Il terzo lungometraggio di Andrea Zaccariello è una commedia ambiziosa, che ha il pregio di prendere distanza dalle solite "bisiane" commedie e proporre qualcosa - se non di nuovo - di diverso, o almeno combinato in maniera originale. Se non ci riesce del tutto, è per via dell'entusiasmo, io credo: voler dire tante cose senza saper rinunciare a nessuna. Il risultato è un film che a tratti funziona, a tratti invece lascia perplessi e non convince. Il dialogo fra pubblico e regista, ironico e centrato sull'autocritica, si appesantisce di troppi spunti che finiscono per togliergli potenza. Anche da un punto di vista tecnico il film soffre lo stesso entusiasmo. Le riprese sono a volte complesse, come l'apertura in plongée, attraverso la quale scendiamo con la pioggia nel vivo della storia; o la scena successiva, dentro l'auto, con riprese dal basso, oblique e alternate, nello scambio di battute fra Marcello (Enrico Brignano) e lo strozzino (Ricky Tognazzi). Queste ultime per esempio potrebbero essere funzionali a rimarcare il "complotto" fra i due personaggi, ma la scena è priva d'intensità - umoristica e/o complottistica - tanto da vanificare il senso della ripresa. Altre volte durante il film si ha l'impressione di assistere a tecnicismi isolati piuttosto che a un movimento di macchina o a un'angolazione che perfezioni la scena.
L'idea alla base della sceneggiatura è decisamente buona. Ricorda un po' le commedie di Achille Campanile: partire da un assurdo e star a vedere come reagisce con la realtà, cosa s'inventa l'uomo comune per venirne fuori. Costringerlo a ribaltare la sua logica e a pensare come mai gli era capitato prima, prestando ascolto a parti di sé prima sconosciute. Il primo passo per Marcello delle "Pompe Santilli" è accettare l'evidenza dei fatti. A Pietrafrisca la morte non passa. Per evitare la bancarotta non si fa scrupoli e studia tutte le varie patologie e allergie dei suo nuovi compaesani allo scopo di boicottarne le cure. Ma questi anziché morire lo ringraziano e stanno meglio di prima. Così Marcello rinuncia allo sterminio e comincia a interrogarsi sul perché davvero quelle persone non muoiano.
E qui si entra nel campo esistenziale. Viene in mente "Cocoon" del 1985, ma rispetto a quelli di Ron Howard, gli arzilli di Pietrafrisca non hanno alcun contatto con sostanze aliene. Sono stati abbandonati lassù dai rispettivi figli e vivono quanto resta della loro vita, forti delle loro sane abitudini. Il legame che si instaura fra loro e Marcello, una volta che questi ha rinunciato a ucciderli, è un passaggio curiosamente dato per scontato. Ma è interessante il confronto tra la vita di vecchi e giovani proposto da Zaccariello: i primi alla fine dei loro giorni, senza nulla da perdere, ma intimoriti dal mondo circostante; i secondi con gran parte della vita davanti eppure ugualmente bloccati in una quotidiana insoddisfazione. Soltanto attraverso il confronto e la reciproca fiducia Marcello e i suoi nuovi amici, in particolare Palagonia (Burt Young, un ex soldato americano stabilitosi in Puglia dopo la seconda guerra mondiale) troveranno il coraggio per superare i rispettivi ostacoli generazionali.
Un'altra perplessità riguarda la citazione che da' il nome al titolo del film: secondo il giovane volontario della polizia mortuaria (Luca Avagliano) "ci vediamo domani" è la formula per diventare immortali, perché proiettandoci nel futuro, ci rende immuni da qualsiasi cosa accada nel frattempo. Al di là delle opinioni sul concetto in sé, lascia perplessi la collocazione del sermone con cui viene svelato a Marcello il suddetto principio. E' una frase che nasce e muore lì, senza presa, senza riferimenti che so, a una battuta in dialetto pugliese, a una particolare abitudine del paese, niente. Mi è piaciuto molto di più l'accostamento tra "Pompe Santilli" e la colorata meretrice, così ovvio e inevitabile che non ci fosse stato, ci sarebbe mancato.
Bravo Brignano, che si cimenta con discreto successo in un ruolo che non è soltanto comico (anche se il meglio di sé resta il monologo a ruota libera, vedi invettiva contro diete e dottori). Il suo personaggio non appassiona, complici probabilmente le sconnessioni e le ridondanze del film, ma basta e avanza perché il film possa far cassa. Azzeccatissimo - e malinconico - il ripescaggio di Burt Young, cognato di Rocky Balboa, e ancora nei panni (sembra nato a posta) dell'italo-americano.
L'attenzione di Zaccariello verso "i nonni", è un argomento da non sottovalutare. Vecchi e giovani sono parti attive di uno stesso organismo che vive e ha il potere di cambiare il tempo presente.
Dalla fine della seconda guerra mondiale, dopo quasi settant'anni di pace e corsa al benessere, se ancora parliamo di crisi e non di tracollo economico, è proprio grazie alla nostra tradizione di risparmiatori, o meglio detto, grazie ai risparmi dei nostri nonni. Ma anche quelli stanno finendo e la nostra società si trova oggi nell'insostenibile posizione di predicare ancora il consumo, senza che ci siano più i mezzi per goderne. Il film di Zaccariello si inserisce proprio in questo contrasto, per evitare che diffonda rabbia e frustrazione, ci invita ad agire subito, senza aspettare domani, e a liberarci dal possesso per tornare finalmente liberi.
16/04/2013