Ondacinema

recensione di Diego Capuano
8.0/10

Poppy. Pop Music, popcorn scoppiettanti e Poppins Mary. Concentrato d'energia, furia umana, anima libera.
Sorriso smagliante perenne ma spontaneo, nere calze sexy abbinate a reggiseno rosa e mutandine arancioni. In discoteca balla "Common People" dei Pulp e non l'ultimo tunz tunz, guida con i tacchi alti, salta sui trampolini e sogna di volare alto. E vola alto.
Ritratto a tutto tondo, degna nipote della Susan Vance di "Susanna" di Howard Hawks, gioiosa ma lontana anni luce dal caricaturale, fuori dal tempo ma concretissima, felice per scelta.
Poppy è l'anti-Mary Poppins e l'anti-Amèlie Poulain perché non è mai immersa in un mondo da favola ma vive a piene mani la realtà, per quella che è. In questo senso il tocco di Mike Leigh, che si diverte a ribaltare i luoghi comuni sulla Londra grigia e piovosa, c'è e si sente. Seguiamo "un periodo della vita di Poppy e di ciò che gli gira intorno": si vede la protagonista fare lezioni di scuola guida, svolgere bene il suo lavoro di maestra in una scuola elementare, trova un fidanzato nella maniera più naturale possibile, si iscrive a scuola di flamenco (magistrale ed esilarante la sequenza dedicata alla prima lezione, quasi tutta giocata su espressioni e movimenti del corpo di Poppy), è interessata con discrezione alla vita della sorella minore e fa visita all'altra sorella, incinta. Mike Leigh non è interessato ad aprire e chiudere le storie, ma si abbandona con affetto alla quotidianità senza mai cercare effetti speciali e la risata facile. Eppure si ride molto spesso; mai per gratuite gag trite e ritrite. Durante la visione lo spettatore ha un costante sorriso stampato sul volto perché la protagonista illumina lo schermo, rende vitale tutto ciò che tocca, compresi gli occhi di chi guarda, amico e complice della nostra eroina cinematografica.

Il film, che poggia il suo baricentro sugli incontri tra la protagonista e individui appartenenti a varie categorie sociali, è un inno all'interazione, cosparso da mirabili annotazioni di sceneggiatura che impreziosiscono ogni singola sequenza; tanto che le continue trovate, sempre semplici e sempre azzeccate, creano un meccanismo perfetto che non gioca mai d'accumulo, ma ha necessità di dare più voci ad un affresco degno di una grande commedia umana. E sebbene i drammi sociali siano soltanto abbozzati, proprio per questo la scena del barbone e lo scontro violento con l'istruttore di scuola guida sembrano indicare che nulla avanza in maniera univoca e che quella felicità che promuove Poppy è frutto di una personale concezione di vita piuttosto che di una donna un po' svitata. Al contrario, Poppy sembra aver afferrato una mirata ricetta tra il vivere bene senza per questo saltare con superficialità le avversioni della vita. Senza adagiarsi nel proprio benessere, ma quando possibile cercare di inculcarlo al prossimo.

Autore maiuscolo del cinema realista britannico, Mike Leigh non è nuovo a cambi di rotta: se già "Dolce è la vita" e "Ragazze" erano impregnati di atmosfere leggere rispetto ai suoi film più noti, l'ottimo "Topsy Turvy" gettava uno sguardo nella Londra vittoriana della seconda metà dell'800, allargando il campo d'azione del Leigh-pensiero, evidentemente più ampio di quel che si poteva credere e comunque sempre fedele al suo spirito che si pone come obiettivo quello di sedersi accanto ai protagonisti dei suoi film, mettendone in risalto le personalità, tanto se nascoste in un'infetta depressione tanto se luminose e appariscenti.

"La felicità porta fortuna" è un film che si apre e sorride alla vita, una commedia pura che ondeggia tra il Free Cinema inglese e le commedie della Hollywood dei tempi d'oro, anche per come riesce a rendere "invisibile" il tocco dell'autore. E il risultato finale non somiglia a nient'altro.
Non un grammo di frivolezza o di zucchero: il congiungimento tra felicità e realismo ha del miracoloso, in questo autentico gioiello, impreziosito dalla memorabile performance dell'attrice protagonista. Presenza di secondo piano in "Sogni e delitti" di Woody Allen e nelle due precedenti pellicole dello stesso Leigh, Sally Hawkins emerge qui come dal nulla. E se il doppiaggio non potrà mai restituire i numerosi giochi di parole e le abbondanti sfumature che imprime ai dialoghi, la vasta gamma espressiva sorprende per come riesce ad evitare le facili scorciatoie della smorfia.
Dire che la sua è la miglior interpretazione femminile dell'anno sarebbe decisamente poco.
Non credevo fosse possibile dirlo, ma è il caso unico di interpretazione comica degna dell'olimpo delle più grandi attrici del genere, da Katharine Hepburn a Carole Lombard.
Sally Hawkins, con la sua ironia, domina lo schermo regalandoci un sorriso contagioso e strabordante paragonabile ad un abbraccio che soltanto lei potrebbe donarci.
Vitale come un musical di Stanley Donen o Vincente Minnelli, "Happy-Go-Lucky" è un'imperdibile commedia capolavoro, capace di modificare stati d'animo e ideali dello spettatore. Cambiandolo in meglio.


06/12/2008

Cast e credits

cast:
Sinéad Matthews, Andrea Riseborough, Alexis Zegerman, Nonso Anozie


regia:
Mike Leigh


titolo originale:
Happy-Go-Lucky


distribuzione:
Mikado


durata:
118'


produzione:
Film4, Ingenious Film Partners, Potboiler Productions, Summit Entertainment, UK Film Council


sceneggiatura:
Mike Leigh


fotografia:
Dick Pope


scenografie:
Mark Tildesley


montaggio:
Jim Clark


costumi:
David Crossman


musiche:
Gary Yershon


Trama
Poppy (soprannome di Paulette) è una giovane insegnante in una scuola elementare di Londra. Tra lezioni di scuola guida e quelle di flamenco, tra serate in discoteca e visite alla sorella maggiore, Poppy conduce una vita "normale". Con una componente aggiuntiva: sorride sempre alla vita perché ha scelto di essere felice. Troverà anche l’amore e forse insegnerà qualcosa anche ai meno fortunati