Ondacinema

recensione di Matteo Pennacchia
7.5/10

Terza collaborazione in otto anni fra Kelly Reichardt e Michelle Williams, dopo "Wendy and Lucy" (2008) e "Meek's Cutoff" (2010). Se nei film precedenti l'attrice aveva un ruolo centrale, in "Certain Women" fa parte di un quartetto femminile completato da Laura Dern, Lily Gladstone e Kristen Stewart, protagoniste di vicende distinte ma collegate da una location, il Montana, al bivio fra residui indigeni, tradizione rurale e urbanizzazione arretrata. Proprio di "Meek's Cutoff" questo film sembra l'ideale prosieguo tematico, giunto a concludere un'operazione di drenaggio dell'epica western dal mito della frontiera. Reichardt svela adesso l'evoluzione e le macerie di quel periodo fondativo inscenando tre storie del ventunesimo secolo in cui sono le minuzie a contare, ma dove l'impatto del passato e dell'ambiente naturale sull'uomo ha avuto e ha ancora ripercussioni profonde. Lasciti sessisti affiorano nella prima storia, che vede Laura, avvocato, presa in ostaggio da un suo cliente vittima di un infortunio professionale, al quale da mesi lei cerca di spiegare che non ci sono gli estremi per intentare causa ai seppur disonesti datori di lavoro. Nella seconda storia Gina deve scontrarsi con l'ostilità della figlia adolescente e con le tensioni coniugali, e nel frattempo trovare un equilibrio fra radici e prospettive, tastando la terra per valutare se sia possibile costruire qualcosa di nuovo usando qualcosa di vecchio. La terza storia è un gioco a due fra Jamie, che vive di routine lavorativa in mezzo ai cavalli di un ranch, e Beth, laureanda in legge con la paura di finire a fare la commessa nei negozi di scarpe; l'una attratta dall'altra e chissà se ricambiata.

Continuando e chiudendo il parallelo, dove in "Meek's Cutoff" sono circostanze vitali e geografiche (il deserto, la ricerca di acqua potabile e di civiltà lungo l'Oregon Trail) a imporre una donna a capo della carovana di pionieri, investendola di responsabilità anzitutto morali, in "Certain Women" sono circostanze principalmente sociali a tracciare le fattezze delle protagoniste, ognuna a suo modo sola e solitaria in un sistema relazionale dove i maschi sfuggono all'interazione, alla complicità o alla presenza, e dove il silenzio è in grado sia di sfocare sia di rendere più netti i contorni dei legami affettivi; silenzio che sembra calare come nebbia dalle praterie montane e dalle catene montuose innevate che cintano ovunque un paesaggio sconfinato all'interno del quale spesso gli esseri umani diventano silhouette appena abbozzate. Per ottenere l'effetto, Reichardt adotta un'estetica minimalista, fatta di camera per lo più fissa e campi totali, lunghi e lunghissimi, tenendosi a distanza dai personaggi, preservandone il pudore; e fa altrettanto con la scrittura, estremizzando la politica dello show don't tell portando al grado zero l'azione, sfiorando senza toccare, osservando senza intervenire. Carattere fondamentale e funzionale di un racconto dove in superficie non succede nulla di davvero eclatante (perfino il sequestro di Laura non presenta alcun cenno di suspense e pathos convenzionali) ma dove sono sempre in ballo piccole decisioni etiche e sentimentali quotidiane, dalle cui conseguenze sono destinati a nascere ulteriori dubbi, in un circolo esistenziale privo di punti fermi che gira tra forza e debolezza, arricchimento e perdita, vittorie e sconfitte di ogni giorno. Non uno sguardo neutrale o apatico, al contrario: messo al servizio di una delicatezza che arriva a compimento negli epiloghi, durante i quali Laura, Gina, Jamie e Beth sono finalmente faccia a faccia con se stesse, incerte se avere agito bene o male, incerte su come agiranno in futuro, sicure di una cosa soltanto, cioè di esserci e avere facoltà di agire, nonostante le banali, inestricabili complessità della vita.

Tratto dai racconti di Maile Meloy, scrittrice semisconosciuta in Italia, "Certain Women" entra in sintonia anche con la sensibilità di Alice Munro e in parte minore con la schiettezza di Amy Hempel, condividendone l'atteggiamento al contempo discreto e spietato nei confronti delle proprie antieroine. Quelle del film di Kelly Reichardt, come quelle delle scrittrici citate, non si arrogano il diritto di farsi portavoce di una rivendicazione o latrici di un riscatto. Laura deve scegliere se denunciare un fuggiasco che invece meriterebbe compassione, Gina se sfruttare la leggera demenza senile di un anziano per soddisfare un capriccio, e Jamie tentare di sfondare la propria riservatezza per instaurare un nuovo rapporto, amichevole o amoroso. Nessuna può e vuole cambiare il mondo: solo la microporzione di spazio intimo inclusa nel raggio delle proprie opportunità, eredità di una history of violence oggigiorno in qualche caso più avvilita che violenta. La regista scavalca così senza fatica retoriche femministe e leziosità indie, nonostante sia a pieno titolo inseribile nel circuito, protégé di Todd Haynes e ospite stabile del Sundance, soffermandosi piuttosto su lievi dettagli esteriori che tradiscono inquietudini soffocate appartenenti a una comunità intera, regalando quattro attuali ritratti di signora capaci di esprimere con poche pennellate tenerezze, crudeltà e conflitti dell'animo e della coscienza.


09/05/2017

Cast e credits

cast:
Laura Dern, Michelle Williams, Kristen Stewart, Lily Gladstone, Jared Harris, James LeGros


regia:
Kelly Reichardt


titolo originale:
Certain Women


durata:
107'


produzione:
Film Science, Stage 6 Films


sceneggiatura:
Kelly Reichardt


fotografia:
Cristopher Blauvelt


scenografie:
Anthony Gasparro


montaggio:
Kelly Reichardt


costumi:
April Napier


musiche:
Jeff Grace


Trama
Tre delicate storie di donne prendono vita sull'immenso sfondo rurale del Montana: nella prima Laura, avvocato, viene sequestrata da un suo cliente; nella seconda Gina si barcamena fra l'indisponenza adolescenziale delle figlia, l'inettitudine del marito e una nuova casa da costruire; nella terza una ragazza di ascendenza pellerossa ha bisogno di capire se l'affetto che prova per una giovane studentessa di legge sia ricambiato.
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