Da buon figliol prodigo del Sundace Film Festival, Frank è un film ad alto tasso di weirdness. Bizzarro è il suo protagonista, un Michael Fassbender senza volto che indossa quasi per l'intera ora e mezza del lungometraggio una maschera di cartapesta fuori misura; bizzarro è il mood che traspira da questa commedia irlandese, quasi un atto dovuto all'universo indie sul quale l'intero lavoro è incentrato.
Lenny Abrahamson trae ispirazione dal musicista e cabarettista inglese Chris Sievey, che si esibiva celato sotto una grossa maschera con il nome fittizio di Frank Sidebotton, per concretare la fisionomia del suo personaggio principale, quello di un artista che appaia la creatività con la fragilità emotiva. E' così che, grazie anche all'aiuto in fase di scrittura di Jon Ronson, che del Frank-Sievey originale era il tastierista, vengono tratteggiate le caratteristiche topiche del protagonista e i suoi comprimari, secondo schemi codificati per essere tracciabili della loro alternatività: tutti un po' sopra le righe per non essere normali. Metabolizzato il meccanismo, ormai un po' stucchevole, alla base del quinto film del regista, resta da appurare la possibilità narrativa di dissociarsi e andare oltre un'estetica uguale e contraria a quella mainstream, soprattutto nella capacità di seduzione di un pubblico targettizzato.
Frank è il leader di una band d'avanguardia, i Soronprfbs, e, grazie alla viralità innescata dai social network, diventano un piccolo caso sul web, tanto da essere invitati ad esibirsi in Texas. Il film introduce, così, la stringente riflessione intorno alla mistificazione che viaggia su reti wireless, quella che ingrossa fenomeni dal successo effimero e che, con la stessa velocità con cui corrono le connessioni adsl, li riporta alla più modesta realtà, dopo averne, però, sconvolto gli equilibri. Come capita anche per la band di Frank che attraverserà una parabola discendente.
Una commedia amara, dunque, che ricorda un altro film del 2014, il coeniano "A proposito di Davis". Simile e aderente è il soggetto, così come la scelta di servirsi di musica live. Ancora, il parallelismo con l'ultimo film dei registi americani è utile a calibrare le differenze: se nel lavoro dei Coen il registro surreale e grottesco è misurato al millimetro per raffinare esigenze di poetica, qui è un seduttivo connotato di "stile" calcato con il grassetto, a cui sottostà la narrazione, che prosegue incontrollata sino a perdersi completamente più ci si avvicina alle battute finali.
cast:
Michael Fassbender, Maggie Gyllenhaal
regia:
Lenny Abrahamson
distribuzione:
I Wonder Pictures
durata:
95'
produzione:
Film4, Element Pictures, Runaway Fridge Productions, Indieproduction
sceneggiatura:
Jon Ronson, Peter Straughan
fotografia:
James Mather