Nessuno, né tra il pubblico o alla Universal, avrebbe immaginato (e sperato) in una fortuna così longeva per il
franchise "Fast and Furious". Il primo episodio, datato 2001,
b-movie tamarro e superficialotto sulle corse clandestine d'auto, si è trasformato immediatamente (soprattutto in patria) in un successo generazionale, sorta di concentrato delle tendenze di una certa sottocultura giovanile. Al capostipite sono seguiti due episodi raffazzonati alla ben e meglio, che gradualmente hanno perso la "freschezza" e tutti i protagonisti del film originale (oltre a far registrare incassi in diminuendo). A partire dal quarto episodio "Fast and Furious - Solo parti originali" (2009) le cose sono cambiate: la saga è passata nelle mani del taiwanese Justin Lin (che aveva dimostrato di saper dirigere sequenze action di impressionante dinamismo nel terzo film "Fast and Furious - Tokyo Drift"), e tutto il cast della pellicola del 2001 è tornato a bordo, a partire dal
deus ex machina dell'operazione (è anche produttore) Vin Diesel.
E' da quel momento che il franchise di "F&F" inizia a macinare incassi da blockbuster creandosi un bacino di fans in grado di competere con quello di kolossal ben più tecnologici e blasonati. La ricetta va affinandosi, il cast si arricchisce di episodio in episodio di facce (e corpi) consoni al tasso di testosterone (nel quinto il possente Dwayne "The Rock" Johnson, nel sesto la tostissima lottatrice Gina Carano, scoperta da Soderbergh nel suo "
Knockout", e nel settimo, già programmato per luglio 2014....bè, rimanete durante i titoli di coda), le sceneggiature sono volutamente basilari, le sequenze spettacolari sono sempre più professionali, imponenti, catastrofiche e lasciano presupporre che nessuno, per fortuna, si stia prendendo troppo sul serio.
Veniamo al dunque: "Fast & Furious 6", chiamato dagli addetti ai lavori e dai fans semplicemente "Furious 6", non raggiunge le vette deliranti del quinto capitolo, ma se ne avvicina molto, tutto sommato svolge il suo dovere alla perfezione, e non scontenta gli appassionati. Dopo aver svuotato le casse di un boss sudamericano, Toretto & Co hanno abbandonato la vita criminale, ma devono tornare in gioco quando il poliziotto che li aveva braccati (e infine spalleggiati) nella precedente avventura, chiede il loro aiuto per catturare un temibile terrorista, in cambio dell'amnistia per tutti i crimini commessi. A complicare le cose il ritorno in scena dell'amante di Toretto (interpretata da Michelle Rodriguez) creduta morta nel quarto episodio, e passata dalla parte dei "cattivi". Abbandonata la svolta da
heist movie alla "
Ocean's Eleven" del precedente film, la saga si colora di toni apparentemente più dark (e la location passa da Rio a Londra), ma è solo una scusante per momenti
action sempre più elaborati e assurdi: un inseguimento austradale tra i protagonisti e un carro armato, o il finale con Toretto e soci che tentano di impedire il decollo di un Boeing zavorrandolo con le loro automobili sono solo un paio di esempi. L'azione si fa anacronisticamente sempre più fisica, con tante scazzottate, e addirittura un gustoso, quanto gratuito,
catfight tra Michelle Rodriguez e la Carano, Justin Lin elimina quasi del tutto gli effetti digitali imperanti oggigiorno e guarda al cinema di genere del passato.
La famiglia di "fuorilegge" capitanata da Vin Diesel e Paul Walker è sempre più
politically correct, e la saga, dall'amoralità "demente" del passato, sfora verso lidi familisti e sentimentali. L'amore contrastato tra Dom e Lettie, il machismo sempre più stemperato, la paternità di Brian (Paul Walker), il
melting pot entico della squadra (che comprende caucasici, ispanici, afroamericani e asiatici), accenni a conflitti di classe mai sopiti (con The Rock che la fa sudare ad un damerino inglese snob). Pur con tutti i limiti del caso, "Fast and Furious" è diventata ufficialmente l'unica saga popolare hollywoodiana davvero proletaria e ruspante, che ha l'umiltà di mantenere le ambizioni al livello dei propri fans, senza cercare di aumentare il proprio bacino di popolarità con svolte inattese e discutibili (si veda la recente delusione "
Iron Man 3"). Più dalle parti dell'ironia e dell'etica dell'amicizia virile di "Convoy" di Peckinpah che all'elogio epico dell'
outlaw di un "Vanishing Point", "Fast and Furious 6" continua a divertire, intrattenere e farsi voler bene.
Caso più unico che raro di un
franchise che giunto al sesto capitolo, migliora di pellicola in pellicola.