Se "C'mon C'mon" è un film che parla del futuro del mondo e di chi lo abita, è altrettanto vero che da un po' di tempo a questa parte Joaquin Phoenix che ne è protagonista si sta impegnando in prima persona e senza sbandierarlo ai quattro venti - insomma alla sua maniera - a farsi corpo parlante di quelli che potrebbero essere i prossimi scenari, interrogandoli con i quesiti tipici dell'uomo. Che li abbia precorsi immaginando di innamorarsi - in "Her" - di una voce sintetica, oppure cavalcandone le profezie più nere nelle vesti del Joker nell'omonimo film di Todd Phillips, l'attore statunitense ha fatto dei suoi personaggi la cartina di tornasole delle ansie e dei dubbi che attraversano il tempo presente, provando a raccontarne gli sviluppi e le contraddizioni in chiave predittiva.
Nel quadro appena descritto "C'mon C'mon" rappresenta quasi una fuga da fermo, provando a ragionare sull'avvenire attraverso una situazione ordinaria come quella scaturita dall'incontro tra un bambino e un adulto costretti a stare insieme. Dunque, se qualcuno poteva pensare che "C'mon C'mon" fosse un modo per abbassare la posta di fronte alle sfide che il cinema gli propone, essendo venuto dopo la consacrazione dell'Oscar vinto come migliore attore, farà bene a ricredersi.
Non solo perché Mike Mills, il regista del film, gli ha consegnato la parte più difficile di tutte, quella di recitare per la maggior parte del tempo con un bambino - anche se le caratteristiche del ruolo e la capacità dei mezzi di Woody Norman ne fanno già un veterano - nel ruolo di uno zio con un privato da ricostruire e un lavoro in corso d'opera (mentre si occupa del nipote continua ad accumulare materiale per un eventuale progetto cinematografico), segni di una transitorietà che appartiene a lui come a tutti gli altri personaggi. Phoenix infatti si ritrova in una situazione e in un film che sulle prime sembra la versione aggiornata del celebre "Kramer contro Kramer", e dunque in un ruolo in potenza ad alto tasso di retorica e buonismo per il fatto di doversi prendere cura - lui che non riesce a farlo per sé - di un bambino difficile ed eccentrico, alla pari della sua complicata famiglia.
E qui entra in gioco la sceneggiatura perché "C'mon C'mon", prima ancora che un film di attori, fatto apposta per valorizzare la capacità di far sembrare spontaneo e naturale ciò che invece è frutto di rigore, spicca per la coerenza e l'estro della sua scrittura. Soprattutto per la semplicità con cui affronta argomenti - non secondario quello ambientale -di prassi altrove trattati con malcelata e spesso compiaciuta pesantezza.
Poggiato su una trama esile e lineare che nella forma del viaggio e nel confronto tra caratteri evoca le collaudate alchimie del buddy movie, il testo di Mills è un clockwork orange emotivo, stratificato su più livelli di percezione: lo è quello di trasformare le interviste e le registrazioni realizzate da Johnny per il suo progetto in amplificatore delle coscienze dei protagonisti, trasfigurando il confronto-scontro tra i personaggi in una specie di terapia di gruppo. Lo è, sempre all'interno di questo schema, quello di mettere i personaggi nel ruolo dei rispettivi interlocutori, in un gioco di specchi in grado di rendere in maniera spontanea e verosimile il percorso compiuto dal consesso famigliare verso una nuova e inaspettata visione delle cose, figlia, questa, della presa di coscienza delle proprie debolezze e di quelle degli altri.
Da questo punto di vista le immagini, non prive di significati come quello di un bianco e nero fatto apposta per non distrarre l'attenzione dal travaglio dei personaggi - alcune volte avvicinando con partecipazione la mdp, altre allontanandosi per rispettarne l'intimità -, tendono ad accompagnare diligenti l'evolversi delle vicende lasciando intatto il ritmo e il peso delle parole. Inutile dire che Phoenix ma anche gli altri attori, a cominciare dal suo piccolo partner, si candidano ai prossimi Oscar non solo in veste di semplici partecipanti.
cast:
Joaquin Phoenix, Woody Norman, Gaby Hoffmann
regia:
Mike Mills
distribuzione:
Notorius Pictures
durata:
108'
produzione:
A24, Be Funny When You Can
sceneggiatura:
Mike Mills
fotografia:
Robbie Ryan
scenografie:
Katie Byron
montaggio:
Jennifer Vecchiarello
costumi:
Katina Danabassis
musiche:
Aaron Dessner, Bryce Dessner