Forse inaspettatamente, "La città ideale" si appresta in sala disvelando aderenze con l'attualità ad oggi sotto l'occhio mediatico di tutti. Siena, nel film icona della vivibilità felice, si scopre di recente a patrocinare lo scandalo Mps, mostrando il fango che fa capolino dalle tasche di un vestito ben confezionato, così come accade a Michele Grassadonia in una delle scene più simboliche della pellicola. Il protagonista, interpretato dallo stesso Lo Cascio, è un architetto votato all'ecologismo radicale che sperimenta sulla sua pelle la possibilità di vivere senza elettricità, macchina e riscaldamento e solo attraverso rudimentali e ingegnosi mezzi alternativi a soddisfare la sussistenza. In un momento in cui affiorano e si affermano temi come la decrescita, la green economy e la sostenibilità tout court, trascinati da una corrente emotiva pronta a incenerire (o a riciclare, se si vuol essere eco-friendly) ciò che si discosta dall'ideale purezza, anche questo sopracitato elemento fa da collante con l'attuale, avvicinando e creando correlazioni tra spettatore e immagini.
Attore che ha centellinato con risolutezza i lavori cui dedicarsi ("I cento passi", "La meglio gioventù", "Buongiorno, notte", "Noi credevamo", tra gli altri) che gli sono valsi l'appellativo di "impegnato", a scomodare un aggettivo non più - ahinoi - in voga dagli anni di Volontè; Luigi Lo Cascio affronta la sua prima prova registica con coraggio e ambizione. "La città ideale" è una miscellanea di registri, dal cupo polanskiano alla commedia grottesca che si amalgamano in arabeschi onirico-simbolici, attraverso cui il protagonista è trascinato in una avventura kafkiana, dove la verità è un retaggio già sconfitto da Pirandello. Michele Grassadonia è innocente, lo spettatore ne è consapevole fin dal principio, ma la verità processuale, si sa (o forse no?), è ben altra cosa dalla verità storica. Una parola sbagliata, qualche vaghezza, e il brav'uomo che soccorre il malcapitato diventa un nome sul registro degli indagati. Cosicché anche la più forte delle convinzioni, la più tenace intransigenza morale, il formalismo paranoico più ostinato vacilla di fronte alla natura composita delle cose. Il protagonista deve interrompere l'esperimento - quello di vivere in ossequio a madre natura, revanscista di un'età dell'innocenza - senza averlo portato a termine. La vita gli ha mostrato la faccia e le cicatrici: è disordinata, impura, ma più complessa. Anche il suo rigido sistema di valori fa un passo indietro, fino a concedere la dimostrazione della sua innocenza a un avvocato, di quelli che difendono la gente di malaffare, che il buonsenso etico del protagonista respingerebbe.
Supportato da un comparto attoriale - Luigi Maria Burruano, Roberto Herlitzka, Massimo Foschi, Alfonso Santagata - di discendenza teatrale, il regista si affida ad un impianto drammaturgico, di sua scrittura, vicino alla farsa, cui la fluidità dei movimenti di macchina imprime rigore. Non esente da imperfezioni, come il disorientamento che deriva dalla commistione di stili, l'accessorietà e la ripetitività di alcune scene, soprattutto quando al servizio dell'elemento simbolico (il coraggio delle idee qui non collima col coraggio dell'esecuzione): gli studi sulla cattura della gulliveriana artista Catrinel Marlon sono di troppo se sovrappiù spiegati; "La città ideale" è un'opera prima che dà respiro al panorama cinematografico italiano troppo soffocato da scarse idee - che in questo caso, pur non nella novità, abbondano - e provincialismi di sorta e lascia ben sperare sul futuro di Luigi Lo Cascio dietro la cinepresa.
cast:
Luigi Lo Cascio, Luigi Maria Burruano, Aida Burruano, Massimo Foschi, Alfonso Santagata, Roberto Herlitzka, Catrinel Marlon
regia:
Luigi Lo Cascio
distribuzione:
Istituto Luce - Cinecittà
durata:
105'
produzione:
Bibi Film, Rai Cinema
sceneggiatura:
Luigi Lo Cascio
fotografia:
Pasquale Mari
montaggio:
Desideria Rayner
musiche:
Andrea Rocca