Siamo nel Regno Unito, nel 2008. Un'epidemia scatenata da un virus fuori controllo decima la popolazione. Le autorità decidono di alzare un muro e confinare gli infetti in Scozia. Vent'anni dopo il virus ricompare a Londra. Le autorità decidono allora di mandare una squadra al di là del muro, per scoprire come sia possibile che ci siano dei sopravvissuti e, possibilmente, impadronirsi dell'eventuale farmaco messo a punto dallo scienziato Kane, che era rimasto in Scozia anni prima.
C'è un'epidemia e gli infetti sono confinati in Scozia. Quasi come in "28 Settimane dopo". Poi una squadra viene inviata nella zona in quarantena per scoprire il farmaco miracoloso in grado di salvare gli infetti di Londra. Proprio come in "1999: Fuga da New York". Inoltre gli scozzesi in quarantena hanno messo su un tale circo che pare di essere in un qualsiasi "Mad Max". Si sa che gli scozzesi sono pittoreschi, e che lasciati fare tendono all'imbarbarimento. E per completare il quadro si combatte con i prigionieri nell'arena come neanche ne "Il Gladiatore". Gli scozzesi portano sul viso tatuaggi di guerra, come abbiamo visto in "Braveheart", e le ragazze ballano vestite di poco e con le calze a rete, come in "La Terra dei morti viventi". Un bestione in armatura con lancia e scudo combatte nell'arena contro una donna sola, che a mani nude lo fa a pezzi.
Sì, lo so che dovrei dare una possibilità alla sospensione dell'incredulità, ma ogni volta che accade una cosa del genere personalmente mi sento presa in giro. Intendiamoci, non è che avrei problemi a sospendere la mia incredulità di fronte ad un lavoro ben fatto, tanto è vero che ho creduto per due ore ai vampiri di "The Addiction". Ma qua è davvero dura. Intanto perché non c'è una sola traccia di originalità in tutto il film. Neanche l'ombra. Poi perché, secondo il mio modesto parere, per rinverdire un genere morto e sepolto bisogna essere come minimo Tarantino.
Il tanto pubblicizzato omaggio ai registi di riferimento di Neil Marshall si riduce in verità ad una copia senza personalità, una specie di Bignami per appassionati. E se nel precedente "The Descent" il regista aveva almeno un tocco lievemente ansiogeno e una visione originale della narrazione, che rendevano intrigante il tutto, qua perde di colpo ogni creatività, e si riduce a giocare con i mitra e le macchine come qualsiasi bambino con un negozio di giocattoli a disposizione.
In una parola siamo di fronte ad un film del tutto inutile. Se non fosse che i più giovani magari hanno voglia di vedere sparatorie, combattimenti, inseguimenti in automobile e un bel po' di culi. Tutto insieme in un'unica fotocopia luccicante e molto chiassosa. Ma nulla più.
In siffatta situazione ovviamente la recitazione è del tutto opzionale.
Certo nessuno sano di mente si aspetterebbe un buon lavoro con gli attori da un regista che ha girato in tutto tre film. Però l'uso sconsiderato di personaggi come Bob Hoskins, altrove almeno convincente, mentre qui è ridotto ad una copia sbiadita di un qualsiasi politico da due soldi e col cuore buono, si poteva certo evitare. O quello squisitamente inutile di Malcom McDowell, che impersona un triste vecchietto amante dei combattimenti e con una bella vena sadica, in ricordo dei bei vecchi tempi. Abbiamo poi l'attore feticcio di Marshall, Craig Conway, presente in tutti i suoi film, che prova a fare Mel Gibson, con risultati davvero imbarazzanti. Mentre l'eroina di turno, una Rhona Mitra che sogna di essere Kate Beckinsale, è una tale salma da far sorgere il dubbio che sia infetta anche lei all'insaputa di tutti.
Insomma, non salverei neanche un fotogramma di questo pretenzioso prodotto ben confezionato certo, ma del tutto vuoto. Salvo suggerirne la visione al pubblico più giovane, quello che non ha avuto modo di vedere i capostipiti del genere. Così, tanto per riassumere in un sol colpo vent'anni di cinema ormai perso per sempre.
18/07/2008