"Girasoli" costituisce l’esordio della regista rumena Catrinel Marlon. Il titolo del lungometraggio, che ha un’ascendenza autobiografica, trae origine da un termine gergale con cui venivano indicati i malati psichiatrici cui era concessa la facoltà di deambulare liberamente senza alcuna limitazione o costrizione, quasi ad indicare una condizione privilegiata rispetto agli altri pazienti. L’infanzia della regista, nata e cresciuta ai tempi della declinante dittatura comunista, ha vissuto il dramma degli orfanotrofi rumeni, nei quali a migliaia si veniva rinchiusi quando i genitori non erano in grado di provvedere alla prole. Una volta giunta in Italia, rielaborando tale esperienza, la Marlon si è interessata alle tematiche connesse alla legge Basaglia, tanto da realizzare un film.
"Girasoli" è un'opera a tesi ambientata in un manicomio italiano della metà degli anni 60, quando poche erano le voci che si levavano contro la detenzione psichiatrica e il suo triste corollario terapeutico. Il sistema dei personaggi, abbastanza schematico, è costituito da una serie di coppie in antitesi sul piano morale: il Dottor Gentile (Pietro Ragusa), un medico insensibile, ottuso e dai metodi tradizionali, cui si contrappone la Dottoressa D'Amico (Monica Guerritore) con una visuale più ampia a moderna, l’infermiera Anna (Maria Rosaria Mingione), sensibile e accuditiva, alla quale fa da contraltare negativo l’infermiere Carlo, torbidamente machista. E poi vi è Lucia, la giovane paziente di cui Anna si prende cura e con la quale si instaura un legame gradualmente sempre più simbiotico sfociante in una relazione platonica. Il senso di oppressione claustrofobica è reso in modo sufficientemente adeguato grazie alla scenografia degli interni dell’ospedale, anche se la fotografia non registra in modo significativo il passaggio dalle sale e dai corridoi interni, ovvero dai luoghi della costrizione detentiva, all’esterno costituito da un cortile che conduce verso l’uscita della struttura, chiaro emblema della chimerica conquista della libertà.
Tuttavia, se sul piano della concretezza fisica il dittico libertà/prigionia è ben rappresentato grazie agli oggetti e strumenti della coercizione, quali le camicie di forza, le vasche punitive o i tranquillanti, ciò che sembra mancare nel film è uno scavo interiore approfondito che vada al di là della movenza dei corpi e della contrapposizione verbale. Mancano ad esempio inquadrature e movimenti di macchina in soggettiva in grado di esprimere la rabbiosa volitività o l’obnubilamento farmacologico dei pazienti. La macchina da presa osserva i personaggi in modo freddo e distaccato, prendendo nota in modo quasi asettico di quanto accade. Ne risulta uno stile narrativo che mostra presto la corda e sembra avvitarsi su sé stesso.
Al di là della tesi di fondo su cui è con tutta evidenza costruito il film, sul piano della stessa scrittura filmica alcuni temi presenti sembrano tuttavia abbozzati per metà o solo superficialmente accennati: l’istanza di ribellione dei piccoli internati è un anelito flebile che si isterilisce nella gestualità della protesta; il rapporto tra Anna e Lucia che da accuditivo diventa saffico non scuote l’intreccio e pare più una forzosa concessione al pubblico. L’interpretazione attoriale migliore è quella del dottor Gentile, che si avvale della mimica fredda e determinata di Pietro Ragusa. Nei ruoli femminili, Monica Guerritore spicca non meno della protagonista Lucia. Allargando l’orizzonte rispetto a "Girasoli", è soprattutto il confronto con film di ben altra levatura dedicati alle medesime tematiche, quali l’imprescindibile "Qualcuno volò sul nido del cuculo" (1975) di Miloš Forman, a farci capire quanta strada rimanga da percorrere per registi alle prime armi, come Catrinel Marlon, cui vanno comunque riconosciuti impegno e onestà intellettuale.
cast:
Angela J. Ciaburri, Pietro Ragusa, Monica Guerritore, Mariarosaria Mingione, Gaia Girace
regia:
Catrinel Marlon
titolo originale:
Girasoli
distribuzione:
01 Distribution
durata:
97'
produzione:
Masi Film
sceneggiatura:
Catrinel Marlon, Francesca Nozzolillo, Heidrun Schleef
fotografia:
Fabio Zamarion
scenografie:
Sofia Zera
montaggio:
Massimo Quaglia
costumi:
Nicoletta Ercole
musiche:
Cesare Cremonini