Gloria ci piace perché, quasi alla soglia dei 60 anni, ancora gira per i locali notturni in cerca di divertimento. Ci piace perché seduce gli uomini comuni, non rampanti affaristi o falsi giovanotti. Perché non si arrende, ci riprova, è positiva. E' forse anacronistica ma comunque terribilmente seducente agli occhi dei suoi coetanei: di certo molto più vicina alla gioventù che manifesta per le strade, che ancora dice No. "Dobbiamo sostenere e credere nei giovani, perché di certo i politici che attualmente dovrebbero rappresentarci proprio non sono credibili", si dice. Lo dice anche l'anziano Rodolfo che però si fa inconsapevole portatore di principi di un paese che non sa voltare pagina, che tirando le somme si è trascinato con sé arcuature ormai seccate e così lasciate per una vita intera. Per questo l'originario nucleo familiare di Gloria, pur tra increspature e quotidiani scogli da superare, sembra un agglomerato semi-utopico al cospetto di un nazionale da farsi che nessuno riesce a fare.
In un certo qual modo le donne cilene sessantottine, attraversando una sporca storia - dal golpe del 1973 alla successiva dittatura militare - hanno covato dentro una rabbia e una furia ribelle che, attualmente mature, hanno saputo declinare in partecipazione emotiva e fisiologica verso una ininterrotta ricerca di emozioni per anni represse da un paese che ancora non sa vederle per quello che davvero hanno cercato di essere. L'insegnamento sessantottino, dunque, ha con buona probabilità fruttato alla lunga distanza un insegnamento pratico in Occidente poco più che favoleggiato.
Se il quadro socio-politico di una nazione emerge in modo esponenziale con un assunto finale, non bisogna scordare che "Gloria" è, prima di ogni cosa, un bel ritratto di donna.
In rapporto a ciò che si è detto in precedenza, non si pensi che la protagonista sia una donna bionica, forgiata con materiale inarginabile. Basti vedere le importanti e non gratuite scene di nudo integrale - nonché quelle di una viva sessualità - che scavano direttamente sulla pelle di una donna forte, ma con segni di un vissuto che mettono in discussione le sue stesse idee/ ideali. Vedere l'abbandono nel suo solitario appartamento, dove l'attraversamento della cura (del corpo come della salute) nasconde i sorrisi che sono forse anche una maschera protettiva. E ci si chiede: in che misura vanno interpretate le sue scelte, anche quando sbagliate? Sebastián Lelio ha pochi dubbi: la forza di volontà e l'entusiasmo della sua eroina vengono inquadrati con incessante simpatia. Con dignità.
Figura costantemente in scena in una Santiago, un Cile, una vita e un mondo visti attraverso i suoi occhi. Gli uomini non ne escono a testa alta: deboli laddove la donna individua spazi di autodeterminazione che trascendono le costrizioni della quotidianità, patetici quando si riduce lo spazio tra obblighi del presente e prospettive future, anche se la seconda fuga di Rodolfo è una scorciatoia di sceneggiatura che rischia di forzare lo spettatore verso una incredulità fino ad allora estranea alla natura del film.
Una bella prova che però conta soprattutto per la protagonista che mette in scena, indivisibile dalla strepitosa Paulina Garcia che la interpreta. Quando nel finale si libera anche dell'ultimo orpello (gli occhialoni), ci rende partecipi di un approdo ad un'autonomia sovrana che riesce a renderci fieri di lei.
cast:
Paulina Garcia, Sergio Hernández, Marcial Tagle, Diego Fontecilla, Fabiola Zamora, Antonia Santa María, Coca Guazzini
regia:
Sebastián Lelio
titolo originale:
Gloria
distribuzione:
Lucky Red
durata:
109'
produzione:
Fabula, Nephilim Producciones
sceneggiatura:
Sebastián Lelio, Gonzalo Maza
fotografia:
Benjamín Echazarreta
scenografie:
Marcela Urivi
montaggio:
Sebastián Lelio, Soledad Salfate
costumi:
Eduardo Castro