Una volta, quando arrivava la crisi di mezza età, i personaggi di un film caricavano armi e bagagli e scappavano in Marocco o su un’isola dell’Egeo, come ci ha insegnato Gabriele Salvatores.
Oggi, da quando ci sono le varie “Film Commission” regionali, scappare non si può più, si resta in Italia, a rimirare montagne innevate o vedere scorrere fiumi d’argento (!) o scottarsi i piedi su spiagge torride e salentine.
Lucio Pellegrini ci porta con “Figli delle stelle” nella ridente Val d’Aosta, Alpi, alpeggi e una comunità rintronata in cerca di emozioni vere.
Pepe (Pierfrancesco Favino), Marilù (Claudia Pandolfi), Bauer (Giuseppe Battiston), Tony (Fabio Volo) e Ramon (Paolo Sassanelli), si riuniscono in un’improbabile banda per rapire un ministro della repubblica.
Il piano riesce incredibilmente anche se a metà. Tra chiacchiere e polenta, il finale ristabilisce l’ordine anche perché se si può tollerare che restino in circolazione delinquenti pericolosi, è meglio che i deficienti siano rinchiusi in galera. Almeno questa è sembrata la morale del film…
Quarto lungometraggio di Lucio Pellegrini che fa il regista di professione e in questi tempi di dura crisi ha poco da lamentarsi. Più leciti i lamenti di chi paga il biglietto e si trova davanti a una storia senza capa ne coda.
Una storia confezionata come una serie di sequenze incoerenti e incollate alla meglio tra loro, rinsaldate da un montaggio televisivo, veloce à la MTV e inespressivo.
Ancora peggio quando la regia si affida ai “frequentativi”, quelle sequenze che danno il “tono” alla storia senza farla avanzare di un millimetro. Il riferimento va ai due “videoclip” sulle note degli omonimi tormentoni anni ’80, quello che dà il titolo al film cantato da Alan Sorrenti e la canzone “Wot” di Captain Sensible, nei quali protagonisti, comparse e montagne innevate ballano e cantano in letizia senza capire cosa faranno da grandi. E grandi lo sono già.
Anche la compresenza di tanti bravi caratteristi non fa decollare la storia, forse perché sono tutti caratteristi e nessuno ha le doti per emergere, guidare gli altri, dare smalto a un racconto che in fin dei conti non è raccontato, solo accennato.
Il quasi ministro Giorgio Tirabassi (onorevole Stella) non ha in corredo la faccia e la mimica di un sequestrato e attinge all’esperienza fatta come “giudice Borsellino” nell’omonima fiction TV.
Fabio Volo ha ritrovato finalmente il suo equilibrio di italiano men che medio dopo che per dieci anni ha fatto di tutto (TV, radio, libri, cinema) neanche fosse Pier Paolo Pasolini.
Favino, dopo il kitsch di Ozpetek, si abbrutisce da burino, lacero, puzzolente e eterosessuale.
Dispiace per Claudia Pandolfi. Neanche lei ha la stoffa della diva. Almeno fa decollare il film dal meritato 4 a un 5 di stima. Per lei.
cast:
Pierfrancesco Favino, Giuseppe Battiston, Claudia Pandolfi, Fabio Volo
regia:
Lucio Pellegrini
distribuzione:
Warner Bros
durata:
102'
produzione:
ITC Movie - Warner Bros
sceneggiatura:
Lucio Pellegrini - Francesco Cenni - Michele Pellegrini
fotografia:
Gian Enrico Bianchi
scenografie:
Roberto De Angelis
montaggio:
Walter Fasano
costumi:
Silvia Nebiolo
musiche:
Giuliano Taviani