Considerare Johnnie To come un regista puramente d'azione è un errore (purtroppo assai comune). Perché la violenza è solo un risultato ultimo del suo cinema. Dovuto, in buona sostanza, a scelte precise dell'individuo. Nel cinema di To è un po' come se tutti fossero costantemente in guerra, virtualmente magari, o solo psicologicamente forse. E quindi il fine ultimo è in parte la sopravvivenza, in parte la consapevolezza che si tratta di una guerra infinita e, dunque, val la pena imparare a tirar fuori gli artigli e usarli per "conviverci".
"Election" esprime in maniera molto concreta questa necessità polemologica. Ancora una volta interpretato, tra gli altri, da Simon Yam, vera e propria star di Hong Kong, è un film dove per gran parte del tempo sono i rapporti tesi e formali tra le cosche a farla da padrone. Un film giocato soprattutto sullo "studio" attento del potenziale "nemico", socio fino al giorno prima ma probabilmente pronto a dare il via a una grossa faida interna. A To interessa la natura violenta dei suoi personaggi, la loro infinita ambizione. Sono tutti "mostri", pronti a trasformarsi, per la propria necessità di emergere e divenire leader, capo indiscusso.
I due protagonisti di questa storia sono individui diametralmente opposti. Lok (Simon Yam) è un uomo carismatico, ma pacato e riflessivo. Big D (Tony Leung) è un pazzo scatenato, uno che paradossalmente vede il futuro della Triade in una "involuzione", facendola tornare allo "stato brado" di profonda, violenta brutalità. Inevitabile lo scontro, insomma. Perché a ben guardare, quand'è il momento di combattere viene fuori la vera natura di tutti, anche di un personaggio così pacato come Lok.
Forse alla fin fine è proprio lui il vero "mostro" di questa vicenda. Lo è per l'efferatezza della sua stessa personalità, nella sua lampante necessità (in quanto arrivista) di travestirsi e mascherare la propria natura, fingendo, interpretando un ruolo. È la sua vera natura che esplode, librandosi nell'aria e perdendo ogni inibizione di sorta, a farci capire che, in fondo, non c'è redenzione per nessuno. Non in questa vicenda. Non per Johnnie To. Non oggi, almeno.
Considerare "Election" come punta del cinema di Johnnie To, anche se molti l'hanno fatto, a parere di chi scrive è un po' eccessivo (meglio "A Hero Never Dies" o "The Mission"). Indubbiamente però stiamo parlando di un'opera concettualmente molto curata, girata con mano abile e interpretata benissimo, dove la dimensione "sociale" del fenomeno criminale cinese è più sviluppata rispetto ad altre pellicole. Ma è anche vero che siamo su un piano differente rispetto alla quasi "inerme" e lenta discesa all'inferno dei protagonisti di "The Mission".
Consiglio personale: se riuscite a reperirli, vedeteli entrambi, uno dopo l'altro, perché forse poi tanto slegati non sono...
12/06/2009