Una nave-cargo carica di opere d'arte in preda a una tempesta nel Mar del Nord. Aleksandr Sokurov, il regista in persona, è in contatto via skype dalla Russia con il comandante di quella nave che minaccia di affondare. L'arte - l'immortalità dei capolavori - in preda alla brutalità banale delle intemperie. La fragilità dell'arte. Il rischio perenne che l'arte venga violentata, distrutta, perduta.
Più volte, in "Francofonia" , ricorre il dipinto "La zattera della Medusa" di Géricault, conservato al Louvre. Opera in cui si rappresenta una disfatta: della fregata "Medusa", naufragata al largo della Mauritania, si salvarono in pochissimi, su di una fragile zattera. Il dipinto, d'epoca romantica (1819), ha reso immortale la fragilità di un periodo storico in cui la restaurazione sembrava aver soffocato per sempre i vagiti della democrazia. Eppure, qualcuno si salvò, su quella zattera. Sopravvivere alle intemperie, come a quelle della Storia.
Evidente il parallelo con la zattera della Medusa, del cargo in preda ai marosi che trasporta opere d'arte. La precarietà di ciò che ha un valore inestimabile in preda a contingenze dove imperversano continuamente forze brute.
Ancora un museo nel cinema di Sokurov. Un museo e la necessità di un'arca. Dopo l'Hermitage, il Louvre. Arche che preservano le arti, teche ove custodire tesori immortali, collezioni in cui, come infinito nel finito, si raccoglie la memoria dei secoli e della Storia dell'uomo.
La Storia. Il potere. I capricci dei tiranni. Da Napoleone a Hitler. Tiranni che si fanno autocelebrare nelle opere d'arte, o che ambiscono a raccogliere, collezionare arte da tutto il mondo, per celebrare la propria (vana)gloria.
L'ultimo, eccezionale tassello della straordinaria filmografia di Sokurov, unisce - in modo più esplicito e dichiarato di "Arca Russa" (magari meno sottile ma non meno seducente) - le due colonne portanti della poetica del cineasta russo: il potere, che esprime il peggio dell'uomo, e l'arte, in cui l'uomo si sublima. Un dialogo tragico e affascinante, foriero di inesauribili contraddizioni. Sokurov fa collidere l'eccelso con il triviale, l'arte con l'orrore immane di guerre e tirannie. Pone interrogativi, lascia aperte le questioni. In "Francofonia", tutto deflagra.
Dunque, il Louvre. Francofonia. La Francia è patria della Rivoluzione i cui princìpi - libertà, eguaglianza, fratellanza - sono o dovrebbero essere i valori fondamentali delle democrazie contemporanee. Seconda guerra mondiale: Parigi, deserta, aspetta di essere violentata dall'arrivo dell'invasore nazista. Hitler ambirebbe ai tesori del Louvre; i suoi ufficiali ne requisiscono una parte, mettendola al sicuro in castelli lontani dalla capitale. Il direttore del museo, Jaujard, trova un inaspettato complice nel conte Wolff Metternich, incaricato della requisizione, il quale temporeggia in attesa che le ostilità prendano pieghe più chiare. Alla fine, i tesori saranno preservati. L'arca sarà salva.
Una giovane donna dal cappello frigio ci guida per le sale del Louvre: è Marianne, simbolo tradizionale della Repubblica francese. Per quelle sale, incontreremo e dialogheremo poi con Napoleone, fiero delle collezioni artistiche raccolte, molte delle quali razziate durante le sue campagne militari. Marianne, Napoleone: due opposti complementari. La democrazia, la tirannia. Ma la tirannia di Bonaparte è conseguenza della rivoluzione repubblicana: altrettanto paradossalmente, la preservazione dell'arte ha tratto vantaggio dalle razzie napoleoniche. Senza la vanagloria del potere, non ci sarebbe l'Arca stessa. Anzi, prima di tutto viene il gigantesco palazzo del potere, la reggia smisurata. Il Louvre è un ossimoro.
"Francofonia" è un film stratificato: in parte documentario con filmati di repertorio, in parte ricostruzione storica, in parte armoniosa elegia, in parte divagazione libera e sperimentale. Simile, a tratti, nell'andamento, alle più recenti opere di Godard. L'operazione è affascinante proprio in quanto ibrida: audace forse non meno di quanto lo fosse il titanico piano sequenza di "Arca Russa", dalla perfezione formale intimidente.
"Tutto ciò che esiste è qui": il Louvre di Sokurov è metonimia del mondo, arca universale. In esso, ogni epoca, ogni civiltà è chiamata a raccolta, all'ombra della Nike di Samotracia dalle meravigliosi ali. ...La vittoria alata, priva di testa, che celebra, ancora una volta, un trionfo militare. Il potere che calpesta l'arte è lo stesso che ne ha bisogno; l'arte si trova costretta a cercare di sopravvivere alle intemperie della Storia, ma dalle vicissitudini umane trae alimento. Anche dalle più terribili, e proprio il cinema di Sokurov è lì a dimostrarlo. Dal triviale scaturisce il sublime, come scintilla da un attrito. Anche la scintilla del genio artistico.
cast:
Louis-Do de Lencquesaing, Vincent Nemeth, Benjamin Utzerath, Johanna Korthals Altes, Aleksandr Sokurov
regia:
Aleksandr Sokurov
distribuzione:
Academy Two
durata:
87'
produzione:
Pierre Olivier Barde, Thomas Kufus, Els Vandevorst
sceneggiatura:
Aleksandr Sokurov
fotografia:
Bruno Delbonnel
montaggio:
Hansjörg Weißbrich
musiche:
Murat Kabardokov
Sokurov, in forma di diario immaginario/saggio/riflessione lirica sul rapporto tra arte e potere, racconta la vicenda di due uomini, durante l'occupazione nazista della Francia, nella seconda guerra mondiale: il direttore del Louvre Jacques Jaujard e l'ufficiale tedesco conte Wolff-Metternich. Prima nemici, poi collaboratori, la loro "alleanza" sarà la forza motrice che consentirà la preservazione, durante le ostilità, del Louvre e dei suoi tesori.