Davanti il tronco di un grosso albero, Astrea legge una poesia di Celadon. Le sue parole, interrotte dai singhiozzi e dalle lacrime, sono fragili come le foglie luccicanti che la circondano. Non è un messaggio qualunque: è la rivelazione del vero amore del giovane nei confronti della fanciulla. Ma, ahimè, Celadon è ormai creduto morto dall'intera comunità e alla ragazza non resta che sprofondare nell'abisso del rimorso. Sembrerebbe una scena ineluttabilmente tragica, trafitta da un dolore infinito, invece Rohmer trova l'equilibrio e la magia impossibili. Ovvero, restiamo sospesi tra la commozione e il sorriso, perché la macchina da presa cattura l'unico raggio di umorismo e di ironia che sfiora il volto (e la voce) di Astrea mentre è incollata a quella incisione.
Il meraviglioso cinema di Eric Rohmer e racchiuso per intero in questo sguardo fintamente neutrale, sottilmente provocatorio, straordinariamente rivoluzionario. Un attimo miracoloso che permette al corpo e alla voce degli attori rohmeriani di disperdere la naturale incongruenza dell'agire umano. Certo, in versione doppiata questa alchimia si dissolve, per cui è obbligatorio recuperare quella originale (come, del resto, per tutti gli altri film del maestro francese).
Felice somma di precise costanti (giochi del caso, menzogne obbligate della conversazione, fraintendimenti, paradossi), l'ultima fatica dell'ottantottenne cineasta provoca, sorprendentemente, nuova luce. Un candore diffuso che illumina fotogrammi tenui, ricchi di sfumature biancastre nascoste nel verde abbagliante della più profonda campagna transalpina. Il celebre "tocco" del regista produce, così, un lungometraggio di grande soavità e raffinata sensualità (gambe appena scoperte, labbra che sfiorano il collo, rumori sottili di vesti e lenzuola) che vive attraverso gesti, parole e sguardi "dipinti" quasi a mano.
Dalla traccia di un lunghissimo racconto del XVII secolo di Honoré d'Urfé, "L'Astrée", ambientato nella Gallia medievale, Rohmer ricava il consueto intreccio dei giochi di seduzione e dei piccoli drammi del corteggiamento che contraddistingue il suo originalissimo percorso. Celadon e Astrea si amano, ma un innamorato respinto dalla fanciulla, fa credere alla stessa di essere stata tradita dall'adorato pastorello. Così, Astrea allontana per sempre Celadon proibendogli di rivederla. Il giovane, disperato, si getta nel fiume, ma viene salvato da tre ninfe (bravissima Veronique Reymonde nei panni della vezzosa Galatea) che, sottoponendolo a dure prove, lo obbligheranno a travestirsi in abiti femminili per poter rivedere Astrea senza calpestare le sue condizioni. Fantastico cinema.
02/06/2008