Dei tanti comici televisivi italiani che hanno fatto il salto sul grande schermo, Aldo, Giovanni e Giacomo sono senza dubbio i più ambiziosi e "colti". Dopo il divertentissimo esordio con "Tre uomini e una gamba" (che, però, riciclava parecchio dagli spettacoli teatrali del trio) hanno sempre cercato di proporre qualcosa di nuovo, di reinventarsi, di alzare il tiro, anche inimicandosi i favori del grande pubblico. Dal finale vagamente new age di "Così è la vita", a quello metacinematografico di "Chiedimi se sono felice", sino alla sorprendente (ma non riuscita) incursione nel
gangster movie anni 40 con "La leggenda di Al, John & Jack" e l'esperimento di "teatro al cinema" con "Anplagghed", i tre comici hanno pure cercato, di pellicola in pellicola, di "aggiustare" e curare maggiormente la confezione dei loro film. E così, al contrario che in tanti altri cinepanettoni paratelevisi nello stile di De Sica e Pieraccioni, i lori film cercano di avvicinarsi più alla
grandeur del grande schermo: dal massiccio uso di effetti digitali, all'utilizzo delle musiche (molto spesso affidate a noti cantautori e gruppi rock nostrani come Negrita e Samuele Bersani), per non parlare dell'uso delle più basilari tecniche cinematografiche (tuttavia sconosciute ad altri loro colleghi), come il montaggio e i movimenti di camera. Anche i loro film meno riusciti (come "Tu la conosci Claudia?") possiedono quel guizzo (le frecciatine a Von Trier), quella certa levità, che li rende più simpatici e meno indigesti di tanti prodotti analoghi. "Il cosmo sul comò" è il loro sesto lungometraggio (settimo, se si conta "Anplagghed") e, dispiace dirlo, è il meno riuscito, ma soprattutto il meno divertente.
La struttura è ad episodi (in tutto quattro, più un prologo), come in tanta commedia italiana, ma la sensazione è che queste storie necessitassero di più spazio per convincere davvero. Il segmento che dà il titolo al film, e fa da cornice ai vari episodi (in cui Giacomo e Aldo chiedono l'illuminazione al grande maestro orientale Giovanni) sembra la fotocopia di una loro vecchia
gag televisiva, e sinceramente non se ne capisce l'inclusione in questo contesto. "Milano Beach" è uno sketch appena abbozzato, in cui Aldo, Giovanni & Giacomo si divertono ad impersonare tre macchiette popolari alle prese con la "partenza intelligente" (sveglia all'alba) per il mare, e che finiranno però per campeggiare dentro un deserto San Siro. Manca ritmo, il personaggio di Giovanni è troppo debitore nei confronti del tremendo Fulvio di Verdone, e i comprimari sono abbastanza antipatici. Queste caricature vorrebbero essere lo specchio di una certa Italia, ma viene da chiedersi quale.
"L'autobus del peccato" ha una sceneggiatura più strutturata, e verte sulle vicende che circondano una piccola parrocchia di paese: Giacomo è il generoso prete, Giovanni il sacrestano avido e Aldo un parrocchiano impacciato che non riesce a dichiararsi alla donna che ama e a cui capiterà in mano una valigetta piena di soldi. Anche qui manca coraggio, verve e quel pizzico di cattiveria che non avrebbe guastato. Il trio confida troppo nell'ilarità suscitata da improbabili parrucche e barbe, riesce a strappare un sorriso con qualche battuta ad effetto (come quella sull'ultima confessione di Giovanni), ma rovina tutto con un finale sbrigativo, affrettato e inconcludente.
"Falsi Prigionieri", l'episodio più debole, è soprattutto uno sfoggio di tecnica. Ma non importa granché che l'animazione dei quadri "viventi" e chiacchieroni abbia poco da invidiare a quella dei vari "Harry Potter", a mancare è, purtroppo, la risata. Il tormentone della pernacchia a Napoleone non è simpatico e tutto pare un po' raffazzonato.
"Temperatura basale", per fortuna, eleva un poco il livello qualitativo della pellicola. Finalmente il trio è a suo agio. Sapiente utilizzo del montaggio (lo scandire del tempo nell'incipit), pochi trucchi ed effetti digitali invadenti (nonostante il "mascherone" sotto cui si nasconde il "guru" Giovanni), una sceneggiatura semplice eppure capace di toccare con simpatia e partecipazione temi seri e attuali, una galleria di comprimari decisamente riuscita (a partire dall'insuperabile Angela Finocchiaro che mortifica Giacomo e i suoi "spermatozoi stanchi"), qualche riflessione non banale su figli e paternità. Il finale è, anche in questo caso, troppo stringato e frettoloso, ma la struttura episodica impone un minutaggio ridotto da cui non si può scappare.
A conti fatti la media è in negativo, ma nonostante ciò non ci sentiamo di castigare eccessivamente il simpatico trio. Forse ci si aspetta sempre un po' troppo da loro. Magari in futuro avranno il coraggio necessario per affidarsi ad un vero regista, e la maturità giusta per equilibrare risate e tecnica. O, forse, il meglio l'hanno già dato, e chiedere di più sarebbe un tantino cavilloso.
24/12/2008