L’idea di mettere un gatto su una barca, in viaggio per un mondo quasi completamente sommerso è una grande sfida tanto per il felino protagonista quanto per il suo autore Gints Zilbalodis. Il regista e animatore lettone per questo secondo lungometraggio compie un notevole salto produttivo: potendo contare sul suo studio di animazione (Dream Well Studio) e un budget tanto grande (3,5 milioni di euro1) da spostare parte della gestione in Francia e Belgio, dopo 5 anni e mezzo di pre e post produzione, vede la luce il film "Flow".
Nel mondo di "Flow" la natura si sta riprendendo il suo posto e della civiltà umana rimangono tracce fantasmatiche e indecifrabili, finanche colossali a giudicare dai ruderi. Il felino nero è il punto di vista privilegiato della camera di Zilbalodis, posizionandosi alla sua altezza e permettendo alle immagini di farsi avvolgenti e soverchianti quanto lo sono i resti silenziosi delle civiltà svanite.
All’inizio della storia Zilbalodis segue il micio con una camera a mano destabilizzata, simil videoludica2, restituendo fin dal subito l’idea di un approccio realistico all’immagine, quanto vogliono esserlo i comportamenti e le interazioni tra gli animali. Anche quando il gatto si troverà alla deriva su una barca a collaborare con un capibara, un lemure, un cane e un uccello, il regista simulerà costantemente l’idea di essere lì in veste di osservatore, facendo in modo di sospendere il giudizio sul rapporto conflittuale o collaborativo tra gli animali.
"Flow", pur figurando anche come testo ecologista, pone al centro del discorso il legame metaforico tra protagonista e natura: in un mondo ingoiato dai flutti, la crescita del gatto comincia dalla perdita dei suoi spazi, portandolo ad una sfida costante con l’acqua con cui più volte dovrà interagire. L’elemento liquido diventa la rappresentazione naturale del suo rapporto con lo strano gruppo con cui collabora per necessità: l’inesorabile sommersione dell’incipit, in cui tante sculture di gatto (persino una colossale), saranno "affogate", è il prodromo di questa avventura di sopravvivenza. Si passerà poi alla cauta fascinazione fino alla totale serenità dell’immersione, quando appunto i rapporti col gruppo avranno raggiunto un ottimo livello di collaborazione, per concludersi con le ondose e oscure acque dell’atto finale.
Zilbalodis con questo afono racconto è abile a evitare la semplicità della formula "l’unione fa la forza", anzi mette in scena le criticità e i limiti di un gruppo mal assortito. Discorso questo che fa il paio con la duplice rappresentazione della natura, tanto perigliosa quanto in pericolo (si pensi agli animali stessi in fuga).
Il gatto e i suoi compari si comportano in modo realistico (pur chiedendo allo spettatore un’ovvia sospensione d’incredulità) e la mancanza di dialoghi costringe il team di Dream Well Studio a concentrarsi sulla fisicità degli animali e sui movimenti di macchina. Per quanto riguarda le animazioni, in particolare si notino le minuziose movenze degli occhi di alcuni animali e come queste partecipino della caratterizzazione dei comportamenti. Su ognuno di essi è possibile proiettare dei basilari tratti tipicamente umani: il gatto schivo ma curioso, il capibara pigro e pacifico antitetico al lemure agitato e accumulatore di chincaglierie; infine il materno ed eroico volatile e lo sciocco ma fidato cane.
Riguardo alla regia, notevoli i movimenti di camera di Zilbalodis la quale non si limita a posizionarsi ad altezza felino, ma spesso si libra dal terreno per lanciarsi in ariose panoramiche (consentite dalle infinite possibilità della camera digitale) o ancora per cercare dettagli e far entrare nel frame soggetti dalle dimensioni molto diverse tra loro. I frequenti long take restituiscono la natura frenetica e avventurosa della storia, adombrando magistralmente i limiti tecnici grazie anche all’estetica pittorica che verte sulla sottrazione di soggetti e sfondi.
Fin dai suoi esordi, sia nei cortometraggi (tutti reperibili sul sito web di Dream Well) che nel lungo "Away" (2019), Zilbalodis predilige questo lavoro di eliminazione, mostrando solo ciò che conta. Lo stile essenziale e stilizzato di "Away" si evolve in "Flow" in un mondo vivo eppure parco di dettagli, preferendogli il colore, la gestione luce e i movimenti di camera. Se infatti nel film alcuni limiti tecnici sono percepibili (legnosità dei modelli 3D, il moto dei fluidi non perfetto e anche la fisicità delle interazioni ambientali) è l’amalgama estetico e artistico che dona a "Flow" un senso di compiutezza nonostante la sua dimensione da film indipendente.
Come per i dialoghi, anche i riferimenti contestuali in "Flow" si perdono per dare spazio alla varietà di situazioni e interazioni tra i protagonisti. Questo approccio all’essenzialità diviene chiaramente un mezzo espressivo per sottolineare il tema della perdita e l’allontanamento dal luogo natio, inteso non solo come posizione geografica ma come mancanza di senso del sé3. Dunque a Zilbalodis non interessa il dettaglio o la preminenza del comparto tecnico, piuttosto cesella e rimuove laddove a uno sfondo basta un bagno di luce o ad una relazione il risultato di una interazione per farsi comunicativi.
Per essere una favola a "Flow" manca volutamente l’intento didattico che Zilbalodis rimuove, anche in un finale coraggioso che sottolinea quanto le buone azioni abbiano scomode conseguenze.
1 Su Hollywoodreporter.it trovate l’intervista al regista che condivide anche alcune interessanti metodologie lavorative su "Flow".
2 Rimanendo in ambito videoludico, "Flow" ha delle affinità con alcune coeve produzioni sia da un punto di vista estetico che tematico: "Stray" (2022) in cui si gioca nei panni di un gatto in un mondo fantascientifico in cui si trattano temi catastrofici; e poi "Jusant" (2023), l’avventura di uno scalatore in un mondo completamente privo d’acqua in cui si scoprono i frammenti di un’umanità decaduta.
3 In "Away" un ragazzo si trova a viaggiare in motocicletta su di un’isola sconosciuta mentre in "Inaudible" un giovane musicista diventa sfortunatamente sordo e perde la capacità di suonare.
regia:
Matīss Kaža, Gints Zilbalodis
titolo originale:
Flow
distribuzione:
Teodora
durata:
85'
produzione:
Dream Well Studio, Sacrebleu Productions, Take Five
sceneggiatura:
Gints Zilbalodis, Matīss Kaža
montaggio:
Gints Zilbalodis
musiche:
Gints Zilbalodis, Rihards Zalupe