Ondacinema

recensione di Stefano Guerini Rocco
4.0/10

Nel 1985 esce nelle sale di tutto il mondo "Breakfast Club", la pellicola che ha aiutato a istituzionalizzare definitivamente il genere teen movie. In questo fondamentale cult generazionale, compendio e allo stesso tempo modello di tutte le commedie adolescenziali di ambientazione scolastica, un gruppo quanto mai eterogeneo di liceali è costretto a passare insieme un lungo pomeriggio di detenzione. Tutti i personaggi archetipici che animano aule, mense e corridoi sono chiamati a raccolta: c'è il teppista dal cuore d'oro, la figlia di papà tutta orecchini e rossetti, l'atleta spavaldo, il nerd, la ragazzina introspettiva... Scontrandosi e confrontandosi, tra una bravata goliardica e una confidenza lacrimevole, impareranno a superare chiusure e pregiudizi, arrivando così a conoscere meglio non solo i propri compagni, ma anche se stessi.

A questa piccola, grande pietra miliare della storia del cinema sembra essersi ispirato Guido Chiesa per il suo ultimo "Classe Z", variazione alla vaccinara del classico firmato John Hughes. Infatti, nonostante gli espliciti e ricorrenti (pure troppo) riferimenti tratti da "L'attimo fuggente", le affinità con la pellicola degli anni 80 risultano più che lampanti. Anche al centro di "Classe Z", infatti, c'è una colorita comitiva studentesca che annovera, tra gli altri, il pluriripetente scapestrato che cerca di scampare a un destino da manovale, la ragazzina viziata e superficiale che non parla inglese ma coltiva il sogno provincialissimo di trasferirsi a Londra,  gli immigrati cinesi (ma nati a Ostia) particolarmente portati per la matematica.

Come i protagonisti di "Breakfast Club", anche loro dovranno imparare a superare differenze e diffidenze reciproche, ma il motivo di tanta complicità si rivela pragmaticamente assai più urgente. All'alba del loro ultimo anno da liceali, infatti, si ritrovano loro malgrado radunati nella misteriosa sezione H - presto ribattezzata Z - creata appositamente dal cinico preside dell'istituto per isolare dal resto degli studenti i soggetti più problematici, indolenti o semplicemente tardi. Quando i ragazzi si rendono conto di rischiare la bocciatura, decidono di supportarsi l'un l'altro nello studio per superare l'agognato esame di maturità e, grazie all'aiuto di un giovane professorino di belle speranze e poca esperienza cresciuto nel mito del "Capitano" Robin Williams, riusciranno nell'impresa.

"Classe Z" arricchisce di un altro capitolo la nuova piega che ha preso recentemente la carriera di Guido Chiesa, un passato da documentarista ed enfant prodige del cinema italiano indipendente alle spalle. Il regista, infatti, lontano saecula saeculorum dagli anni della formazione in piena No Wave newyorkese, sembra ormai votato esclusivamente alla commedia d'evasione di smaccata impronta televisiva, a metà tra il greve e il demenziale. Dopo la prova registica del modesto "Belli di papà" e la scrittura dei triviali "Tutto molto bello" e "Fuga di cervelli", entrambi diretti dall'ex veejay di Mtv Paolo Ruffini, l'autore torinese torna dietro la macchina da presa con questa pellicola puerile e sciocca, ai limiti dell'inconsistenza, sminuita da una morale favolisticamente semplice ("l'unione fa la forza", ripete più volte il volenteroso professore) e zavorrata da una manciata di cosiddetti "fenomeni del web" prestati alla recitazione per attrarre il pubblico adolescente. Il risultato, assai distante dai modelli d'ispirazione sopracitati, riporta alla mente gli esempi delle giovanilistiche fiction Rai come "Compagni di scuola" e "Fuoriclasse", oppure, considerato l'alto tasso di romanità orgogliosamente esibita, lo scult anni 90 "Classe mista 3A" firmato Federico Moccia.

Sorprendentemente, però, proprio nel tono di generale sciattezza e amatorialità risiedono i maggiori pregi (si fa per dire) della pellicola. C'è qualcosa nella maldestra insicurezza degli interpreti improvvisati, nella grossolana ingenuità dello sviluppo narrativo e nella spontaneità ridanciana di alcune battute che impedisce di disprezzare il film fino in fondo e che, ogni tanto, riesce persino a strappare un sorriso sincero.

"Volevo raccontare la scuola dal punto di vista dei ragazzi", rivendica Chiesa. Ebbene, in "Classe Z" sembra effettivamente che alla sceneggiatura e dietro la macchina abbia operato un gruppo di volenterosi adolescenti alle prime armi, animati da tanto entusiasmo quanta inesperienza. Fosse il frutto di un laboratorio scolastico, sarebbe stato un piccolo esperimento felice. Invece è l'ultima opera di un autore che, dopo i passaggi a Locarno e Venezia, sembra aver smarrito la misura della sua grandezza.


31/03/2017

Cast e credits

cast:
Greta Menchi, Andrea Pisani, Alice Pagani, Enrico Oetiker, Luca Filippi, Antonio Catania, Alessandro Preziosi


regia:
Guido Chiesa


distribuzione:
Medusa Distribuzione


durata:
90'


produzione:
Colorado Film


sceneggiatura:
Guido Chiesa, Renato Sannio, Alessandro Aronadio


montaggio:
Luca Gasparini


Trama
All’alba dell'ultimo anno da liceali, alcuni studenti scapestrati si ritrovano loro malgrado radunati nella misteriosa sezione H – presto ribattezzata Z – creata appositamente dal cinico preside dell’istituto per isolare dal resto degli studenti i soggetti più problematici, indolenti o semplicemente tardi. Quando si rendono conto di rischiare la bocciatura, decidono di supportarsi l’un l’altro nello studio per superare l’agognato esame di maturità.
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