12th Korea Film Fest - Vincitore del festival, "An Ethics Lesson" è una rilettura del crime movie postmoderno anni '90, con l'aggiunta decisiva del cinismo stemperato nell'umorismo nero. Un'opera prima promettente.
Il titolo originale di "An Ethics Lesson" era "Etica della rabbia" che oltre a suonare molto meno arrogante e più intrigante, era molto più collegato al film. Al pubblico del festival, il regista ha spiegato di aver insistito molto perché fosse mantenuto il titolo originale, ma di aver perduto. Etica della rabbia perché i vari protagonisti, tutti in vario modo in relazione con una avvenente studentessa, sono spinti da pulsioni diverse - amore, sesso, solitudine, denaro - ma alla fine a dettare le loro azioni è solo la rabbia, rabbia in particolar modo data dalla convinzione di aver ragione mentre gli altri hanno chiaramente torto.
Il film è stato sconfitto al botteghino coreano da un altro film visto qui al festival, l'epico "New World", col quale ha un punto di contatto interessante: in entrambi i casi si tratta di film di sceneggiatori-registi, cioè di sceneggiatori passati alla regia, formula che pare molto più comune in Corea che in Occidente. Inevitabile quindi che si abbia anche qui un film il cui cuore risiede nella scrittura, in questo caso oltre che nel meccanismo della trama anche nei dialoghi, a partire dal pezzo di bravura del monologo che dava il titolo originale al film. Alla fine della regia rimangono impressi soprattutto la vista dall'alto che, insieme a moltiplicarsi dei punti di vista invita lo spettatore a non immedesimarsi con nessun attore della vicenda per meglio esprimere un giudizio, e i raccordi in finto piano sequenza "alla Fincher" quando si passa da un punto di vista all'altro. Nonostante una colonna sonora contemporanea e molto azzeccata, questi raccordi, insieme al montaggio temporalmente non lineare, danno un sapore decisamente anni ‘90 al film.
Da "Le iene" a "Trainspotting" a "Snatch" negli anni 90 il "racconto criminale corale con molteplici punti di vista e montaggio temporale disordinato" era diventato quasi un genere codificato. Recentemente il patetico "Smoking Aces" e il simpatico "Slevin" hanno tentato la stessa strada. Decisamente migliore è però l'esito di questo "An Ethics Lesson", anche perché numerosi sono gli innesti che opera sul genere. In particolar modo, c'è una combinazione di divertimento e perversione veramente originale. La notevole sequenza iniziale è incentrata sul sex appeal della studentessa e su come questo apparentemente ne faccia una persona il cui potere è di sfruttare i maschi ("voi ragazze carine ve la cavate sempre" le viene detto), ma in realtà ne faccia un oggetto privilegiato di sfruttamento. E' una sequenza disturbante che dà la falsa impressione di trovarsi di fronte a un thriller erotico, è da un interessante tono malato a tutto il film, assolutamente lontano dalla coolness dei suoi predecessori occidentali. Uno dei quattro personaggi, lo strozzino/magnaccia, porta questo aspetto morboso al suo apice, ma - qui sta il genio - è allo stesso tempo un personaggio comico spassoso, di quelli che entro la fine del film ridi appena vedi che sta per parlare. Come aver fatto fare a Jim Carrey uno dei torturatori di "Hostel", per intenderci. Che una combinazione così assurda sia perfettamente funzionale alla trama e convinca è uno degli indizi di come la sceneggiatura sia veramente notevole.
In conclusione "An Ethics Lesson" ha alcuni aspetti datati ma anche numerosi spunti degni di nota per essere un'opera prima - è quindi un buon vincitore per il festival e ci segnala un autore da tenere d'occhio in futuro.
cast:
Lee Je-hoon, Cho Jin-woong, Go Sung-hee
regia:
Park Myung-rang
titolo originale:
Bun-no-ui Yun-ni-hak
durata:
110'
sceneggiatura:
Park Myung-rang
fotografia:
Kim U-hyeong
montaggio:
Kim Seon-min
musiche:
Jeong Jung-han