Jo: "Evangelion: 3.0" come rivoluzione di "Evangelion"
"Noi, che cosa stiamo cercando di fare, ancora una volta?"
Anno Hideaki[1]
Arrivato nelle sale circa un anno più tardi di quanto inizialmente preventivato (d’altronde i ritardi hanno accompagnato la "Rebuild of Evangelion" fin dai primordi[2]), "Evangelion: 3.0 You Can (Not) Redo" ha il difficile compito di far avanzare la trama della tetralogia dopo il tonitruante finale di "You Can (Not) Advance" e il successivo colpo di scena post-credits e lo svolge nel più radicale modo possibile. La complessa ed estesa sequenza action che dà il via al capitolo "rivoluzionario" della "Rebuild" non risponde a nessun dubbio derivante dal finale della pellicola precedente ma ne aggiunge di ulteriori, presentando un mondo ancora più devastato, con nuove fazioni e nuovi personaggi e in cui anche i volti noti sono difficilmente riconoscibili, sia a chi guarda sia al protagonista. Forse mai come in questa terza pellicola Evangelion si dimostra la "storia di Ikari Shinji", facendo collimare fin dall’inizio (se si esclude la prima adrenalinica sequenza in cui egli è gioco forza assente) il punto di vista dello spettatore confuso da un franchise che non riesce più a riconoscere e quello del ragazzo, passante in un attimo dall’apoteosi del finale di "Ha" alla costante umiliazione della prima parte di questo film, condividendo così il medesimo spaesamento dei fruitori, elevamento a potenza del giocare con le aspettative del pubblico che è sempre stato uno dei tratti caratteristici di Evangelion.
Fig. 1: le tre molto diverse sezioni narrative di "Evangelion 3.0"
La stessa, rigida, divisione della pellicola in tre sezioni molto diverse e di durata simile (fig. 1) si riflette nel cambio di stato d’animo del protagonista in ognuna di esse: si passa dalla confusione del primo atto ambientato nella nave ammiraglia della Wille, la nuova organizzazione che si oppone agli obiettivi estinzionisti della Nerv e della Seele, allo scoramento del secondo fino alla risolutezza del terzo, destinati al repentino rovesciamento, o meglio a una vera e propria loro ricapitolazione, nella sezione finale della pellicola, quando tutti i buoni propositi di Shinji portano, per l’ennesima volta, a conseguenze nefaste. All’epicentro di questo doppio movimento oppositivo vi è difatti nuovamente un’azione perseguita dal ragazzo con decisione, anche stavolta seguendo gli iniziali consigli di qualcuno a cui è molto legato, in questo caso Nagisa Kaworu, il misterioso nuovo pilota della Nerv che coi suoi mille talenti e il suo carisma convince Shinji a salire per l’ennesima volta su un Eva, nonché probabilmente l’unico personaggio ad avere più screentime e a venire maggiormente approfondito rispetto alla serie tv.
Iconico co-protagonista dell’ultimo episodio strettamente narrativo dell’anime (il ventiquattresimo), il misterioso ragazzo e l’ambigua relazione che sviluppa col protagonista divengono centrali nel capitolo della "rivoluzione", attribuendogli appunto il ruolo di motore narrativo della maggior parte degli eventi della seconda metà della pellicola. La traiettoria narrativa dei personaggi può essere d’altro canto considerata molto più lineare in "Kyū" rispetto ai film precedenti, a eccezione della già citata inversione a U finale di Shinji, esacerbando di conseguenza l’importanza del protagonista nell’orizzonte discorsivo della pellicola, la quale abbandona ancora una volta lo spettatore confuso di fronte ai moltissimi e non sempre leggibili avvenimenti del finale, apice qui come in "Ha" dell’intero film, per quanto di verso completamente opposto all’apoteosi (con tanto di spiegone chiaritore) che concludeva la seconda pellicola della tetralogia.
Fig. 2: "anche l'occhio fa la sua parte", ovvero l'evoluzione stilistica
dai film precedenti a "Evangelion 3.0"
Ha: "Evangelion: 3.0" come transizione di "Evangelion"
"[…] la riproduzione […] sottrae il riprodotto dall’ambito della tradizione.
La tecnica di riproduzione, moltiplicando la riproduzione, pone al posto
di un evento unico una sua grande quantità. E consentendo di venire incontro
a colui che ne fruisce nella sua particolare situazione, attualizza il riprodotto."
Walter Benjamin[3]
In fin dei conti "You Can (Not) Redo", nonostante il suo nome originale che indica il finale nella divisione delle opere tradizionali giapponesi in tre atti, si rivela piuttosto il rovesciamento di "You Can (Not) Advance" anche dal punto di strutturale, concentrando gli incontri e i re-incontri del riaparecido Shinji nella prima metà e inserendo un’ampia sezione centrale che serve a costruire il passaggio dalla rapida introduzione al quasi altrettanto veloce epilogo. Tale sezione si fa quasi sineddoche di "Kyū" e della sua funzione transitoria nell’ottica della "Rebuild", in un ennesimo rispecchiamento di "Ha", rivelandosi anch’esso un film-ponte, in questo caso fra l’"Evangelion" prima del gap di, non a caso, 14 anni che passa fra "The End of Evangelion" e "You Can (Not) Redo" e quello successivo[4], che sarà concretizzato in primis da "Thrice Upon a Time". Guardando retrospettivamente all’intera "Rebuild of Evangelion" non è difficile vedere nei primi tre capitoli una sorta di trilogia-ponte che lega l’originale "Evangelion" alla sua riformulazione che trova forma compiuta solo nel film del 2021.
D’altronde l’ultimo film della tetralogia si distingue argutamente dai precedenti per la diversa titolazione, che pone l’aggettivo "shin" di fronte non al termine tecnico "gekijōban", indicante l’opera cinematografica, ma allo stesso nome di "Evangelion", come in effetti era all’inizio del franchise[5]. La scelta rimarca come solo a quel punto la "Rebuild of Evangelion" diventi un’opera a tutti gli effetti nuova e non solamente una forma audiovisiva nuova, mentre fino a "Kyū" (film dal titolo d’altronde ambiguo[6]) ci si trova ancora nel regno dell’adattamento (dell’episodio 24), per quanto rielaborativo fino al limite dell’indiscernibilità. "You Can (Not) Redo" punta infatti a differenziarsi dalle iterazioni precedenti del franchise, e a evidenziare il tempo trascorso sia internamente al mondo narrativo sia fuori, a partire dalla presentazione visiva, optando per un character design più spigoloso e dal tratto nervoso, che si distanzia nettamente dalla tondezza del tratto della serie originale, così come per una palette cromatica meno ricca e che predilige netti contrasti cromatici che lo allontanano dai precedenti film della "Rebuild" (fig. 2). Tali scelte collaborano, assieme al ricorso a una colonna sonora meno corale (se si esclude ovviamente la sezione finale) e alla regia più minimale e rigorosa, fatta in buona parte da campi lunghi prolungati e da dettagli, alla creazione di un’atmosfera rarefatta e prossima all’astrazione che si può dire sottolinei la maggiore portata teorica e riflessiva di questa pellicola, dal ritmo difatti più compassato.
Fig. 3: "il diavolo sta nei dettagli", ovvero il minuzioso focus
sul funzionamento dei sistemi meccanici
Kyū: "Evangelion: 3.0" come ripetizione di "Evangelion"
"Continua a rifare la stessa cosa, finché non arriverai a essere soddisfatto."
Dal film, Nagisa Kaworu a Ikari Shinji
La maggiore densità teorica della pellicola si accompagna, prevedibilmente considerando la saga in questione, a una maggiore preminenza dell’elemento metalinguistico, che si concretizza in primis nella centralità del tema della ripetizione, il quale diviene importante come mai prima d’ora proprio nel capitolo del franchise più divergente dall’opera-fonte uscito fino ad allora. Rilevanti sono al riguardo proprio le riflessioni del personaggio di Kaworu, personaggio consapevole del proprio ruolo strumentale e perciò determinato a cercare di sfuggirne, divenendo così personificazione dell’autoconsapevolezza e, di conseguenza, araldo della componente riflessiva e metalinguistica di "Kyū". Il "ragazzo dal destino programmato"[7] medita in più occasioni sulla centralità della ripetizione nella costruzione artistica, rispecchiando l’attenzione dedicata dalla regia alla struttura del pianoforte da lui suonato e alla creazione, tramite la meccanica, di musica, e quindi di arte. Tale concezione pare più vicina all’idea di artigianato di cui si era già scritto recensendo "You Are (Not) Alone", correlata al focus sulla costruzione e l’organizzazione di sistemi e meccanismi che ha nella pellicola in analisi un ruolo ancora più preminente (fig. 3), tanto da arrivare a tratti a focalizzarsi più sulla resa (in digitale) dei marchingegni e del loro funzionamento che sullo sviluppo narrativo (si pensi a buona parte del primo atto). Se la ripetizione è lo strumento necessario per conseguire un’interpretazione di un’opera che la perfezioni, allora "Kyū" si può dire contenga il manifesto programmatico dell’intera "Rebuild of Evangelion", ripetizione, quindi aggiornamento, quindi miglioramento di "Neon Genesis Evangelion".
Sebbene si possa discutere, e lo si sia fatto molto, sulle modalità, le ragioni e i conseguimenti del "miglioramento" di una delle più influenti serie anime di sempre, non si può negare che questo fosse l’obiettivo di Anno Hideaki fin dalla concezione della "Rebuild"[8], della cui natura teorica e rielaborativa si è completamente consapevoli solo dopo essere arrivati al terzo capitolo. Questo ovviamente non conduce alla svalutazione delle altre tematiche centrali del progetto, ma probabilmente all’enfasi sulla rilevanza in primis extra-filmica del loro approfondimento, dal focus sulla capacità costruttiva e distruttiva degli umani, incarnata dalle nuove macchine e sistemi tecnologici che spesso riempiono lo spazio visivo del film e rappresentata dalla continua sinfonia di mani che agiscono, fino alla distruzione e conservazione dell’ambiente, nettamente legate all’azione umana nonostante il disperato tentativo della Nerv e della Seele di slegare l’umanità dai vincoli che rappresentano. D’altro canto la programmaticità di "You Can (Not) Redo" ne scalfisce in parte la solidità narrativa, offrendo il fianco a molte più critiche dei predecessori, sia per l’innovazione narrativa sia per la cripticità a tratti stordente di ciò che mostra e che dice, apparendo al contempo meno esteticamente curato dei film precedenti. Per quanto sembri sgraziato, ripetitivo e incostante come il protagonista di cui è il riflesso "Kyū" incita però svariate riflessioni già a partire dal titolo, non temendo di divenire respingente sia per i fan di lunga data che per i neofiti, né di sembrare poco autoconclusivo, come il ventiquattresimo episodio della serie tv di cui è in effetti un ambizioso retelling (fig. 4).
Fig. 4: ripetizioni e differenze fra l’episodio 24 di "Neon Genesis Evangelion"
e "Evangelion 3.0"
Non si può che notare, arrivati alla fine di questa (ri)esamina della "Rebuild of Evangelion" quanto la negazione presente nei titoli dei film della tetralogia (e non a caso assente nel capitolo finale trino fin dal titolo) finisca per rappresentare il senso effettivo della pellicola, laddove la versione affermativa ne definisca l’assunto di partenza: così come Shinji è davvero solo all’inizio di "Jo" e la pellicola lo è in quanto primo capitolo di una serie ancora agli esordi, similmente Shinji pare progressivamente spinto verso nuove esperienze, finalmente soddisfacenti, nel corso di "Ha" per poi venire nel finale interrotto nel suo avanzare, così come il racconto incontra una repentina interruzione, che corrisponde inoltre al mancato proseguire nei territori ignoti della rivoluzione narrativa di "Kyū". Allo stesso modo "You Can (Not) Redo" è costruito attorno al concetto di ripetizione, e della rivelazione della sua impossibilità, se non nella diversità, non importa che sia quella metalinguistica di cui parla Kaworu, quella distruttiva degli Impact che Shinji potrebbe scatenare un’altra volta o quella cosmica del mondo che potrebbe essere rigenerato dalle stesse armi che l’hanno quasi distrutto. Questo perché il film non segue precisamente la strada indicata dall’episodio 24 della serie tv e perché è ormai stato scritto "un nuovo copione" anche all’interno del mondo di "Evangelion". Per la vera rivoluzione basta ormai solo un piccolo passo, che dopo un decennio arriva finalmente al cinema.
[1] H. Anno, "Considerazioni sulla Nuova Versione Cinematografica", 28/09/2006, il già citato documento programmatico che accompagnò l’uscita cinematografica di "Jo" e le successive versioni home video della pellicola
[2] Lo stesso primo film fu posticipato di alcuni mesi, mentre il secondo di quasi un anno (dall’autunno 2008 all’estate 2009). Di "Evangelion Final", poi divenuto "Thrice Upon a Time", pare che fosse programmata la distribuzione nel 2013, venendo poi posticipata all’inverno 2015 e in fine in maniera indeterminata, fino all’uscita nel marzo 2021 (in Giappone)
[3] W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica¸ Torino, Einaudi, 2011 (1936), pp. 8-9
[4] O meglio, che sarebbero dovuti passare se "Evangelion 3.0" non fosse incappato nell’usuale ritardo
[5] Il titolo originale di "Neon Genesis Evangelion" è difatti "新世紀エヴァンゲリオン", traslitterato "Shin seiki Evangerion", ovvero "il Vangelo del nuovo secolo", giocando un po’ col significato. Similmente l’ultimo film della "Rebuild" diviene "シン・エヴァンゲリオン劇場版", traslitterato "Shin Evangerion Gekijōban", ovvero "la versione cinematografica del nuovo Evangelion", oltre al significato di "nuova versione cinematografica di Evangelion" dei titoli dei film precedenti
[6] Infatti "kyū" viene reso nel titolo non col tradizionale kanji "急" ma con la lettera latina "Q", usualmente traslitterata appunto come "kyū", stante secondo gli autori per "quickening", ovvero l’aumento di velocità. Pertanto il titolo indicherebbe sia la conclusione del racconto che il suo cambio di passo
[7] Il cui cognome (渚) tra l’altro indica la riva del mare, dove le onde si infrangono in maniera ricorsiva, un possibile riferimento all’importanza che ha la ripetizione come tema correlata a lui, come verrà d’altronde rimarcato anche in "Thrice Upon a Time"
[8] H. Anno, op. cit.
cast:
Letizia Ciampa, Miyuki Sawashiro, Oliviero Dinelli, Motomu Kiyokawa, Massimo Corvo, Fumihiko Tachiki, Liliana Sorrentino, Yuriko Yamaguchi, Valentina Mari, Megumi Hayashibara, Monica Ward, Maaya Sakamoto, Ilaria Latini, Yūko Miyamura, Rachele Paolelli, Kotono Mitsuishi, David Chevalier, Akira Ishida, Daniele Raffaelli
regia:
Hideaki Anno
titolo originale:
Evangerion Shin Gekijōban: Kyū
distribuzione:
Dynit
durata:
96'
produzione:
Studio Khara
sceneggiatura:
Hideaki Anno
fotografia:
Toru Fukushi
scenografie:
Hideaki Anno, Hiroshi Kato, Tatsuya Kushida
montaggio:
Lee Yeong-mi
costumi:
Character designer: Yoshiyuki Sadamoto, Takeshi Honda
musiche:
Shirō Sagisu