Il 4 luglio del 2004 una ragazza dichiara alla polizia di essere stata vittima di un'aggressione a carattere antisemita sulla linea D del RER. Il caso ha immediatamente un grande impatto mediatico e provoca un'ondata di indignazione in tutta la Francia, raggiungendo anche le cariche più alte dello Stato. Tre giorni dopo, la giovane rivelerà di essersi inventata tutto.
Partendo da questo fatto di cronaca avvenuto cinque anni fa, già trattato nella pièce teatrale alla base del film, André Téchiné realizza il suo ventesimo lungometraggio, presentato in concorso al 55° Taormina Film Fest.
Il film, che non ha fortunatamente alcuna traccia della sua derivazione teatrale, è diviso in due blocchi narrativi intitolati "Circostanze" e "Conseguenze", come a voler mettere in calce, in maniera netta e chiara per tutto e tutti, il background da cui proveniva la protagonista, Jeanne, e ciò che l'ha spinta a quella determinata azione.
All'inizio seguiamo la quotidianità della svogliata Jeanne, della sua intraprendente madre, e del suo ragazzo Franck, un promettente lottatore. La giovane lo conosce mentre corre sui roller e lui, con un'astuzia, le compra una valigia (per andare in vacanza in Italia dice lei, ma è solo la prima di tante piccole bugie); poco dopo Franck la convincerà a vivere insieme in un appartamento sopra un negozio di elettronica, dove possono racimolare un po' di soldi facendo i guardiani. Il negozio è in realtà una copertura di un magazzino di stupefacenti e, quando un pusher nervoso accoltella Franck, questi finisce prima in ospedale e poi in carcere. Jeanne si salva solo perchè all'oscuro di tutto; ma, terminato il breve idillio, si ritrova sperduta e decide così di simulare l'aggressione.
"La file du RER" non è dunque un semplice film su un fatto di cronaca (che occupa solo la seconda parte della pellicola), bensì possiede la nemmeno tanto velata ambizione di farsi ritratto di un intero paese, mettendo in luce il pericoloso ritorno della fiamma razzista e, in particolare, antisemita.
Circostanze e conseguenze sono però quasi slegate fra loro e sembra di assistere a due film diversi, con in mezzo la storia della famiglia ebrea dell'avvocato Bernstein (vecchio spasimante della madre di Jeanne, poi lucido osservatore interno del fatto di cronaca) che fa da contrappunto alla vita della ragazza e di sua madre.
Il cast è ben assortito e ha due notevoli punti di forza nella maestosa Catherine Deneuve e nell'intensa interpretazione, premiata a Taormina, di Emilie Dequenne, che non ha perso quell'ambiguo cipiglio che ci aveva fatto innamorare di lei nel dardenniano "Rosetta".
Téchiné, indeciso fra uno stile più classico e uno più immediato da film-inchiesta, non riesce a padroneggiare il materiale narrativo, non sa scegliere cosa mettere e cosa non mettere e finisce per parlarsi addosso in un lavoro che dice troppo, (di)mostra troppo, non suscitando il minimo interesse per la solita storia "realmente accaduta", trattata con faciloneria e provinciali pretese sociologiche.
"La fille du RER" si gonfia a dismisura, così come fu gonfiata dai media la notizia dell'aggressione a Jeanne, per poi dissolversi improvvisamente nel nulla. Come una bolla di sapone.
cast:
Émilie Dequenne, Michel Blanc, Catherine Deneuve, Nicolas Duvauchelle, Mathieu Demy, Ronit Elkabetz, Djibril Pavadé
regia:
André Téchiné
durata:
105'
produzione:
Saïd Ben Saïd
sceneggiatura:
Odile Barski; Jean-Marie Besset; André Téchiné
fotografia:
Julien Hirsch
scenografie:
Michèle Abbé-Vannier
montaggio:
Martine Giordano
costumi:
Radija Zeggai
musiche:
Philippe Sarde