Vincitore della Camera d'Or e della Queer Palm di Cannes 2018, "Girl" di Lukas Dhont concorrerà per il Belgio ai prossimi Oscar nella categoria Miglior Film Straniero ed è destinato a essere ricordato come una delle sorprese cinematografiche dell'anno a livello europeo, non solo fiammingo. Col co-sceneggiatore Angelo Tijssens, il regista racconta una storia difficile per le varie implicazioni che comporta e lo fa con un approccio ammirevole per finezza e attenzione. Raccontare l'adolescenza nei film a dire il vero non è mai cosa semplice, perché gli stereotipi sono sempre in agguato. Però l'impresa che "Girl" si propone è decisamente più impegnativa, raccontare le vicende di un adolescente che non solo sta affrontando un percorso di crescita, ma anche una transizione di genere. La girl cui fa riferimento il titolo si chiama Lara, ha sedici anni, vive col padre single e col fratellino di sei anni e ha due obiettivi nella vita: diventare una ballerina ed essere una ragazza a tutti gli effetti. Infatti, Lara è un ragazzo ed è decisa a portare avanti il percorso non semplice che la porterà a essere chi si sente davvero, un percorso che prevede appuntamenti dallo psicologo, cure ormonali e un intervento chirurgico di ricostruzione molto impegnativo. Se tutto questo sembrasse poco ricordiamo che le giornate di Lara sono scandite anche dagli impegni con la scuola esclusivissima di danza che frequenta e per la quale si sottopone a ore di allenamenti durissimi. A tutto questo vanno ad aggiungersi i tipici turbamenti dell'età, i rapporti coi coetanei e le prime esperienze in campo sentimentale.
Il cinema racconta da sempre personaggi che stanno attraversando, per dirla come Conrad, la linea d'ombra e, sebbene da meno tempo, si è interessato anche al tema della transessualità; va detto che affrontare queste due tematiche simultaneamente è un'impresa non da poco, ma Dhont e i suoi collaboratori ci riescono in maniera encomiabile. Non solo dimostrano grande finezza nel descrivere la psicologia della protagonista, ma sanno anche costruirle intorno un ambiente in cui i suoi dubbi e le sue paure possono venire fuori in maniera plausibile. Contrariamente a molti adolescenti cinematografici, Lara non è descritta come una giovane petulante o ribelle, ma da subito a caratterizzarla sono il suo stoicismo e i modi composti. Sul suo volto non manca quasi mai il sorriso, anche quando gli allenamenti sono particolarmente faticosi, le compagne di corso non si rivelano gradevoli o rispettose e in generale le cose non vanno come previsto. Una sua insegnante piuttosto severa a un certo punto rimprovera alla protagonista di essere troppo dura con se stessa e in effetti questo è vero. Le ore in cui si sottopone a esercizi per abituarsi a stare sulle punte sembrano proprio massacranti e servono a ribadire la grande forza di volontà di un personaggio che, costi quel che costi, vuole assolutamente raggiungere i propri obiettivi, nonostante il sudore, le lacrime e pure il sangue che questo comporta. Infatti Lara si massacra i piedi e si procura un'infezione ai genitali abusando di un nastro adesivo per contenere il più possibile il pene. La scelta del mondo della danza come sfondo della vicenda, che ha portato al film accostamenti con "Billy Elliot" di Daldry (ma nella scena della telefonata dalla toilette e in alcune coreografie è facile ritrovare "
Il cigno nero" fra le fonti di ispirazione), si è rivelata indovinata proprio per il regime quasi marziale cui questi ragazzi e ragazze si sottopongono quotidianamente, nel quale riesce a spiccare l'abnegazione che caratterizza Lara, interpretata da Victor Polster, ballerino sedicenne al suo esordio come attore, che si rivela non solo credibile quando balla, ma assai bravo nel suggerire attraverso pause e silenzi le inquietudini del suo non facile personaggio, meglio di quanto in passato non siano stati in grado di fare interpreti con maggiore esperienza alle spalle. Se l'ambiente dello studio e del lavoro si dimostra per Lara impegnativo, giustamente in linea col percorso che sta affrontando, l'ambiente familiare è invece sorprendentemente accogliente. Il padre (interpretato da Arieh Worthalter) meriterebbe di entrare di diritto nel novero dei migliori genitori cinematografici di sempre, il fratellino (tranne che in un momento di tensione) è attaccassimo a Lara, mentre il parentado quanto entra in scena si dimostra squisitamente gentile. Persino il ragazzino col quale Lara ha un veloce principio di
affair si dimostra amabile. A parte un momento di confronto con le compagne di corso particolarmente drammatico per il personaggio principale, nel film non si respira mai un'atmosfera caratterizzata da transfobia, anzi tutti i personaggi sembrano accettare di buon grado le scelte di Lara, rispecchiando in questo la società liberale nella quale il personaggio vive (se una storia del genere fosse stata ambientata per esempio in Italia, invece, molto probabilmente ci sarebbe stata una spaccatura fra quelli che avrebbero sostenuto la protagonista e quelli che invece l'avrebbero disapprovata).
Lukas Dhont descrive una società in grado di capire e sostenere le persone transgender, ma nonostante questo si comprende che il percorso di vita che le aspetta non è dei più semplici (e se non lo è in una società che li sostiene figuriamoci in quelle che sono loro ostili!) e infatti la storia di Lara avrà una svolta molto drammatica che metterà a dura prova anche la sua pur ammirevole forza d'animo. Il regista sceglie comunque di regalarle (e regalarlo anche a noi spettatori) un momento di felicità finale in cui la si vede finalmente diventata quello che sognava di essere.