Dalla capitale francese il film della Morante prende in prestito oltre agli scorci di un paesaggio urbano iconograficamente perfetto per ospitare la materia amorosa che presiede la storia, anche la capacità di mantenersi elegante e disinvolto indipendentemente dalle sua qualità, che in questo caso risulta condizionata in negativo dalla volontà della debuttante di non rischiare nulla sia in termini di interpretazione che di regia. Così a cominciare da Amanda, il personaggio principale, che la Morante decide di ritagliarsi ad immagine e somiglianza di quelli da lei interpretati nel corso di una carriera, che salvo rari eccezioni l'hanno vista alle prese con una femminilità complicata da un ego in perenne contrapposizione, e quasi sempre riversato sullo schermo con un inesauribile campionario di tic e di nevrosi, il film replica un modello di commedia romantica che sembra la copia di quella Alleniana, ripresa nella supremazia dei dialoghi, nella proposizione di luoghi e situazioni - con i personaggi impegnati in interminabili discussioni ed inconsapevolmente chiamati a riprodurre una mappa geografica ed ideale fatta di camminate lungo le vie della città e dei parchi, di attese davanti al cinema o di incontri nei bistrot - nel contrappunto musicale allegramente retrò, nella psicanalisi richiamata nell'essenza stessa del personaggio di Amanda, spinta nel suo comportamento compulsivo - la continua richiesta di attenzioni puntualmente disattese dai suoi partner - da una patologia che la storia stessa definisce con il termine scientifico di androfobia per cercare di definirne la paura atavica nei confronti degli uomini.
Un peccato di "gioventù" diremo noi a cui però si aggiungono quelli di una sceneggiatura basata su un incipit troppo debole, in cui la presunta omosessualità di Antoine, l'uomo di cui Amanda si innamora, non ha un riscontro oggettivo ma viene desunta dalla gentilezza di comportamenti che in realtà sono la base della civile convivenza, e di conseguenza nell'incapacità di tradurre quell'equivoco, Antoine è ovviamente etero ed innamorato della donna, con le sorprese, i colpi di scena ed il divertimento che normalmente ci si aspetterebbe da un simile intreccio. In questo modo il film scivola via senza colpi di coda, sprecando una talento come quello di Isabelle Carrè, qui nel ruolo di Florence, l'amica del cuore, con una presenza che non acquista mai spessore ma serve più che altro a fare il punto della storia, sottolineandone i passaggi più importanti con commenti e propositi che scaturiscono dalle domande che la donna rivolge al marito psicologo, incaricato per interposta persona di aiutare Amanda a districarsi dalle trappole mentali e affettive che lei stessa si costruisce. Eppure nonostante queste mancanze "Ciliegine" riesce ad essere per discrezione ed eleganza un prodotto anomalo nel panorama del nostro cinema, ed e forse questa diversità, che concorre a farlo sembrare meglio di quello che effettivamente è.
cast:
Laura Morante, Pascal Elbe, Isabelle Carré
regia:
Laura Morante
distribuzione:
Bolero film
durata:
100'
produzione:
Nuts and Bolts, Maison de Cinema, Soudaine Compagnie
sceneggiatura:
Laura Morante, Daniele Costantini
fotografia:
Maurizio Calvesi
scenografie:
Pierre-Francois-Limbosch
montaggio:
Esmeralda Calabria
costumi:
Agata Canizzaro
musiche:
Nicola Piovani