Il romanzone del debuttante Jonas Jonasson, edito in Italia da Bompiani, ottenne nel 2011 un vasto successo, principalmente grazie al passaparola. Fu un piccolo caso editoriale, insomma.
Le storie raccontate nel libro e in questo adattamento sono sostanzialmente due, pur con lo stesso protagonista, l'esperto di esplosivi Allan Karlsson. Non una cima, ma uno con un mestiere. E col vizietto dell'acquavite. La prima storia è quella della sua fuga dalla casa di riposo, proprio nel giorno del centesimo compleanno, mentre l'istituto, le autorità del paese, i giornalisti si apprestano a festeggiarlo. Il vegliardo esce dalla finestra, si incammina verso la stazione, prende l'unico biglietto con un prezzo accessibile alle sue tasche. E se ne va verso una meta a caso, in compagnia di una valigia che ha sottratto a un ragazzone minaccioso e scorbutico che gli ha chiesto, non proprio gentilmente, di custodirla mentre espleta necessità fisiologiche. La catena degli eventi che segue non va certo svelata alla curiosità dello spettatore.
Un vecchietto che fa così... avrà voluto dare una botta di vita a un'esistenza vissuta all'insegna della noia? Nossignore. La storia numero due, che poco lega con la prima, ci svela che Allan è stato una sorta di Forrest Gump, ma con una gittata spazio-temporale molto più ampia, e senza la sua patetica ma umana sensibilità. Con un'impassibilità degna di un Buster Keaton, il Nostro ha cambiato ripetutamente e senza volerlo le sorti del Novecento, ad esempio aiutando Oppenheimer a costruire l'atomica, o salvando la vita a Francisco Franco; si è fatto amico Harry Truman - incontrato il giorno della morte di Roosevelt e della successione alla Presidenza - , il fratello scemo di Albert Einstein, e tante altre celebrità che hanno approfittato delle sue doti e competenze dinamitarde.
Le due vicende posso apparire simpatiche, ma alla lunga risultavano stucchevoli, in un tomo di 450 pagine che ripeteva all'infinito lo stesso schema non meritandosi, a nostro avviso, la vasta eco ottenuta. Con un'aggravante: quel continuo, irritante ostentare indifferenza verso la storia e la politica, mentre praticamente non parlava d'altro.
Ebbene, il film di Felix Herngren, autore più avvezzo a dirigere spettacoli televisivi e spot pubblicitari, riesce a fare peggio. Innanzi tutto perché comprime il tutto in una durata standard da pellicola di largo consumo; inizialmente il lavoro di sintesi sembra efficace, a lungo andare l'
excursus storico risulta completamente sacrificato, non tanto per le parti rimosse, quanto per l'avvicendarsi di scenette sempre meno curate, fino alla riduzione della Guerra Fredda a una sequela di cospirazioni e attentati messi in scena con ritmi da
trailer.
Non solo, anche le poche modifiche di struttura apportate tolgono
ratio alle idee di Jonasson sul personaggio. Se le peripezie di Allan non si accompagnano mai a vicende sentimentali a causa della castrazione comminata da un medico, che intende depotenziarne la pericolosità criminale, questo contribuisce, nel romanzo, a farne un protagonista ancor più asettico; che però nel finale scopre, in tarda età, di essere in realtà dotato di potenza sessuale. E anche di sentimenti di affetto e di rabbia, indirizzati rispettivamente a un gatto e alla volpe che lo uccide. Herngred mostra la sequenza della castrazione ma non la ritrovata potenza, e pone la sequenza del gatto all'inizio, svuotandole entrambe di significato, senza fornire interpretazioni alternative o sostitutive.
Infine, l'assoluta approssimazione del prodotto è testimoniata dalla bassa qualità del trucco. Il comico Robert Gustafsson sembra indossare una maschera stile "I soliti idioti", le sue sembianze da centenario non sono credibili; e anche il
casting lascia a desiderare, se è vero che l'attore che interpreta Stalin è quanto di meno somigliante al dittatore georgiano si potesse trovare.
Eagle Pictures garantisce un'ampia distribuzione; scommettiamo che il risultato di botteghino non sarà conseguente.
24/04/2014