbe essere più calzante. Perché, sebbene "The Girl with All the Gifts", di cui avete letto in queste pagine, e "Slava", del quale ci apprestiamo a parlare, siano quanto di meno paragonabile, sia in termini formali che di produzione, è altrettanto evidente che in entrambi i casi la forza dei lungometraggi in questione consista soprattutto nella loro capacità di raccontare storie. Una caratteristica che permette allo spettatore di passare senza soluzione di continuità dal futuro apocalittico e distopico dell'horror realizzato da Colm McCarthy alle pastoie della quotidianità contemporanea del film bulgaro che, attraverso la direzione di Kristina Grozeva e Petar Valchanov, si cala anima e corpo nelle vicende del proprio paese. Gli eventi descritti in "Slava" infatti sono ispirati a un fatto realmente accaduto in Bulgaria qualche tempo fa, quando un operaio delle ferrovie dello stato si presentò ai propri superiori per restituire un ingente somma di denaro trovata per caso lungo i binari della ferrovia. L'onestà dell'uomo diventò un esempio per l'intera comunità al punto di trasformare il buon samaritano in una specie di eroe nazionale. Partendo dunque da un episodio di cronaca la sceneggiatura del film immagina (ma non troppo) che il clamore dell'avvenimento e l'attenzione ricevuto dalla stampa e dalla televisione altro non siano che lo stratagemma utilizzato dal sistema per sviare l'attenzione dalle accuse di corruzione e di malgoverno rivolte al ministro dei trasporti; la macchinazione messa a punto dalla spregiudicata Julia Staikova, responsabile dell'ufficio stampa del ministero, funziona però fino a quando Petrov - questo il nome del protagonista maschile - a causa di un orologio mai sostituito, cercherà di far valere le proprie ragioni inimicandosi coloro che ne avevano esaltato le gesta.
Girato con mezzi e libertà da cinema indipendente (low budget, camera a mano e location rubate alla strada) "Slava" in realtà si distacca dalle derive di questo modello non solo perché riesce a scansarne i vezzi, e perciò a evitare la frenesia della macchina da presa e delle riprese volutamente approssimate così come del bisogno ossessivo di parlarsi addosso, ma soprattutto per le qualità di un testo che senza farsene accorgere riesce a passare dal tono grottesco e paradossale della prima parte - quella in cui la circonvenzione del povero Petrov da parte di Julia e dei suoi accoliti è descritta con accenti quasi kafkiani - a quello crudo e drammatico della seconda, in cui la resa dei conti tanto inaspettata quanto inevitabile dà vita a un finale senza vincitori né vinti. Consapevole dell'importanza della denuncia di cui si fa promotore (la corruzione del sistema e la mancanza di morale dei governanti) "Slava" non commette l'errore di sbandierare i suoi contenuti a mo' di feticcio, ma ne rafforza gli effetti sporcandoli con gli artifici di una drammaturgia che riesce a trasformare l'indignazione in un noir esistenziale serrato ed emozionante. La violenza che ne deriva pur mettendo a dura prova le psicologie dei protagonisti si mantiene lontana dal contesto visivo a cui siamo stati abituati dal cinema americano; dal quale i registi si distaccano con la decisione di riversare la brutalità dei comportamenti, non tanto nell'esibizione del sangue e dei suoi rituali, quanto piuttosto sulle conseguenze che tali azioni comportano sulla qualità delle relazione umane, intese in senso deteriore e come strumento di oppressione e di ricatto (sintetizzate dalle reazioni di Julia rispetto alla realtà che la circonda), e come semplice merce di scambio.
Secondo atto di una trilogia dedicata a storie tratte da articoli di giornali "Slava" è interpretato da due attori superbi come Kristina Grozeva e Stefan Denolyubov capaci di rappresentare sui loro corpi le sottili differenze tra vittima e carnefice. Acquistato dalla I Wonder Picture che lo distribuirà in Italia a partire dal prossimo anno "Slava" si candida per un posto nel palmares del festival.
cast:
Stefan Danolyubov, Margita Gosheva
regia:
Petar Valchanov, Kristina Grozeva
titolo originale:
Slava
distribuzione:
I Wonder Pictures
durata:
101'
produzione:
Abraxas Film
sceneggiatura:
Kristina Grozeva, Petar Valchanov, Decho Taralezhov
fotografia:
krum Rodriguez
montaggio:
Petar Valchanov
costumi:
Kristina Tomova
musiche:
Hristo Namiliev