L’ingegner Ivo Perego è uno tra personaggi più iconici concepiti dall’estro di Antonio Albanese, prototipo macchiettistico dell’industriale lombardo non troppo avvezzo a sentimentalismi e a slanci spiccatamente umani. Nelle sue vesti, Albanese aveva già sciorinato nel corso della sua prima fase di carriera comica, quella degli anni novanta, la gretta essenza di un sistema economico provinciale ossessivo-compulsivo, che viaggia come un treno e non intende fermarsi e dove a farne le spese è la lenta disumanizzazione dell’homo oeconomicus. Il capannone piccolo, grande e grandissimo, giusto per intenderci e per riproporre una celebre battuta del personaggio di Perego.
Tema che, in parte, Albanese completerà con toni molto più cupi (pur non abbandonando le vesti da commedia) incarnando lo schizofrenico e tossicodipendente Ministro della Paura, personaggio nato dallo spettacolo teatrale Psicoparty del 2005, in cui il disagio e il terrore figli della nostra epoca sono utilizzati dai sistemi istituzionali per controllare e malleare le masse.
Nel corso dell’ultimo ventennio, le genuine maschere comiche partorite dall’autore brianzolo, quelle improntate sui gesti e le posture (L’uomo d’acqua dolce, Epifanio o anche Alex Drastico), hanno lasciato spazio a commedie sostanzialmente più tese, "impegnate" politicamente (Cetto La qualunque). Pur restando per certi versi coerente nei contenuti, a cambiare è dunque la forma. Ecco allora che dopo aver abbandonato la comicità, Albanese resta orfano anche della commedia ("Il nostro matrimonio è in crisi", "Contromano") completando la sua trasformazione con il genere drammatico.
In "Cento domeniche", Antonio Riva è un operaio in prepensionamento che vive solo in un appartamento insieme alla sua anziana mamma (una bravissima Giulia Lazzarini). La sua vita è tranquilla e si riempie tra un lavoro che ama, il circolo di bocce e l’amore verso sua figlia Emilia che presto convolerà a nozze. La serenità di un uomo onesto e umile crollerà davanti all’imprevedibile ingiustizia e prevaricazione figlia del denaro.
Le "Cento domeniche" sono i due anni che sono serviti a un amico di lunga data di Antonio, per costruirsi la sua casa, attraverso estenuanti sacrifici fisici e monetari. Perché l’ultimo film di Antonio Albanese nasce da un lato come lavoro intimo, personalissimo, su una battaglia a cui l’autore tiene molto. Dal nome di battesimo del protagonista all’ambientazione nella sua Olgiate, fino alla fabbrica in cui realmente egli ha lavorato quando era operaio. Dall’altro lato il film è manifestazione di cosa significhi oggi fidarsi di un sistema che dovrebbe proteggerci e che invece non lo fa. La fiducia tradita non è solo quella delle banche in cui depositiamo decenni di sacrifici lavorativi, ma anche quella delle persone che vi lavorano e che dovrebbero avere delle responsabilità, degli ideali. O quella delle persone con le quali Antonio ha condiviso un’intera vita lavorativa (Carlo Bonacina, alter ego di Ivo Perego, interpretato dall'Elio De Capitani di berlusconiana memoria, non a caso). Una fiducia che se non corrisposta rischia di non farci dare credito più a niente e nessuno (il dialogo con la psicologa).
Autobiografia e fiducia quindi sono le due parole chiave attraverso le quali leggere l’opera. Dopo una prima parte introduttiva e propedeutica descritta con lucidità, è una volta raggiunta la consapevolezza di aver perso tutto che Antonio, e il film con lui, entrano in un abisso dove la troppa precipitosità di scrittura e la deriva di disperazione smorzano gli intenti e le attese. "Cento domeniche" resta comunque un’opera asciutta e sincera che cerca nella banalità del male moderno di lanciare un urlo di umanità. Non per vendetta, ma per chiedere anche solo con un fucile in mano: perché?
cast:
Antonio Albanese, Elio De Capitani, Giulia Lazzarini, Donatella Bartoli, Liliana Bottone, Bebo Storti
regia:
Antonio Albanese
distribuzione:
Vision Distribution
durata:
94'
produzione:
Palomar Vision
sceneggiatura:
Antonio Albanese, Piero Guerrera
fotografia:
Roberto Forza
montaggio:
Davide Miele
musiche:
Giovanni Sollima