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recensione di Eugenio Radin
7.0/10

Nelle notti del 9 e del 10 Agosto 1969 alcuni terribili crimini terrorizzano gli abitanti della "Città degli Angeli". Tra le vittime c’è la giovane attrice Sharon Tate, che al momento dell’omicidio porta in grembo il figlio di Roman Polanski. I carnefici sono un ragazzo e tre ragazze tra i 19 e i 23 anni, membri di una comune hippie guidata dall’estroso Charles Manson: sorta di guru spirituale nonché mandante dei delitti.
Le tre ragazze: Susan, Leslie e Patricia, dopo la cattura vengono trasferite in un penitenziario femminile in attesa della pena capitale, poi mutata in ergastolo. Qui Karline, insegnante, attivista ed educatrice, cerca di rendere coscienti le tre riguardo all’efferatezza dei crimini commessi e all’assurdità del credo mansoniano.
Da qui prende le mosse il bel film di Mary Harron, che procede per continui salti, tra il presente narrativo dei dialoghi in carcere e i flashback delle protagoniste, riguardanti la vita all’interno della "Manson Family".

Com’è possibile, sembra chiedersi (e chiederci) Karline, che delle convinzioni così illogiche, fanatiche, razziste e violente abbiano potuto fare breccia nelle menti di ragazzine così giovani, gentili e inoffensive, tanto da portarle a commettere degli atti terrificanti senza riflettere, nemmeno per un momento, sulla giustizia del loro operato?
Nel rispondere a questo interrogativo, tramite un accurato lavoro di montaggio che divide le sequenze tra un prima e un dopo gli omicidi, “Charlie Says” diviene un film prezioso, perché capace di istruirci sul funzionamento delle ideologie, delle quali la folle concezione mansoniana rappresenta un esempio chiaro e allarmante.
I delitti del ’69 costituirono per molti la sanguinosa fine del sogno sessantottino, perché Manson e i suoi adepti provenivano proprio da quella cultura hippie, che predicava l’amore, la fratellanza universale e l’emancipazione individuale. Manson fu per la propria setta una figura quasi cristologica e salvifica, capace di dare un’iniziale speranza a chi cercava rifugio dalle costrizioni sociali, predicando un nuovo inizio, ribattezzano gli iniziati, proponendo una vita di condivisione ed eliminando le inibizioni sociali e sessuali dal quotidiano.

Ma di questo scenario apparentemente idilliaco, i flashback filmati dalla Harron, sottolineano bene gli elementi ideologici: in primis l’eliminazione della storia e della cultura (ai membri della family è proibito leggere o parlare del proprio passato) e la sostituzione di essa con una forma di sincretismo spirituale al cui centro sta, ovviamente, Manson stesso: unica persona in grado di interpretare ed elaborare il messaggio escatologico e di donare ai suoi la salvezza. A ciò si accompagna la sospensione dell’incredulità, alimentata dai continui monologhi e lavaggi del cervello circa la necessità di uccidere il proprio Ego e di eliminare le distinzioni tra bene e male, amore e morte, giusto e sbagliato. Ultimo elemento: la paura dell’altro, l’odio raziale e il machismo maschilista, che al centro di ogni decisione importante mette l’uomo e in particolare il leader carismatico, investito di pieni poteri e al quale spetta ogni disposizione riguardante la comunità.
Ecco allora che da tutto ciò necessariamente deriva l’inibizione della moralità e della capacità di pensare con la propria testa: Susan, Leslie e Patricia hanno perso la loro capacità di agire come individui autonomi, sono divenute semplici braccia della volontà di Manson. Prima ancora di essere carnefici, sono esse stesse vittime, che alla capacità di sviluppare un pensiero critico hanno sostituito la ripetizione coatta del pensiero altrui.
"Charlie Says…", "…But what do you think?" interrompe Karline, che riesce infine, a risvegliare la coscienza di due delle tre ragazze e a salvarne le coscienze, a renderle capaci di sperimentare il dubbio.

Con uno stile sobrio e controllato la regista di "American Psycho" dirige un’opera che, basandosi su un noto fatto di cronaca nera già rappresentato più volte sul grande schermo, è in grado di stimolare la riflessione sul contemporaneo, grazie anche alla cura di costumi e musiche e alle buone interpretazioni di Matt Smith (Charles Manson) e soprattutto di Hannah Murray (Leslie), capace di unire, nella propria espressività, l’innocenza e l’inconsapevolezza di chi è caduto vittima del fanatismo, ma ha saputo redimersi.


26/08/2019

Cast e credits

cast:
Matt Smith, Merritt Wever, Marianne Rendòn, Sosie Bacon, Hannah Murray, Chace Crawford


regia:
Mary Harron


distribuzione:
No.Mad Entertainment


durata:
104'


produzione:
Epic Level Entertainment, Roxwell Films


sceneggiatura:
Guinevere Turner


fotografia:
Crille Forsberg


montaggio:
Andrew Hafitz


musiche:
Andy Paley


Trama
Susan, Patricia e Leslie sono le tre ragazze appartenenti alla "Manson Family" coinvolte nei sanguinosi omicidi dell'Agosto '69. Karlene, ricercatrice e insegnante, in collaborazione con il penitenziario dove le tre sono in custodia, decide di parlare con loro, nel tentativo di fargli prendere consapevolezza dei propri crimini e dell'assurdità del credo mensoniano.