"City of God" è il parossistico sguardo di Meirelles, regista brasiliano proveniente dal mondo dei videoclip, nei confronti della realtà delle favelas di Rio de Janeiro. Raccontando la storia di due ragazzi, amici di gioventù, cresciuti nella stessa favela ma con aspirazioni molto diverse (uno vuole fare il fotografo, l'altro vuole diventare il "più grande boss di Rio"), il film "trasporta" lo sguardo dello spettatore attraverso vent'anni di storia da "borgo" del Brasile. Girando e montando con ritmo forsennato, esagerando, a volte, con la camera a spalla (la sequenza iniziale è da mal di testa), Meirelles e soci cercano di "esportare" un'idea "gangster" del mondo delle favelas. Non compiaciuta o volutamente "eroica", ma "sbagliata", malata, contagiata dall'"esempio" che la gioventù della favelas vede nelle bande da strada.
"City of God" è in un certo senso un film di denuncia che per raccontare il disagio della povertà e della malavita di Rio si mette i "vestiti da festa". Poteva essere un documentario, ma non si è spogliato degli orpelli della cinematografia di genere. Al contrario, si è "agghindato" ancora di più, forse per colpire maggiormente. O per farlo in maniera diversa.
Meirelles sa fare il suo mestiere e gira con mano sicura, azzeccando più d'una sequenza. È efficacissima la parte "storica" ambientata negli anni 60, virata in un seppia che più di vetusto, sa di "bruciato" dalla canicola estiva. La pellicola di Meirelles è anche il racconto, in piccola parte, ma da non sottovalutare, della "formazione" dei giovani protagonisti. Senza entrarne eccessivamente nel merito, mostra la stagione dell'amore, i disagi giovanili, la voglia di provare per la prima volta il sesso. Tocca tanti argomenti, "City of God", non approfondendone specificatamente mai nessuno in particolare, se non la violenza del barrio (che è forse la vera protagonista della vicenda). Questo può essere un male, in quanto il film pecca di eccessiva "semplificazione" o di incompletezza. Ma a parere di chi scrive la confezione della pellicola e la recitazione (notevole) dei ragazzi non professionisti vale comunque la visione.
Per certi versi vedere il film di Meirelles è un po' come leggere Edwin Torres. Sicuramente più concitato e meno profondamente "scavato" nella psicologia ha, almeno nel linguaggio da strada, dei punti in comune con lo scrittore che ha dato vita al personaggio di Carlito Brigante. Malato di rimandi continui ad altro cinema (Mereilles usa registri filmici variegati), "City of God" è indubbiamente un film che non lascia indifferenti. Se non altro per quello che, sotto la scorza di film "di stile", ha da dire.
cast:
Alexandre Rodrigues, Alice Braga, Leandro Firmino, Phellipe Haagensen, Douglas Silva
regia:
Fernando Meirelles, Kátia Lund
titolo originale:
Cidade de deus
distribuzione:
Miramax, Buena Vista International
durata:
130'
produzione:
O2 Filmes, Globo Filmes, StudioCanal, Wild Bunch
sceneggiatura:
Paulo Lins, Bráulio Mantovani
fotografia:
César Charlone
montaggio:
Daniel Rezende
musiche:
Ed Cortês, Antonio Pinto