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recensione di Diego Capuano
6.5/10

Più anima che corpo nel settimo film - dal 1987 ad oggi - dell'ungherese Ildikó Enyedi. Cineasta appartata, spesso invisibile ma sorridente con discrezione, nel mettere in scena, far interagire e di conseguenza vivere i suoi personaggi può ricordare l'impassibile ironia di alcuni antieroi del cinema di Aki Kaurismäki; ed è curioso evidenziare la vittoria di "Corpo e anima" a Berlino 2017, dove ha avuto la meglio proprio sul favorito (e pregevole) "L'altro volto della speranza". Ma giungendo la regista dai comunque freddi inverni di Budapest è contrassegnata da una cifra stilistica che presenta significative differenze con il collega finnico.

L'anima che prevale sul corpo è quella che prende forma fin dai primi minuti dei duplici/identici sogni di Endre e Mária. I sogni fatti di repliche con sembianze di cervo si innestano nella quotidianità dei due nel più sottile tra i possibili modi, attraverso un montaggio che non prevede bruschi stacchi né sottolineature. Nemmeno il passaggio tra ore diurne e notturne è sempre evidenziato. Ottenendo di conseguenza una continuità che avvalora lo status dell'anima di cui sopra. Con queste anime che si vogliono soavi e che di volta in volta passano da umano a cervo, dalla vita al sogno. Quel che accade in "Corpo e anima" si manifesta in modo lento, quasi impercettibile. I cervi che abitano i sogni dei protagonisti si scrutano e vagano in deserti e suggestivi paesaggi innevati e fanno poco altro. I protagonisti interagiscono partendo da distanze emotivamente significative giungendo man mano, con passo lentissimo, ad una inevitabile unione, dell'anima prima che del corpo.

Endre e Mária sono due entità che, soprattutto in principio, paiono se non inconciliabili comunque diversi: per età, ruoli in ambito lavorativo, dialettica, esteriorità. Entrambi taciturni, il passato dei due resta da decifrare. Se l'uomo (Géza Morcsányi, funzionale non-attore ed ex numero 1 di una importante casa editrice) è stato certamente vittima di cocenti delusioni, più sfuggente e aliena è la donna (la bravissima e bellissima Alexandra Borbély), vera linea di confine tra la vita terrena e quella del sogno. La fisionomia stessa della donna ha tratti caratteristici di immaginari fiabeschi, ma è la sfera comportamentale che induce a più domande fino a quando, al momento delle prove generali di interazione, adopera pupazzetti per dissimulare eventuali insicurezze. Stranezze, disturbi o soltanto metodi curiosi? Alla fine poco importa perché la poesia del quotidiano della Enyedi elude la morbosità giustificazionista, mettendo invece in risalto il risultato dell'emozione e del sentimento, al di là di corredi accessori.

Lo spunto del sogno condiviso, in unione con il ritmo romanticamente rarefatto produce una fatalità d'insieme e si avvicina ad un ideale concezione di realismo magico dell'era contemporanea. Dove i macelli ed il sangue di un pur moderno mattatoio, luogo quotidianamente scenario della loro sfera lavorativa, sono capovolti nel sogno: l'animale massacrato è leggiadria e, pur non essendo una metafora puramente animalista, la frontiera tra uomo e cervo viene a suo modo annullata in una tipica ricomposizione della disumanizzazione asettica di violente metodologie  moderne.

Restano i personaggi, la forza delle scelte ma soprattutto la poesia che pervade il percorso del vitale raggiungimento della condivisione, unica arma per combattere con gentilezza le brutture della piatta e avida vita che ci vede attori non protagonisti. La Enyedi dice di aver tratto ispirazione dai versi della poetessa connazionale Ágnes Nemes Nagy e riesce a rendere i suoi personaggi amabili più che vivi. Per una composizione poetica capace di elevarsi oltre la soglia manca probabilmente uno scarto capace di rendere un colpo d'ala ad un percorso piano. Si può rintracciare ciò nell'abbozzo drammatico del pre-finale, futile stonatura (perché poi smorzata) verso l'inevitabile ma corretto epilogo.
In un cinema che pretende mirabolanti acrobazie per disegnare mondi ed immaginari fantastici, la gentilezza del tocco della Enyedi favorisce l'affetto guadagnato dal suo film.


01/01/2018

Cast e credits

cast:
Géza Morcsányi, Alexandra Borbély, Zoltán Schneider, Ervin Nagy, Tamás Jordán, Zsuzsa Járó, Réka Tenki


regia:
Ildikó Enyedi


titolo originale:
Testről és lélekről


distribuzione:
Movies Inspired


durata:
116'


produzione:
Inforg-M&M Film


sceneggiatura:
Ildikó Enyedi


fotografia:
Máté Herbai


scenografie:
Imola Láng


montaggio:
Károly Szalai


costumi:
Judit Sinkovics


musiche:
Adam Balazs


Trama
Endre, direttore amministrativo di un mattatoio industriale, è sospettoso nei confronti di Mária, nuova responsabile del controllo qualità inviata dalle autorità. Ma lei, semplicemente, applica sul lavoro lo stesso ordine che utilizza nella gestione della sua vita. Nel corso di colloqui di routine, una psicologa scopre che Mária ed Endre condividono lo stesso ricorrente sogno. Introversi, non sanno che cosa significhi e si sentono a disagio. Il giorno successivo verificano un’altra volta. Mária ed Endre si incontrano ogni notte in un territorio comune: una foresta innevata, calma, dove sono due leggiadri cervi che si amano.