Il paesaggio non è protagonista come ci si potrebbe aspettare da un road movie ambientato in Sud America, la fotografia non ha come intento principale quello di enfatizzare le meraviglie ambientali - già clamorose di per sé - ma di omaggiare le popolazioni che questa terra la abitano; la attraversano a piedi, carichi di sacchi, fino alle cime più inospitali; la coltivano senza ottenere molto in cambio; la amano incondizionatamente perché ne sono parte integrante. E' uno sguardo antropocentrico che ricerca l'autoctono, concedendo ben poco all'esotico che piace tanto allo spettatore. Perché l'orgoglio ferito di questo popolo si può riscattare solo attraverso il senso di appartenenza collettiva alla stessa terra. Non ci sono grandi divagazioni paesaggistiche, la figura umana rimane sempre presente nell'inquadratura - che siano primi piani, piani lunghi o lunghissimi. Non sono rari i campi lunghi sui piccoli villaggi nella cornice naturale, volti ancora a sottolineare l'armonia degli insediamenti umani nell'ambiente circostante. (Si veda il confronto didascalico ma efficace fra le splendide rovine inca sul Machu Picchu e l'orrore edilizio della capitale Lima).
Degna di nota anche la musica di Gustavo Santaolalla, pregna di quel particolare umore malinconico, così caratteristico dei popoli sudamericani.
cast:
Carlos Conti, Rodrigo De la Serna, Gael García Bernal, Mía Maestro, Mercedes Moran
regia:
Walter Salles
titolo originale:
The Motocyrcle Diary
distribuzione:
BIM
durata:
126'
sceneggiatura:
Jose Rivera
fotografia:
Eric Gautier