Nel cinema, in paesaggi bellici, durante o dopo battaglie e uccisioni, i bambini sono figure che sovente percorrono spazi afflitti da macerie e sangue. Per un'incontaminazione che presume maggiore oggettività, per una identificazione più immediata, con un'adesione suscettibile però alla facile scorciatoia emotiva se non ben controllata.
Oggi come ieri è ancora una Kosovo anno 0. Dalle prime fasi di guerra di inizio anni 80, passando per violazioni e distruzioni di lunghi tratti dello spettro balcanico all'intervento della NATO sul finire del secolo, fino alle rappresaglie datate 2004 (data di ambientazione del film), il conflitto armato per il controllo della provincia serba autonoma ha aperto squarci su secolari guerre fratricide balcaniche.
Penisola al cui interno si muovono contemporaneamente culture, religioni, storie e Storia, i Balcani sono protagonisti di una annosa, frastagliata, impenetrabile guerra; che una analisi di provenienza occidentale difficilmente potrà sufficientemente spiegare. Forse proprio per quegli spigoli, quelle sfumature che caratterizzano antichi e privati legami al contempo inestricabili e tumultuosi.
Se la guerra del Kosovo è stata l'ultimo scontro armato dell'ex-Jugoslavia, il sangue versato tuona anche dentro le nuove generazioni locali, nate sullo scheletro di un territorio alla perenne ricerca di identità.
Le faide interne rientrano dunque nel libro di formazione consegnato nei primi anni di età a bambini che si addossano loro malgrado il lungo sporco tempo di guerra.
Nuove guerre che se anche senza sangue macerano all'interno e violano il cammino educazionale. Come quello di Nanand, ad esempio, il protagonista di "Enclave". Bambino serbo che vive in un villaggio albanese nel Kosovo post-bellico, lo vediamo fin dal principio trasporto da un mezzo blindato della KFOR per raggiungere la scuola, un'aula vuota. Introduzione che parla chiaro in merito alla usurpazione subita già in tenera età da questi ragazzini vittime della sordità dei padri. Il diritto di studio, di sana educazione e formazione, è già filtrato e attraversato dalla distanza, fisica e non, dall'altro.
La crescita del bambino, in questo modo, è tutta misurata in un contesto che esalta e subisce le differenze con il prossimo, come il contrasto tra minoranza cristiana e maggioranza musulmana. Inculcate nella giovane popolazione del territorio, le distanze sono tracciate dunque fin dalle barriere che la presenza dell'Enclave suggerisce.
La rappresentazione della violenza è tutta lasciata ai margini della pellicola dove a prevalere è la peregrinazione del piccolo Nanand. E la pregnanza del gioco che non prevede armi da fuoco trova nella sua incontaminata innocenza la ricerca di compagnia e forse di amicizia nell'altra comunità.
Il regista Goran Radovanovic segue il protagonista con distacco ed una partecipazione emotiva limitata, obbedendo con devozione agli stilemi del realismo cinematografico. Il bambino si muove in un paesaggio - troppo illuminato dalla fotografia affascinata dal giallo e dal verde - scarno e dominato da pochi ma quasi sempre problematici incontri. E dunque con cause anorchè nobili, il film avanza con prevedibile instabilità tra ampi momenti dove il tempo morto non è intessuto dalla densità propria delle grandi tragedie e uno svolgimento narrativo che è limitato da un racconto di formazione bloccato nel suo stesso rifiuto di scarti drammaturgici.
Racchiuso da una cornice ornata dagli atavici riti - un matrimonio, un funerale - il finale presenta una rivelazione, ipotesi pacifica, che conseguentemente ad un ellittico andamento liricheggia simbolicamente mettendo in discussione il pur non illuminante rigore fin lì adottato.
Non rifugiandosi, comunque, in consolatorie ipotesi di un domani migliore. In un film certamente pacifista, ardui sembrano dunque anche i giorni futuri di questi bambini della guerra: ovunque la guerra si specchia o si specchierà la tragedia sarà sempre tangibile.
cast:
Filip Subarić, Denis Murić, Nebojša Glogovac, Anica Dobra, Miodrag Krivokapić, Goran Radaković
regia:
Goran Radovanović
titolo originale:
Enklava
distribuzione:
Lab80
durata:
92'
produzione:
Nama Film, Sein+Hain Film, Zweites Deutsches Fernsehen (ZDF), ARTE Deutschland
sceneggiatura:
Goran Radovanović
fotografia:
Axel Schneppat
scenografie:
Vladislav Lasic
montaggio:
Andrija Zafranovic
costumi:
Monika Gebauer