Ondacinema

recensione di Alessandro Viale
7.5/10
La decolonizzazione non passa mai inosservata poiché poggia
sull'essere, modifica fondamentalmente l'essere, trasforma
spettatori colpiti d'inessenzialità in attori privilegiati, colti in modo
quasi grandioso dal fascio della storia. Introduce nell'essere un
ritmo suo, portato dai nuovi uomini, un nuovo linguaggio, una
nuova umanità. La decolonizzazione è veramente creazione di
uomini nuovi. Ma tale creazione non riceve legittimazione da
alcuna potenza soprannaturale: la «cosa» colonizzata diventa uomo
nel processo stesso per il quale essa si libera.

Frantz Fanon, I dannati della terra


Si dice ci sia una rivoluzione musicale in atto in Africa. Un movimento, come ovvio che sia, frammentato ma vivo e pronto a riversarsi nel mercato internazionale. Sarebbero necessari studi approfonditi sul colonialismo e soprattutto sul processo di de-colonizzazione, o postcolonialismo per capire anche solo un poco ciò che sta succedendo davvero.
Il panafricanismo ispirato da Henry Sylvester Williams e la rivoluzione di Thomas Sankara riportate attraverso le parole di Fela Anikulapo Kuti fanno da sfondo a questo movimento musicale.
L'elettronica, il clubbing, la house music, il rap e altre forme contemporanee stanno prendendo il sopravvento, mischiando radici e futuro. Suoni moderni e inediti.

Fonko (che in Wolof singnifica "prendersi cura uno dell'altro") è il documentario di tre registi svedesi Lamin Daniel Jadama, Lars Lovén e Göran Olsson con una evidente conoscenza della materia trattata (Lovén in patria è giornalista musicale) e un'idea ben precisa: cercare in sei Paesi africani il suono nuovo che sia da un lato fortemente legato alla propria terra d'origine e dall'altro "esportabile" e quindi apprezzabile da un orecchio occidentale.

Il piano iniziale dell'opera includeva altre nazioni oltre a quelle presenti, ma le questioni di budget hanno posto un freno agli autori. Il film comunque è confezionato per i festival internazionali, e quindi per rispetto anche di una maggior fruibilità, mostra il viaggio in sei realtà differenti: Burkina Faso, Nigeria, Ghana, Sud Africa, Angola, Senegal.
C'è una versione estesa, in tre episodi che include tra gli altri anche Monzabico e Benin.

A far da collante al viaggio c'è la voce narrante del sopracitato Fela Kuti, il celebre musicista afrobeat e attivista politico morto nel 1997. Le sue parole, estrapolate da interviste più o meno inedite, sono potenti e vaticinanti e oggi risuonano ancora più necessarie. Ovviamente a Fela Kuti sono in molti a guardare oggi fra i musicisti presentati, ma non solo. I riferimenti musicali sono davvero i più variegati: dal gansta rap (e qui spassosa e genialoide la spiegazione di "Strong Homosexual Guy" di Wanlov the Kubolor) all'R'n'B di Nneka, passando per il Kuduro dell'Angola e la House del Sud Africa.

Un insieme potente e vivace, che i registi maneggiano con cura dando una forte impronta al loro documentario. L'uso di insistite scritte a caratteri cubitali che vanno a ripetere il parlato di Fela Kuti, strizza l'occhio a una certa volontà di essere aggiornati, ma la visione dei tre svedesi è sempre ad altezza di strada, fra macchine, persone e polvere. Fra baracche e grandi metropoli, fra i poveri in cerca di riscatto e quelli che credono che la musica sia lo strumento di ribellione ("music is a weapon"). La macchina da presa non si limita a registrare le classiche interviste frontali, che sempre servono a capire meglio, ma che francamente spettano più allo schermo televisivo. Ma appunto coglie dalla strada quelli che saranno i migliori momenti del film.
Da Dakar a Accra, Lagos, Luanda e Johannesburg, le città sono ritratte con vivida e ambigua sincerità. Senza concedersi mai la sete colonizzatrice dell'esotico, le città, le persone, le relazioni sono al centro del documentario.
Il sogno panafricano è evocato più volte, non sappiamo bene se, come o quando si potrà avverare. Di certo oggi come ieri la musica può dargli voce.
Che la decolinazzazione continui.
04/02/2017

Cast e credits

cast:
Nneka , Sister Fa, Wanlov The Kubulor


regia:
Göran Olsson, Lars Lovén, Lamin Daniel Jadama


durata:
86'


produzione:
Tobias Janson


sceneggiatura:
Lamin Daniel Jadama, Lars Lovén, Göran Olsson


montaggio:
Lamin Daniel Jadama, Lars Lovén, Göran Olsson


Trama
Sei nazioni Africane, sei scene musicali differenti. Un quadro d'insieme che parla di voglia di suonare e di spirito panafricano.