70 minuti in una camera d'albergo. Fuori piove, dentro, Lulù (la bravissima Pia Lanciotti) e Christian (Fausto Cabra) hanno appena consumato un rapporto sessuale: due italiani, in una notte, alla periferia di Copenhagen. Lei è una trentottenne prostituta per scelta, lui un diciannovenne in fuga da un oscuro passato. Mentre Lulù si riveste, il giovane le chiede un'ora supplementare solo per parlare, per trovare almeno una risposta ai tormenti che lo divorano. Dopo un lungo rifiuto, la donna accetta. Sarà l'inizio di un tremendo duello psicologico che costringerà entrambi a liberare dolorose confessioni e scoprire nuove strade.
L'esordio nel lungometraggio del ventiduenne cineasta milanese - carriera precoce con più di quaranta corti già alle spalle - colpisce per la lucida messa in scena e la totale padronanza tecnica, sebbene la scrittura non convinca pienamente. Un'opera claustrofobica, angosciante, minimale, girata in digitale con pochi mezzi e in tempo reale (per restituire al meglio la tensione sprigionata). Un film essenzialmente di gesti - violenti, teneri, inattesi - e di pesanti parole, affidato all'intensa performance dei due protagonisti (professionisti con formazione teatrale).
Sibaldi sfrutta ogni angolo della stanza per moltiplicare la suspence (suggestivi angoli di ripresa, perfetta gestione del tempo filmico, inquietanti dettagli, attriti silenziosi), mentre la coppia si "massacra" a colpi di sguardi e dissimulazioni. La splendida fotografia di Luca Fantini sottolinea la dicotomia narrativa dipingendo gli interni di rosso rovente e gli esterni di gelido blu. La storia, però, disegna una strana parabola sbandando verso un brusco, acceso melodramma: una dubbia soluzione che stona con l'efficace trama
noir sapientemente costruita.
09/04/2009